Un’altra Big Tech Usa finisce nel mirino della Commissione Ue per una potenziale violazione del Digital Markets Act, il nuovo regolamento che i 27 Paesi membri si sono dati per tutelare i mercati digitali con le medesime regole improntate al liberismo che già valgono da tempo per quelli fisici. Questa volta sotto la lente comunitaria è finita Google (ma sarebbe più corretto dire che è tornata visto che per l’Unione europea Mountain View discrimina i servizi concorrenti nei risultati di ricerca dando invece maggiore visibilità ai propri servizi come Google Shopping, Google Flights e Google Hotels). Ora bisognerà capire se il colosso del Web, vero e proprio ombelico di Internet, stia declassando i contenuti degli editori multimediali nei risultati di ricerca.
IL DIFFICILE RAPPORTO TRA GOOGLE ED EDITORI
Come si vedrà a breve, non è la prima volta che gli editori europei protestano per il modus operandi di Google. In quest’ultimo procedimento la Commissione europea intende valutare se Google applichi condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie di accesso ai siti web degli editori su Google Search.
Un obbligo previsto dal Digital Markets Act, legge europea sempre più spesso bersaglio delle critiche dai colossi americani della Silicon Valley che con ogni probabilità finanziano lautamente l’amministrazione Trump (Amazon, Google, Meta, Microsoft, Hp, Coinbase e Comcast Corporation hanno recentemente partecipato alla colletta da 350 milioni di dollari per edificare la sala da ballo alla Casa Bianca caparbiamente voluta dal nuovo inquilino) anche nella speranza che il presidente Usa riesca a ottenere un allargamento delle maglie normative dal Vecchio continente.
COSA DICE BRUXELLES
Bruxelles da parte sua evidenzia che Google, sulla base della sua “politica contro l’abuso della reputazione del sito”, sta declassando i siti web e i contenuti dei media e di altri editori nei risultati di ricerca restituiti all’internauta quando tali siti web includono contenuti di partner commerciali.
La Commissione Ue fa sapere che intende concludere l’indagine entro 12 mesi: in caso di violazione potrà imporre sanzioni fino al 10% del fatturato totale mondiale dell’azienda con l’ipotesi di raddoppio in caso di recidiva. In caso di violazioni sistematiche, l’Antitrust comunitario potrebbe pure adottare misure correttive aggiuntive, come imporre spezzatini o il divieto di acquisire servizi aggiuntivi così da salvaguardare il regolare gioco della concorrenza.
L’ULTIMA BATTAGLIA TRA GLI EDITORI E GOOGLE
Peraltro, soltanto la scorsa estate una associazione di editori indipendenti del Vecchio continente si era scagliata contro l’Ai Overview che Google antepone da diversi mesi nelle ricerche sostenendo che starebbe danneggiando fortemente i guadagni dovuti alla raccolta pubblicitaria delle testate online dato che le risposte dell’algoritmo, spesso inesatte se non del tutto errate, pescano dai quotidiani ma rendono di fatto superfluo per l’utente il clic sul link alla fonte.






