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Crosetto Tempest

Ecco come crescerà il bilancio della Difesa in Italia

Il bilancio della Difesa per il 2023, le prime indicazioni e il bisogno di chiarezza. L'approfondimento di Giovanni Martinelli

 

Prima di scendere nel dettaglio delle cifre (con le annesse connesse valutazioni), occorre fare un paio di premesse fondamentali. Quanto descritto in seguito trae infatti spunto dal Disegno di Legge di Bilancio (DLB) 2023-2025, attualmente in discussione in Parlamento. Dunque, un provvedimento che può subire ancora delle modifiche prima di essere convertito definitivamente in Legge. Modifiche che comunque, proprio per quanto riguarda il comparto della Difesa e come ci insegnano tutte le precedenti sessioni di bilancio, molto difficilmente potranno essere sostanziali; tanto che l’impianto generale e in numeri appaiono destinati a rimanere pressoché immutati.

La seconda premessa è legata alla forma con la quale sono presentate le cifre: detto in termini semplici, quelle del DLB non coincidono con quelle della programmazione tecnico-finanziaria propria del Ministero della Difesa. Un fenomeno in parte dovuto anche al fatto che all’interno di quest’ultimo Dicastero si ritrovano pure le risorse allocate per i Carabinieri; i quali, come noto, pur dipendendo organicamente dalla Difesa in quanto Forza Armata, in realtà svolgono (quasi esclusivamente) le funzioni di un corpo di Polizia.

Da qui nasce l’esigenza di “raffinare” i dati contenuti nel DLB stesso, separando dapprima le somme destinate per l’appunto ai Carabinieri (e ad altre voci accessorie) dal Bilancio del Ministero della Difesa nel suo complesso. E, in seguito, quella di ricostruire consistenza e composizione della cosiddetta “Funzione Difesa”; ovvero quanto effettivamente destinato alle altre Forze Armate (Esercito Italiano, Marina Militare e Aeronautica Militare).

Per effetto di queste 2 premesse, si precisa che i numeri finali/reali del Bilancio 2023 saranno dunque leggermente differenti; in una misura tale, comunque, da non modificare il quadro della situazione e (soprattutto) da non impedire di poter trarre già alcune importanti considerazioni.

UN BILANCIO DELLA DIFESA IN CRESCITA

Limitandoci perciò all’analisi della “Funzione Difesa” in senso stretto, ciò che emerge per il 2023 è un bilancio in crescita (per il 6° anno consecutivo); rispetto ai 18.095,5 milioni di € di quest’anno si passerà 19.540 milioni circa; un aumento di poco meno di 1.450 milioni, pari a +8% circa. Numeri anche significativi, se non fosse che nell’equazione c’è da considerare l’inflazione; ancora oggi così elevata da rendere, di fatto, perfino insufficiente quell’aumento.

PERICOLOSI SQUILIBRI NEI CAPITOLI DI SPESA

Non solo. Scomponendo infatti la “Funzione Difesa” stessa nei suoi 3 capitoli di spesa principali, ci si accorge meglio di come essa soffra ancora di pericolosi squilibri. A partire dal Personale, il cui fabbisogno crescerà ancora a 11.090 milioni circa rispetto ai 10.604 del 2022; quasi 500 milioni in più in solo anno, a fronte del pieno svolgimento di un processo che sta riducendo gli organici delle Forze Armate stesse. Una ulteriore dimostrazione, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, di un “Modello Professionale” che deve essere profondamente rivisto; procedendo in direzione opposta a quella fin qui seguita (sopratutto dalla politica, tutta).

Altro fattore critico rimane il capitolo dell’Esercizio, quello cioè che garantisce il funzionamento e il livello di efficienza dell’intera “macchina militare”; qui è ormai da oltre 10 anni che si registra una cronica insufficienza di fondi. E anche per il 2023 la situazione non migliora più di tanto, dato che si passerà dai 2.070 milioni di quest’anno ai 2.350 circa per il 2023. Laddove invece sarebbero necessarie molte più risorse.

AUMENTA L’INVESTIMENTO

Ciò che invece continua la propria marcia “inarrestabile” è l’Investimento; dai 5.421 milioni del 2022 si passerà a circa 6.100; con un aumento stimabile in poco più di 670 milioni. Una cifra sicuramente significativa, al cui raggiungimento ha contribuito anche il nuovo rifinanziamento (per 12,5 miliardi di € nel periodo 2023-2037) del fondo creato l’anno scorso e destinato proprio a favorire un più rapido ammodernamento/rinnovamento dei mezzi e dei sistemi d’arma in dotazione alle Forze Armate.

RIGUARDO L’OBIETTIVO DEL 2% DEL PIL

A questo punto poi, logica vorrebbe che si affrontasse il tema del “famoso 2%“; inteso come parametro introdotto dalla Nato per indicare il rapporto percentuale tra le spese per la Difesa e  PIL, da considerare quale obiettivo minimo per tutti Paesi dell’Alleanza Atlantica. Obiettivo che avrebbe dovuto essere raggiunto nel 2024 ma che per l’Italia è stato sposato (per ora) al 2028.

A tale scopo, va precisato che la Nato stessa adotta una definizione di spesa militare molto ampia; che per il nostro Paese di traduce nell’aggiunta di altre voci. In particolare, si fa riferimento agli stanziamenti messi a disposizione dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy; anch’essi destinati all’Investimento. Per il 2023, in attesa di conoscere poi la cifra esatta, una prima stima li pone intono ai 1.850/1.900 milioni di €; in netto calo rispetto all’anno passato. Anche se poi il saldo finale della somma dei 2 Ministeri (circa 8 Miliardi di €) sarebbe comunque di poco maggiore rispetto a quello di quest’anno.

Un’altra voce è rappresentata dal “Fondo per le missioni Internazionali”; iscritto nel bilancio del Ministero dell’Economia e delle Finanze; nel 2023 sarà pari a 1.547,5 milioni di €, rispetto ai 1.397, 5 del 2022. La Nato infine, include anche altre voci, in particolare quelle legate alle pensioni erogate al personale non più in servizio; che nel caso dell’Italia andrebbero ricercate tre le pieghe di altri bilanci.

PERCHÉ L’ITALIA È ANCORA LONTANA DA QUELL’OBIETTIVO

Quello della ricostruzione di un perimetro di spesa completo diventa quindi un lavoro complesso; al quale solitamente il Ministero della Difesa da risposta con la pubblicazione dell’annuale Documento Programmatico Pluriennale (DPP). Qui però nasce un problema, perché nel DPP di quest’anno la Difesa ha indicato in 28.758 milioni il valore della somma delle voci prima indicate per il 2022; valore poi recepito dalla Nato (con annesso rapporto percentuale all’1,54%). Il punto però qual è? Che quella stessa somma, peraltro priva di indicazioni su come sia stata elaborata, appare comunque “sovrappesata” rispetto alla realtà.

Ecco spiegato perché diventa così difficile formulare una valutazione sul fatto che il nostro Paese il prossimo anno avvicinerà o meno a quel fatidico 2%. Anzi, alla fine lo scenario più realistico è proprio quello di un’Italia ancora più lontana da quell’obiettivo rispetto a quello che dicono certe cifre ufficiali; e che nel 2023 non compierà comunque significativi passi in quella direzione. Alimentando (ancora una volta) gli ormai “storici” dubbi sulla sua reale volontà di rispettare determinati impegni, peraltro liberamente assunti.

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