L’Italia perde due posizioni nella classifica dei protagonisti del commercio internazionale dei sistemi di arma e difesa, scendendo dall’ottavo al decimo posto. A rilevarlo la Sipri, un pensatoio con sede a Stoccolma tra i due o tre più accreditati al mondo in materia, nella indagine annuale dedicata ai “Trends in International Arms Transfers 2020”. Lo studio, uscito oggi, fotografa il volume dei trasferimenti negli anni 2016/2020 rapportato allo stesso dato del quadriennio precedente. A livello macro, registra negli ultimi quattro anni un calo complessivo dello 0,5% archiviando, però, un +12% rispetto al periodo 2006/2010.
USA SEMPRE PIÙ LEADER
Passando ai risultati per Paese, gli Stati Uniti d’America si confermano il primo esportatore mondiale, con il 37% del mercato, contro il 32% del 2011/2015. La presidenza di Donald Trump ha portato a una crescita relativa del 15% rispetto al secondo quadriennio di Barack Obama, che però da parte sua aveva registrato un sonoro +24% nelle vendite di armamenti Usa al resto del mondo negli anni trascorsi alla Casa Bianca.
LA TOP TEN
Alle spalle di Washington, a comporre la “top ten”, nell’ordine seguono Russia, Francia, Germania, Cina, Regno Unito, Spagna, Israele, Corea del Sud e Italia. La Russia scende però dal 26 al 20% del mercato mondiale, accusando un calo del 22%. In proporzione lo stesso scivolone dell’Italia, passata dal 2,8 al 2,2% di quota sul commercio internazionale. Peggio va il Regno Unito, che si ferma al 3,3% vale a dire -27% rispetto al precedente quadriennio. In calo sensibile anche la Spagna (-8,4% al 3,2% del livello globale) e la Cina (-7,8% e 5,2%), benché sui dati di Pechino non siamo disposti a giurare.
DA SEUL A PARIGI, CHE BALZI!
Sul fronte opposto dei “best performer”, di certo è la Corea del Sud a strabiliare. Con un +210% quadriennio su quadriennio l’incidenza globale di Seul triplica passando dallo 0,9% al 2,7%. Alle spalle della Corea del Sud per crescita relativa si piazza Israele: +59% a fronte di un salto dall’1,9 al 3%. Proprio questi ultimi due Paesi scavalcano l’Italia nella “top ten”. Particolarmente significativo è il risultato della Francia. Parigi vale ormai l’8,2% del ricco mercato contro il 5,6% di quattro anni fa, con un aumento relativo pari al 44%. Anche la Germania chiude in attivo il confronto, crescendo dal 4,5 al 5,5% mondiale (+21%). Fuori dai primi dieci, tra i rimanenti 15 Paesi nella graduatoria, che si limita appunto a 25 esportatori degni di questo nome, rimarchevoli sono i dati di India (+228%), Brasile (147%) e Australia (+81%) che però tutti assieme si fermano all’uno per cento del mercato mondiale.
DISASTRO ITALIA
Proseguendo a questo ritmo in breve tempo il nostro Paese è destinato a uscire dalla “top ten” dei “player” internazionali. Un risultato che farà gioire i “pacifondai” nazionali ma è destinato ad avere forti ripercussioni sul settore e soprattutto sull’occupazione del comparto, altamente qualificata. Con conseguenze negative sull’innovazione in senso lato: senza esportazioni non ci sono investimenti ma gli investimenti perlopiù hanno un effetto duale, vale a dire permettono innovazione utile anche alle produzioni civili come dimostrano i risultati di Paesi all’avanguardia nell’innovazione. Tutta l’innovazione.
Quanto alle anime candide: se l’Italia non vende questi sistemi, li venderanno altri. E comunque le stragi più efferate nelle guerre attualmente guerreggiate sono compiute da armamenti rudimentali o prodotti direttamente nei Paesi meno sviluppati, non da Stati occidentali, che una serie di regole sono tenute a rispettarle. E, per quanto riguarda l’Italia, in genere le rispettano.