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Fintech, ecco quanto rischiano (davvero) le banche

Pwc aggiorna le sue stime sull’impatto del Fintech sul sistema del credito. A rischio il 24% dei ricavi e commissioni giù del 30%. Ecco perchè 9 banche su dieci sono preoccupate.   Va bene, sul Fintech non è certo la prima volta che qualcuno mette un po’ di pepe sulla coda alle banche. L’ultimo in…

Pwc aggiorna le sue stime sull’impatto del Fintech sul sistema del credito. A rischio il 24% dei ricavi e commissioni giù del 30%. Ecco perchè 9 banche su dieci sono preoccupate.

 

Va bene, sul Fintech non è certo la prima volta che qualcuno mette un po’ di pepe sulla coda alle banche. L’ultimo in ordine cronologico è stato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, poche settimane fa. Però adesso ci sono i numeri, aggiornati, a dire che no, non si può più rimandare la questione dell’innovazione dei servizi bancari. I numeri in questione sono quelli del Pwc Global Fintech Report (qui il documento integrale).

Banche (molto) preoccupate

Dal report emerge come a livello globale il 93% delle banche sia preoccupata per l’impatto che il Fintech avrà sul settore. Le cose non vanno diversamente in Italia dove timori sono stati espressi dall’82% degli istituti. Ma è dal fronte dei ricavi che arrivano le maggiori preoccupazioni. Sempre dal report emerge che secondo le banche il Fintech potrebbe portare ad una riduzione del 24% dei ricavi degli istituti nel prossimi cinque anni. Un vero e proprio terremoto dunque che potrebbe avere ricadute pesanti sulle quotazioni borsistiche ed innescare quindi nuove turbolenze sui mercati.

Commissioni giù del 30%

Le aree maggiormente a rischio sono essenzialmente tre: sistemi di pagamento, consulenza finanziaria  e sistemi di finanziamento alternativi. Per quanto riguarda i sistemi di pagamento la preferenze degli utenti per piattaforme digitali alternative potrebbe far calare l’ammontare delle commissioni bancarie di un buon 30%, spiega Pwc. E in questo campo la minaccia non arriva solamente da piccole startup ma anche dai giganti del social networking con in prima fila la stessa Facebook che non ha mai nascosto la sua intenzione di entrare nel business del digital payment.

Investimenti in ordine sparso

FintechGli investimenti in Fintech, nella prima metà del 2017, sono sì saliti a 7 miliardi di dollari ma nell’intero scorso anno si erano assestati a 25 miliardi contro i 47 miliardi nel 2015. La stessa ricerca di PwC sottolinea inoltre come le istituzioni finanziarie non stanno a guardare: nel 41% dei casi in Italia (45% a livello globale) già collaborano con le Fintech. E, in futuro, la grande maggioranza (84% nel Belpaese e 82% nel mondo) punta ad aumentare le partnership. Insomma, vale il detto se non puoi battere il nemico, fattelo amico. Per gli esperti di Pwc Roberto Lorini e Barbara Uttini, “anche considerando l’ostacolo per le nuove realtà costituito dalla regolazione bancaria, è che il Fintech sia un’opportunità per le banche. Le quali, però, dovranno coglierla al volo“.

Il ruolo dei Robot advisor

E che dire dei robot al posto delle persone. Sul fronte della consulenza finanziaria la minaccia è rappresentata proprio dall’intelligenza artificiale dei robo-advisor.  Secondo la società di consulenza Kpmg, nel 2020, le masse gestite dai robot a livello globale raggiungeranno quota 2300 miliardi di dollari. Una crescita inarrestabile giustificata dalle minori commissioni di gestione che i risparmiatori devono pagare. Per quanto riguarda infine le piattaforme di finanziamento alternative negli Stati Uniti è già evidente che fenomeni come il crowdfunding non sono destinati ad essere una moda passeggera.

L’appello di Visco

fintechChiudendo il cerchio, si torna alla strigliata di Bankitalia. Per la quale “alla luce di questi sviluppi e dell’incertezza sulle prospettive di crescita dei volumi di attività e dei ricavi, alle banche si richiede uno sforzo eccezionale per ridurre i costi operativi, innalzare i livelli di efficienza, riorientare le spese a favore di investimenti in innovazione, con un più ampio ricorso alle tecnologie digitali nella produzione e nella distribuzione dei servizi ha forti ripercussioni sull’organizzazione del lavoro, sulla quantità, qualità e modalità del suo impiego”.

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