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Perché Google ha fatto splash con Allo e G+

Google ha deciso di accelerare la chiusura del social network Google+ dopo una falla nella sicurezza. Chiusura anticipata anche per il servizio di messaggistica Allo. Intanto oggi Pichai è atteso a Washington…

Non è iniziata bene la settimana a Mountain View. Google ha annunciato ieri la chiusura anticipata della versione consumer del suo social network Google+ prima del previsto. Il colosso tecnologico aveva già annunciato l’intenzione di chiudere Google + nell’agosto 2019, dopo che erano stati compromessi i dati personali di 500.000 utenti a causa di una falla nella piattaforma. In realtà Big G aveva scoperto la vulnerabilità del sistema a marzo ma ha aspettato sette mesi per renderla pubblica.

COLPA DI UN BUG

Questo secondo incidente, che Google ha definito un bug del software, ha esposto le informazioni dei profili privati di 52 milioni di utenti a sviluppatori di app esterne. Google ha ammesso che il “difetto” ha consentito che “nome, indirizzo email, occupazione ed età” fossero esposti a sviluppatori terzi, anche se gli account erano stati impostati su privato. Il bug, scoperto “solo recentemente”, è stato introdotto nella rete a novembre, un mese dopo la “data di scadenza agosto 2019” applicata al social netowk. La definitiva archiviazione di Google+ è stata anticipata al prossimo aprile. Rimarrà invece la versione enterprise, destinata alle aziende e ad altre organizzazioni.

ADDIO AD ALLO

Non ha retto il confronto con le rivali Apple i Message, Facebook Chat e WhatsApp. Dopo aver “messo in pausa gli investimenti” nel servizio, Google ha ufficialmente chiuso Allo, la sua messaging app targata.
Il motore di ricerca numero uno al mondo ha detto in un post sul blog che l’app funzionerà fino a marzo. Perciò dopo Google Plus, anche Allo verrà archiviato prima del previsto. L’attenzione passerà ora a Messaggi, l’app di messaggistica basata su Android di Google. Inoltre, Google continuerà a supportare Hangouts per le chat di gruppo e Duo per la chat video.

PICHAI ALLA PROVA DI WASHINGTON

Questa volta non può sottrarsi. Il numero uno di Big G è atteso oggi presso la Commissione giudiziaria della Camera dei Rappresentati degli Stati Uniti. Sundar Pichai è chiamato a rispondere ai legislatori statunitensi su presunti pregiudizi negli algoritmi del motore di ricerca e su come ha gestito l’allarmante violazione dei dati personali degli utenti  All’ordine del giorno anche la questione delle richieste di censura del governo cinese per Dragonfly, il motore di ricerca sviluppato da Google su misura per Pechino. A settembre il ceo di Mountain View aveva già irritato i membri di una commissione del Senato  declinando il loro invito a testimoniare sulla manipolazione dei servizi online da parte dei governi stranieri per influenzare le elezioni statunitensi.

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