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Ecco come Apple strapazza l’Ue

La società di analisi incaricata da Apple ha esaminato 41 milioni di transazioni generate da una base di oltre 21mila applicazioni notando che il 90% circa degli sviluppatori non ha ridotto i prezzi, arrivando alla conclusione che il Dma non aiuta i consumatori limitandosi a danneggiare i conti di Cupertino. Così le Big Tech Usa fanno pressione sulla Ue e su Trump per cambiare le regole

Non è certo una novità che il Digital Market Act, il regolamento europeo che vuole traslare sui mercati digitali le medesime regole liberali che la Ue s’è data per quelli fisici, non piaccia alle Big Tech estere, specie a quelle Usa, che troppo spesso finiscono impigliate nelle sue maglie con l’accusa di falsare il gioco della concorrenza e di abusare della propria posizione dominante. Nelle ultime ore la Commissione europea ha reso noto che in forza delle prescrizioni del Dma è tornata a indagare su Google, questa volta per capire meglio il suo rapporto con gli editori.

DA APPLE A GOOGLE FINO A META: TUTTI CONTRO IL DMA

Qualche mese fa Google aveva affermato in un post sul proprio blog che le regole Ue stanno “danneggiando consumatori e aziende”. Apple ha avviato una battaglia legale contro l’Unione al Tribunale dell’Unione europea con sede nel Lussemburgo contestando la multa da 2 miliardi di euro elevata dalla Commissione per presunta violazione del Digital Markets Act.

L’azienda sostiene che il Dma sia sproporzionato, violando principi Ue di certezza legale e non discriminando tra piattaforme basate su iOS e Android. Mark Zuckerberg, Ceo di Meta, ha iniziato a tuonare contro le normative Ue appena Donald Trump è tornato alla Casa Bianca, sostenendo che soffochino l’innovazione e colpiscano in modo sproporzionato le aziende americane: mister Facebook senza troppi giri di parole ha invocato un intervento della nuova amministrazione per contrastarne gli effetti negativi.

E TRUMP SFERZA LA UE

Le Big Tech americane, che continuano a finanziare lautamente Trump (Amazon, Google, Meta, Microsoft, Hp, Coinbase e Comcast Corporation hanno recentemente partecipato alla colletta da 350 milioni di dollari per edificare la sala da ballo alla Casa Bianca caparbiamente voluta dal nuovo inquilino) esercitano insomma continue pressioni perché il presidente americano, tutt’altro che restio a ingaggiare sfide muscolari con altri Paesi e mercati, intervenga sulla questione portando il legislatore europeo a più miti consigli.

LE PRESSIONI DELL’AMMINISTRAZIONE TRUMP SULLA UE

E il tycoon ha iniziato a farlo. Durante il World Economic Forum di Davos, Donald Trump ha difeso con forza le aziende tecnologiche statunitensi, criticando le autorità europee per le numerose indagini condotte contro giganti come Apple, Google e Meta, che hanno già fatto fioccare sanzioni miliardarie.

Per Trump, azioni legali e regolamenti comunitari, anziché provare a riequilibrare il mercato tutelando le aziende più piccole e i consumatori, hanno come unico scopo quello di penalizzare ingiustamente le imprese americane e dimostrerebbero che l’Europa, incapace di esprimere campioni propri, intenda esercitare un controllo arbitrario ed eccessivo sul mercato digitale globale.

Una posizione condivisa anche dal numero due JD Vance, che all’AI Action Summit di Parigi ha descritto il Dsa come una minaccia alla libertà economica e tecnologica, avvertendo Bruxelles che non potrà essere altrettanto caparbia nei confronti delle arrembanti software house che si occupano di Intelligenza artificiale. ù

Reuters qualche tempo fa scriveva che il Segretario di Stato Marco Rubio ha ordinato ai diplomatici statunitensi di fare pressioni regolarmente con i governi dell’Ue e le autorità dei servizi digitali per esprimere le preoccupazioni degli Stati Uniti in merito alle regole che la Ue s’è data ricordando continuamente loro i costi finanziari per le aziende statunitensi.

LOTTA SU TUTTI I LIVELLI: LO STUDIO DI APPLE CONTRO IL DMA

La battaglia che gli Usa combattono contro la Ue avviene su più livelli. Mentre Trump e i suoi provano a dettare a Bruxelles cosa deve fare in ambito normativo, le Big Tech esercitano pressioni in altro modo, anche provando a fare presa sull’opinione pubblica.

Apple, per esempio, in piena battaglia legale col Vecchio continente per evitare una multa da 2 miliardi, ha commissionato e diffuso uno studio a The Analysis Group che si riprometteva di capire se i prezzi delle app sono effettivamente scesi per effetto del Dma europeo che ha costretto i “gatekeeper” ad aumentare le possibilità per gli sviluppatori di pubblicare i propri prodotti sui principali store.

Viene sottolineato che Apple ha ridotto dal 30 al 17% i balzelli imposti ai grandi sviluppatori Ue e dal 15 al 10% a quelli più piccoli, oltre ad aver introdotto lo Small Business Program che offre vantaggi di natura economica.

La società di analisi ha esaminato 41 milioni di transazioni generate da una base di oltre 21mila applicazioni, notando che il 90% circa degli sviluppatori non ha ridotto i prezzi. Non solo: tra chi ha ritoccato i prezzi al ribasso, la ricerca ha evidenziato una riduzione pressoché irrisoria, in media del 2,5%.

Insomma, lo studio mette nero su bianco che le aperture imposte dalla Ue non hanno effetti sul mercato e, soprattutto, non comportano benefici di sorta per i consumatori. Per Apple la proverbiale pistola fumante che dimostrerebbe quanto ha sempre sostenuto: l’inutilità di tali pacchetti normativi che al più danneggiano esclusivamente gli affari delle Big Tech d’Oltreoceano. I cattivi della situazione sarebbero dunque gli sviluppatori, che starebbero approfittando delle regole della Ue per fare profitti extra.

Sulla base di questi dati, Apple ha affermato : “Il Dma non è riuscito a mantenere le sue promesse. Ha portato meno sicurezza, meno privacy e una peggiore esperienza utente in tutta Europa. Lo studio conferma che i consumatori non beneficiano di prezzi più bassi. Al contrario, il nuovo regolamento crea barriere all’innovazione e aumenta i rischi per gli utenti”.

Ma sono diversi gli osservatori ad alzare più di un sopracciglio, essendo noto che le corporate molto spesso commissionano studi per fare attività di comunicazione e lobby più che ricerca scientifica. Non è la prima volta del resto che Cupertino si affida proprio a The Analysis Group per poi redigere comunicati dal sapore entusiastico. Malignità tutte europee? Chi può dirlo. Quel che è certo è che la battaglia di Apple – come pure di Meta, Google e probabilmente dell’intera amministrazione Trump – contro Dma e Dsa è solo agli inizi.

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