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Nexon

Così Nexon giochicchiava d’azzardo con l’utenza

Ancora problemi per quei tipo di videogiochi noti come Loot Box e Gacha Game (che molti Paesi europei stanno vietando): per l'Antitrust coreano Nexon, che sfruttando queste meccaniche ha incassato 550 miliardi di won, avrebbe intavolato un gioco truccato

Negli ultimi anni non sono pochi i videogame che hanno deciso di sostentarsi mediante formule diverse dal solito che, a fronte della gratuità sostanziale del software base, prevedono poi una marea di micro-transazioni che, seppur non obbligatorie, il giocatore di norma è spesso costretto ad accettare per poter competere con gli altri ad armi pari o anche semplicemente per potersi godere appieno il titolo fresco di download. La formula non piace a molti ma spopola soprattutto tra i giovanissimi e ha successivamente virato verso tipologie ludiche che per alcuni sarebbero assimilabili al gioco d’azzardo.

COME FUNZIONANO LE LOOT BOX

In pratica, si sborsa una somma certa per un regalo virtuale incerto. Sono le così dette Loot Box. Intendiamoci, i producer dei videogame non hanno inventato nulla, perché l’idea di base è quella delle lotterie, delle riffe dell’oratorio o, se vogliamo, delle figurine in vendita all’edicola.

In tutti i casi si spende una cifra per ottenere qualcosa che non si è scelto e il bello sta appunto nell’alea del rischio, in realtà contenuta prevedendo al più solo le possibilità di ricevere qualcosa che non interessa o qualcosa che si ha già (i famosi doppioni, che poi si scambiavano con gli amici a scuola).

DUBBI E PROBLEMI

Ci sono però più ordini di problemi. Anzitutto, per alcuni, i bimbi lasciati soli senza alcun controllo genitoriale davanti allo schermo finirebbero nel gorgo del gioco d’azzardo, facili prede di acquisti compulsivi. E le software house dovrebbero perciò strutturare i propri videogame per evitare l’accesso alle riffe ai minori.

Ma, soprattutto, c’è la possibilità che la partita sia truccata a favore del banco. Anche qui se vogliamo le software house non hanno inventato nulla: perché che i giochi d’azzardo siano tarati in modo da assicurare le vincite soprattutto al banco lo sanno tutti. Il problema però è che essendo tutto virtuale e strutturato su algoritmi non pubblici, i giochi in questione possono essere ulteriormente tarati per far perdere i giocatori.

L’UE RUMOREGGIA

Sono i motivi che hanno spinto diversi Paesi europei, dall’Olanda al Belgio fino alla Spagna a formulare proposte e disegni di legge per vietare Loot Box e Gacha Game, che in Oriente invece vanno fortissimo. Della questione si sta interessando anche Strasburgo. Il 18 gennaio 2023 gli eurodeputati hanno approvato una relazione che che chiede norme Ue armonizzate per fornire una migliore protezione agli utenti del settore dei videogiochi online.

Gli eurodeputati in particolare hanno messo in guardia sulla pratica della “coltivazione dell’oro (dall’inglese gold farming ovvero la pratica che consiste nell’acquisire valuta di gioco, per venderla in cambio denaro reale). Allo stesso modo gli oggetti ottenuti nei giochi, così come profili utente completi possono essere scambiati, venduti o scommessi con valute reali, in contrasto con i termini e le condizioni applicati dagli editori di videogiochi.”

“Queste pratiche – ammoniscono gli europarlamentari – possono essere utilizzate nei Paesi in via di sviluppo come veicolo per il riciclaggio di denaro, il lavoro forzato e lo sfruttamento minorile. Per questo motivo il Parlamento ha invitato le autorità nazionali a porvi fine”.

DI MEZZO ANCHE LE FIGURINE VIRTUALI

Parallelamente, il 26 febbraio scorso, il Tribunale distrettuale di Hermagor in Carinzia, Austria, ha classificato i pacchetti di FIFA Ultimate Team come loot box  e dunque paragonabili al gioco d’azzardo. Si tratta di una modalità secondaria del ben noto titolo sportivo dell’americana Electronic Arts che prevede ci costruire la propria squadra del cuore sulla base di micro transazioni, vale a dire acquisti in game, di figurine di calciatori virtuali.

CHE COMBINAVA NEXON

Politici anacronistici e bacchettoni o il rischio di essere truffati c’è davvero? Probabilmente, come in ogni cosa, la realtà anche qua sta nel mezzo: se nessuno s’è mai sognato di vietare le figurine reali, non si capisce perché quelle virtuali dovrebbero essere assoggettate ad altri regimi. A patto però di controllare che la partita non sia truccata.

Come pare stesse facendo la software house coreana Nexon Korea Corp., multata per 11,6 miliardi di won (8,1 milioni di euro) con l’accusa mossa dalla Korea Fair Trade Commission (Kftc) di avere ingannato gli avventori dei propri videogame MapleStory e Bubble Fighter.

ESTRAZIONI TRUCCATE?

Per l’Autorità antitrust Nexon, il maggiore azionista di Nexon Games Co., sarebbe colpevole di avere via via abbassato arbitrariamente la probabilità che i giocatori estraggano oggetti di valore arrivando persino a fissare a zero la probabilità di vincere alcuni di questi, ovviamente senza dirlo ai propri utenti, che nel mentre investivano i propri risparmi nella possibilità di mettere le proprie mani sugli oggetti del desiderio.

L’Autorità coreana ha ricostruito nel dettaglio l’intera timeline della vicenda che ha origine persino nel maggio 2010, quando ciascun gamer aveva le stesse probabilità di estrarre tutti i premi virtuali, ma già nel mese di settembre del 2010 le regole erano state sovvertite in modo che le versioni preferite dagli utenti apparissero meno frequentemente.

IL GIOCHINO DI NEXON

Fin qui probabilmente niente di male: è nell’ordine delle cose che alcuni premi siano più rari di altri. Senonché dall’agosto 2011 al marzo 2021 la società di giochi online avrebbe nuovamente modificato le meccaniche e gli algoritmi alla base delle probabilità in modo che alcuni premi, ovviamente quelli maggiormente ricercati, smettessero di essere estratti.

La sola certezza è che Nexon ha incassato 550 miliardi di won dal settembre 2010 al marzo 2021 con quello che, secondo le accuse, sarebbe stato un gioco d’azzardo truccato. I giocatori che pagano circa 2.000 won (1,40 €) nella speranza di potersi aggiudicare i premi più rari non avrebbero avuto alcuna chance reale di ottenerli perché l’algoritmo era programmato per fare uscire sempre e solo quelli più comuni e, dunque, di minor valore.

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