In una recente intervista, Adam Mosseri, il responsabile di Instagram, di fronte ad un interlocutore abbastanza sorpreso, conferma ciò che in molti già sospettavano: Instagram non è più usato come un normale social network il cui feed dei post è la dimensione più importante della navigazione, ma assume contorni differenti e dai risvolti significativi per chi si occupa di social media per professione o li guarda con interesse da osservatore esterno.
Nel colloquio sostenuto infatti, Adam Mosseri ha sottolineato che il tradizionale feed dei post è solo una delle interfacce utilizzate dagli utenti di Instagram: le Storie e i “direct message” (DM) sono diventate le modalità di interazione più utilizzate soprattutto tra i più giovani. Questo cambiamento segna una significativa evoluzione soprattutto perché modifica il modo con cui le persone pubblicano, guardano e condividono contenuti su quello che, nel nostro Paese, è ritenuto il social network più apprezzato, anche se non il più diffuso.
La trasformazione da piattaforme di comunicazione “one-to-many” a canali di relazione “one-to-few” è dunque un fattore cruciale perché influenza la gestione professionale dei contenuti, tradizionalmente incentrata sulla creazione e sulla animazione di piani editoriali e sulla conseguente calendarizzazione dei post, spostando il baricentro dell’attenzione da parte di aziende, editori e social media manager verso la produzione dei video, la scelta delle Storie, la costruzione di una relazione con i follower.
“Fondamentalmente, ciò che le persone non capiscono” – afferma Mosseri – “è che Instagram non è un flusso di foto quadrate. Se si guarda a come le persone condividono i contenuti, tutta la crescita degli ultimi cinque anni è dovuta alle Storie e alle chat e, sul piano dei contenuti, ai video, non alle foto”. “Se si osserva come gli adolescenti trascorrono il loro tempo su Instagram, in particolare” – prosegue il responsabile di Instagram – “essi trascorrono più tempo nelle chat che nelle storie, e trascorrono più tempo nelle storie che nel feed. Il feed, al massimo, è la terza area in ordine di importanza, forse la quarta. Oggi non si condividono più i momenti personali nel feed come si faceva cinque o dieci anni fa, ma si condividono nelle storie o nei messaggi. Molto spesso le persone si chiedono perché Instagram non mostri abbastanza di frequente i post degli amici. La ragione è dovuta al fatto che gli amici non pubblicano così tanti contenuti nel feed”.
L’effetto di tutto questo è una crescente attenzione di Instagram, sul piano dello sviluppo delle funzionalità, verso storie e messaggi, verso video e contenuti multimediali e non più nei confronti del feed e delle modalità con cui i post sono mostrati agli utenti.
Con la crescente preferenza verso interazioni più private e personali, le dinamiche di condivisione si spostano dunque verso cerchie ristrette di amici e follower: questo fenomeno pone nuove sfide agli operatori del settore, anche sul piano di un modello di business ad oggi incentrato sulla pubblicità, già sotto pressione per via della crescente regolamentazione dettata dalle nuove normative derivanti dal trattamento dei dati personali.
Quale futuro possiamo immaginare in questa prospettiva? Gli scenari sono molteplici e affascinanti. Potremmo assistere a un’ulteriore personalizzazione dell’esperienza utente, dove i contenuti vengono presentati in modo sempre più mirato e rilevante per ciascun individuo. Al contempo, potremmo assistere a una crescente consapevolezza verso la creazione di iniziative di comunicazione di valore, sulla scorta dell’invito che, anni fa, TikTok aveva rivolto agli inserzionisti: “Don’t make ads, make tiktoks”.
Di certo, il futuro di Instagram, se vorrà sopravvivere alla crescita dei nuovi social come le piattaforme di gaming o come la stessa TikTok, dipenderà dagli strumenti offerti ai content creators e rivolti ai follower di questi ultimi, tramite canali broadcast, contenuti esclusivi, anche soggetti a formule di abbonamento. Più la condivisione di contenuti avrà luogo in contesti privati come i messaggi, più la dimensione pubblica della comunicazione sarà appannaggio dei video e di coloro che mostreranno ciò che sapranno fare anziché dire ciò che stanno facendo. In una parola, il futuro dei social è il divenire meno network e più “micro-TV”.