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Decreto Copyright: i fini, il parere Agcm e il dibattito politico

Il parere Antitrust sullo schema di decreto che recepisce la direttiva Ue sul copyright, il dibattito tra gli esperti e le prime reazioni politiche (Fratelli d'Italia critica con l'Agcm)

 

In Parlamento è in esame una norma che potrebbe portare una piccola rivoluzione nel mondo dell’editoria e nel suo rapporto con il web. Le Commissioni dei due rami del Parlamento hanno iniziato l’esame dello schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sul copyright.

Il contenuto della direttiva

Il Direttiva Copyright (direttiva UE 2019/790) rafforza la tutela offerta al diritto d’autore e ai diritti connessi alla luce delle trasformazioni legate al digitale. Secondo le norme europee i giganti del web devono vigilare affinché in rete non circolino opere protette da copyright e per le quali non siano riusciti a ottenere un’autorizzazione da parte dei titolari dei diritti. Inoltre la direttiva Copyright stabilisce che gli editori ricevano dalle piattaforme digitali, un equo compenso per l’utilizzo online delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico.

L’intervento dell’Antitrust: attenzione a concorrenza e equo compenso

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 31 agosto 2021, ha espresso forti dubbi nei confronti del decreto ora in Parlamento. I dubbi riguardano il possibile danno alla libera concorrenza e l’introduzione dell’equo compenso.

Le limitazioni alla concorrenza

Ecco i tre passaggi salienti, conclusivi, del parere firmato da Roberto Rustichelli, presidente dell’Autorità garante del mercato e della concorrenza, mandato ai presidenti di Camera e Senato e al presidente del Consiglio sullo schema di decreto che recepisce la direttiva Ue sul copyright. Primo: “L’Autorità ritiene che il recepimento in Italia della Direttiva Copyright presenti, allo stato, rilevanti criticità concorrenziali che potrebbero compromettere lo sviluppo dei mercati relativi all’intermediazione dei diritti nel contesto digitale”. Secondo: “Le previsioni innanzi indicate delineano un approccio eccessivamente dirigistico, con un pervasivo, e sovente inefficace, intervento dei pubblici poteri che non incentiva il dispiegarsi di corrette dinamiche negoziali e che peraltro è foriero di significative e ingiustificate discriminazioni concorrenziali. Al contrario, lo spirito della Direttiva Copyright richiede lo sviluppo di strumenti che favoriscono l’efficace contrattazione dei diritti, sulla base del libero esplicarsi dell’autonomia negoziale delle parti interessate e del rispetto del principio della libertà d’impresa”. Terzo: “L’Autorità auspica che le osservazioni sopra svolte possano essere tenute adeguatamente in considerazione nell’ambito dell’iter di recepimento in corso”.

Federico Mollicone (capogruppo in commissione Editoria – FDI): “Da Antitrust parere sartoriale”

È critico nei confronti del parere dell’Antitrust in materia di concorrenza normata dall’articolo 15 della direttiva (“Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo online”) Federico Mollicone, capogruppo in commissione Editoria di Fratelli d’Italia. “Il parere dell’Antitrust inviato al Governo e al Parlamento sul decreto legislativo di recepimento della direttiva Copyright appare “sartoriale” per ciò che concerne l’articolo 15, un “pre-giudizio” apparentemente a tutela delle piccole e medie imprese editoriali ma a favore delle piattaforme digitali – scrive il deputato in una nota -. Il provvedimento introduce, infatti, anche grazie ai nostri ordini del giorno, un meccanismo di negoziazione obbligatoria proprio a tutela principale dei piccoli editori. Non vorremmo ci sia stata una “manina” di qualche studio legale che tutela gli interessi degli OTT.”

