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Per Dyson Zone tira una brutta aria

La multinazionale britannica nota per aspirapolveri e ventilatori prova a reinventarsi e affronta il momento cruciale del passaggio di testimone: Zone è stato il primo prodotto voluto da Jake Dyson, figlio del fondatore James, da quando ha integrato Jake Dyson Products nel portfolio della multinazionale paterna. E non può dirsi un successo.

Alla fine la multinazionale britannica attiva nel campo degli elettrodomestici (in particolare aspirapolveri, ventilatori, termoventilatori, purificatori e asciugacapelli) ha dovuto capitolare, ammettendo il flop commerciale del Dyson Zone, il futuristico ma a tratti anche inquietante – rendeva chi lo indossava simile ai perfidi lottatori del videogame Mortal Kombat purificatore d’aria integrato in voluminosi e colorati padiglioni auricolari over-ear che mancò clamorosamente la pandemia. E dato che sembra tutt’oggi una sorta di “mascherina hi-tech” perdere la finestra commerciale dell’emergenza Covid castrò in modo scontato le vendite.

COS’ERA IL DYSON ZONE E PERCHE’ E’ STATO UN FLOP

Probabilmente se lo stesso curioso apparecchio fosse uscito nel biennio dell’influenza che ha messo in ginocchio il mondo intero, rinchiudendone in casa la popolazione, oggi racconteremmo un’altra storia. Non fosse altro che per via della mancanza di mascherine molti compravano qualsiasi surrogato. Eventualmente anche questo curioso device che, calcato sul naso e sulla bocca, purificava l’aria mentre i padiglioni delle cuffie permettevano di sentire la musica.

Ci si chiede perché non l’abbiano comprato gli ambientalisti, o coloro che sono ossessionati dalla qualità dell’aria che si respira in città. Forse la causa è che il vento sta cambiando (attenzione: non migliorando, l’inquinamento resta un problema serio) e con Donald Trump di nuovo alla Casa Bianca le tematiche green non sono più così in voga. O forse perché, come ha ammesso Jake Dyson, figlio del fondatore James, “Una delle cose che abbiamo imparato è che ovviamente alla gente interessa molto che aspetto abbiano quando le indossiamo”.

PASSAGGI DI TESTIMONE

Anche il costo potrebbe aver influito sull’insuccesso commerciale. Quasi mille dollari, 949,99 per la precisione. Zone è stato il primo progetto realizzato da Jake Dyson da quando la linea Jake Dyson Products è confluita in Dyson. E ora aumentano i dubbi se Jake sia la persona più adatta per trasportare l’azienda del padre, dal fatturato globale di 9,5 miliardi di dollari e 14.000 dipendenti in 80 Paesi (i licenziamenti nel 2024 non sono comunque mancati, con una riduzione di un quarto dell’intera forza lavoro solo in Uk) nel Terzo millennio.

Il rampollo, oggi ingegnere capo, ne è convintissimo e ancora pochi mesi fa rilasciava interviste entusiastiche con riferimento alle nuove strade che l’azienda batte e sperimenta per affacciarsi in nuovi mercati. Quel che è peggio, però, è che continua a essere convinto pure del fatto che il Dyson Zone fosse una intuizione geniale: “Ne abbiamo vendute migliaia. E abbiamo ancora gli strumenti, non li abbiamo buttati via. Resta un prodotto brillante”, riportano maliziosamente i media ora che il prodotto viene mestamente ritirato dagli scaffali. Sui pochi che ancora lo esponevano il prezzo era stato continuamente abbassato pur di far fuori le scorte: si hanno notizie di Dyson Zone offerti a 259,99 dollari.

QUANTO E’ COSTATO IL FLOP DEL DYSON ZONE?

Anche il padre James raccontando l’ascesa di Dyson nel campo degli elettrodomestici ha spesso sottolineato l’importanza dell’errore, specie per chi opera coi prodotti ad alta tecnologia e coi brevetti, ma lo ha fatto con ben altro approccio, più umile. Diversa la prosopopea dimostrata da Jake, che dice: “Crediamo che la sua occasione si ripresenterà in futuro”, quasi ad augurarsi l’aumento di quelli che lui stesso, intervistato da Wired, definisce “persone nevrotiche per l’inquinamento atmosferico che vogliono risolvere quel problema e sono disposte a spendere una certa cifra”. O magari una nuova pandemia. Resta il fatto che il Dyson Zone ha richiesto sei anni di sviluppo, mentre è rimasto nei negozi appena due anni.

QUALCHE IPOTESI

Impossibile sapere quanto sia costato quell’inciampo commerciale fortemente voluto da Jake. L’azienda britannica, in merito, non si sbottona. Ipotizza invece un analista senior di Counterpoint: “Zone è il risultato di sei anni di modellazione e test […]. Anche ipotizzando un team di 10 persone che lavora a questo progetto da sei anni, si parla di una spesa elevata. La messa a punto del suono è costosa, i test dei prototipi sono molto costosi. È difficile calcolarlo con precisione, ma sono sicuro che sarà costato decine di milioni di dollari. E il risultato è un prodotto senza fatturato, senza margine di profitto e senza visibilità”.

IL DEPURATORE DI ARIA HA SEMPRE AVUTO IL FIATO CORTO

Pure le recensioni non erano state benevole: Alan Sircom, direttore della rivista Hi-Fi+ , era stato tranciante: “La Zone è troppo strana, secondo me. Qualsiasi cosa ricordi alle persone di indossare le mascherine usate durante il Covid è un disastro”. Wired America ricorda come la recensione pubblicata sulla testata facesse largo uso di termini come “imbarazzante” e “inquietante”, lasciando intendere che il recensore mentre le indossava si sentisse “un cattivo di Batman alla Fisher-Price”.

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