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Streaming

Entertainment: perché il più grande mercato del Sud America non esplode

L'industria dell'entertainment in Brasile sta crescendo, ma un report sottolinea che ci sono ancora dei seri ostacoli alla crescita del mercato audiovisivo

Il mercato entertainment di mezzo mondo è in subbuglio, si moltiplica l’offerta in streaming di videogame (Stadia di Google è tra ultimi annunciati) e sopratutto di audiovisivi, tra i quali spopolano le serie.

I fan sono in visibilio per l’arrivo di Disney+ (per ora disponibile solo in Usa, Paesi Bassi, Canada, Australia e Nuova Zelanda), ed anche se ufficialmente l’arrivo in Italia è previsto solo per marzo 2020, in rete spopolano le recensioni su quali siano i migliori VPN per potersi abbonare al servizio dal “Day1”.

E nell’altra metà del mondo, cosa succede? Interessante è l’esempio del Brasile, il paese più popoloso del Sud America, con 215 milioni di abitati ed una età media di poco superiore ai 30 anni (dati UN).

L’industria dell’entertainment in Brasile sta conoscendo un livello di competitività mai visto prima, che ha saputo resistere anche alla crisi economica del 2014 – 2016. Il tasso di penetrazione dei servizi in streaming supera il 70%, e i contenuti digitali hanno un successo sempre maggiore.

Eppure il mercato sembra ancora bloccato, con un enorme potenziale inespresso: uno studio della società internazionale di consulenza Telecom Advisory Services, del MIT e della Columbia Institute for Tele-Information ha dimostrato come ci siano ancora dei seri ostacoli alla crescita del mercato audiovisivo, e li individua in particolare in una legge del 2011, la SeAC.

L’obiettivo della SeAC era premiare le produzioni nazionali, imponendo quote di contenuti brasiliani nei palinsesti ed aumentando i finanziamenti agli stessi. E grazie a questo provvedimento nel 2017 il Brasile ha prodotto quasi due ore di contenuti per ogni ora di programmazione delle pay-tv (il 177,7% secondo lo studio) a fronte di una produzione di film che rappresenta appena il 6,3% dell’offerta delle piattaforme streaming.

Questo provvedimento ha tuttavia anche un altro effetto che rischia di frenare un mercato dalle potenzialità enormi: la SeAC, di fatto, vieta nettamente la “convergenza digitale” e le integrazioni verticali tra operatori: i broadcaster, non possono agire come “distributori” finali ai consumatori, ruolo riservato esclusivamente alle telco; le quali però, a loro volta, non sono autorizzate a produrre contenuti proprietari.

Secondo lo studio citato, oltre ad essere necessaria alla sostenibilità dell’industria nazionale dell’entertainment, la possibilità di integrazioni verticali è fondamentale per salvaguardare la concorrenza e lo sviluppo di servizi digitali in Brasile, permettendo a colossi multinazionale del settore di entrare in un mercato che al momento è loro precluso.

Il Brasile è l’unico paese al mondo a non aver dato il via libera agli accordi tra Time Warner ed AT&T, con il risultato di tenere fuori dal mercato operatori come Fox o WarnerMedia.

Se nel resto dell’America Latina di lingua spagnola e nei Caraibi, WarnerMedia possiederà HBO, Max, Cinemax ed HBO Go (il servizio in streaming), lo stesso non accadrà in Brasile.

Il risultato (scontato) è che WarnerMedia non investirà nel paese più popoloso della regione, lamentando un quadro normativo poco chiaro e sfavorevole. Un mancato investimento che si aggiunge al taglio al fondo per le produzione nazionali, che a quanto annunciati dal presidente Bolsonaro, nel 2020 sarà del 42%.

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