I giganti del web e la pubblicità sottratta alla stampa

Le piattaforme informatiche e i social network attraverso la pubblicazione di articoli o opere giornalistiche hanno progressivamente sottratto alla stampa quote sempre maggiori proventi pubblicitari. “Le cifre impietose del crollo delle tirature testimoniano in maniera inequivocabile la gravità della crisi – scrive a Repubblica l’ex commissario Agcom Francesco Posteraro -. Fare sì che d’ora innanzi venga corrisposta agli editori una porzione adeguata dei profitti generati dalla diffusione in internet delle loro pubblicazioni è quindi necessario per assicurarne la sopravvivenza, evitando così che l’aggressivo business model delle piattaforme arrivi a compromettere il più essenziale pilastro del pluralismo dell’informazione.

Equo compenso: il rischio che favorisca gli incumbent

L’Antitrust rileva che la Legge sul diritto d’autore, nell’indicare i parametri per la definizione dell’equo compenso, prevede variabili quali la durata dell’attività e la rilevanza degli editori, nonché il numero dei giornalisti impiegati. Questi parametri, secondo l’Autority, non aiutano a quantificare l’apporto al risultato economico del contenuto ma “sono invece idonei a determinare improprie discriminazioni a sfavore degli editori nuovi entranti e di dimensioni minori, favorendo ingiustificatamente gli editori incumbent”. Inoltre l’Antritrust chiede che il decreto sia più preciso nel descrive quali siano i “massimi sforzi’’ che il prestatore di servizi deve porre in essere per ottenere le necessarie autorizzazioni alla divulgazione dell’opera e che tra questi sia incluso “l’effettivo coinvolgimento delle imprese di intermediazione attive e la cui operatività è già oggi sottoposta, dall’ordinamento vigente, alla verifica del rispetto di ampi obblighi di trasparenza”.

La ratio dell’equo compenso e il ruolo dell’Agcom

Il Governo ha inserito nel testo di recepimento della direttiva comunitaria presentato alle Camere una serie di disposizioni volte a tutelare le imprese editoriali. “È previsto, in particolare, che le negoziazioni fra le parti si svolgano non solo in maniera trasparente e nel rispetto dell’obbligo di buona fede, ma anche nel solco di criteri per la determinazione dell’equo compenso enunciati nelle grandi linee nello schema di decreto e che spetterà all’Agcom precisare con apposito regolamento – dice ancora il prof. Posteraro -. La stessa Autorità potrà inoltre essere chiamata a determinare in concreto la misura del compenso nel caso di mancato accordo fra le parti, ferma restando la facoltà di ciascuna di esse di non addivenire comunque alla stipula del contratto e di ricorrere in ogni momento all’autorità giudiziaria.

Il cavallo di Troia degli snippet

La disciplina in discussione esonera, però, i giganti del web da compensare gli editori per la pubblicazione di snippet, ovvero estratti testuali che non esonerano dalla fruizione della pubblicazione giornalistica. “La nozione degli snippet rischia pertanto di rimanere troppo vaga, in quanto tale suscettibile di dare luogo a infiniti contenziosi e a letture interpretative tutt’altro che univoche – scrive l’ex commissario Agcom Francesco Posteraro in un parere per Repubblica -. Un ancoraggio più saldo – e nel contempo più coerente con le finalità della direttiva – potrebbe semmai essere fornito da una definizione che li qualifichi come estratti non suscettibili di autonomo sfruttamento economico: se non devono dar luogo a compenso, è perché non possono generare profitti”.

Snippet: l’Antitrust chiede più precisione

Sul punto è molto critica anche l’Antitrust secondo la quale “lo schema di decreto non appare fornire una definizione adeguata del concetto di estratti molto brevi, di fondamentale importanza per la distinzione tra l’opera che deve essere oggetto di remunerazione e la sua rappresentazione sintetica che non beneficia di tutela”. La definizione di snippet sarebbe troppo “generica e di difficile applicazione pratica, risultando inidonea a contribuire alla certezza della tutela riconosciuta dalla Direttiva Copyright agli editori e agli autori. La nozione di ‘’estratti molto brevi’’ dovrebbe, pertanto, essere ricondotta entro parametri certi e definiti, abitualmente utilizzati nel settore di riferimento e di immediata applicazione, quali ad esempio il numero di caratteri/battute dell’estratto”.

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