Secondo un report pubblicato a ottobre di Salesforce-Teha, l’Italia è ultima tra le 26 principali economie per interesse della Pubblica amministrazione verso l’intelligenza artificiale. Il committente non è casuale, dato che si tratta di un’impresa statunitense di cloud computing interessata a mappare i mercati ancora vergini per i suoi software e i dati ben fotografano una situazione che milioni di italiani hanno provato sulla propria pelle almeno una volta nella vita: uffici pubblici disconnessi dal resto del mondo, dotati di PC preistorici e vecchi modelli di stampanti laser che decidono di impiantarsi puntualmente quando è arrivato il proprio turno allo sportello.
IBM E MICROSOFT VOLANO GRAZIE ALL’IA
La partita dell’Intelligenza artificiale è particolarmente ghiotta per le Big Tech (prevalentemente estere) se si pensa che, grazie a questi algoritmi smart, in Borsa da inizio anno hanno potuto beneficiare di un aumento di valore delle proprie cedole rispettivamente del 42% e del 31,2%.
Microsoft del resto ci ha visto lungo puntando miliardi su OpenAi, l’ormai ex startup di Sam Altman che ha realizzato ChatGpt. Ibm con l’ultima trimestrale ha registrato un utile adjusted per azione di 2,30 dollari su ricavi di 14,97 miliardi di dollari, contro attese per 2,23 dollari su 15,07 miliardi.
LA CORSA ALLE PRATERIE DA COLONIZZARE
Mentre i legislatori faticano a normare i nuovi algoritmi, si è così aperta una nuova corsa alla Frontiera, un vero e proprio Far West nel quale le Big Tech si muovono alla ricerca di praterie vergini da colonizzare.
E l’Italia, visto il ritratto strutturale e la Pa pachidermica, è senz’altro una preda ambita. Prova ne sia che il Ceo Satya Nadella in persona nei giorni scorsi è volato a Roma promettendo cifre da capogiro per chi investe nelle sue tecnologie.
I MILIARDI PROMESSI DA MICROSOFT
Microsoft (sempre insieme a Teha group), si legge nella nota per la stampa, “ha calcolato che un’adozione pervasiva dell’AI generativa potrebbe aumentare il PIL annuo dell’Italia fino a 312 miliardi di euro nei prossimi 15 anni, pari al 18,2%. Di questi, le PMI potrebbero beneficiare di un aumento di 122 miliardi di euro di valore aggiunto. Secondo lo studio, le aziende italiane stanno registrando anche guadagni tangibili di produttività grazie all’AI generativa. Oggi il 47% delle aziende che utilizzano soluzioni di intelligenza artificiale segnala un aumento della produttività di oltre il 5%, mentre il 74% ha registrato un aumento della produttività di oltre l’1%. Questi incrementi sono particolarmente significativi, considerando che la crescita complessiva della produttività che l’Italia ha registrato negli ultimi vent’anni è pari al +1,6%”.
Difficile restare coi piedi per terra di fronte a questi numeroni. Trecentododici miliardi in 15 anni sono oltre 20 miliardi l’anno. Sarebbe come se l’Intelligenza artificiale ci pagasse ogni legge di bilancio da qui a tre lustri.
IL CONTO IN BANCA DI NADELLA VOLA
Finora l’unico a vedere cifre da capogiro è proprio l’amministratore delegato di Microsoft, Satya Nadella, il cui emolumento per l’anno fiscale 2024 è salito del 63% a 79,1 milioni di dollari grazie ai premi in azioni che risentono positivamente di un esercizio in cui il valore di mercato del colosso tecnologico ha superato i tre trilioni.
LE TAVOLE ROTONDE DI IBM
Come si anticipava, il fatto che l’uomo di punta di Microsoft sia impegnato a mettere la faccia in un tour de force mondiale per spingere investitori pubblici e privati all’adozione delle loro Intelligenze artificiali la dice lunga sul ritorno economico per le software house. Ma anche sulla competizione in atto e sul rischio che un mancato presidio favorisca i rivali.
Negli ultimi giorni Ibm ha tenuto tavole rotonde analoghe (ad esempio al Centro studi americani) sull’adozione dell’Intelligenza artificiale nella Pubblica amministrazione. Come nell’evento Microsoft, anche qui Ibm ha sgranato rosari di cifre, promesse, grafici che puntano al soffitto ricordando a chi governa tutte le meravigliose e miracolose opportunità che l’Ai avrebbe in serbo per il settore, se lo Stato una buona volta decidesse di digitalizzarsi.
LA TORTA DEL PNRR
Mentre le statistiche delle software house americane insistono sul ritardo tutto italiano e sulle mancate chances per rimettersi in pari nella competitività con gli altri Stati, c’è un dato cui difficilmente si fa accenno e riguarda tutti i miliardi che il nostro Paese sta investendo per la digitalizzazione della propria Pubblica amministrazione. Si tratta di una cifra storica, non solo per la sua portata ma anche in quanto, provenendo dal Pnrr – il fondo post pandemico – difficilmente ripetibile.
In tutto, sono ben 47 miliardi di euro dal 2021 a giugno 2026 (40 miliardi della Missione 1, più le iniziative di digitalizzazione di altre cinque), pari al 37% di tutte le risorse europee dedicate alla trasformazione digitale nel Next Generation EU. Molto più di tutti gli altri Paesi in Europa: la Spagna prevede di spendere per il digitale 20 miliardi di euro, la Germania 13, la Francia 9, 19 Stati meno di 2 miliardi. Di fronte a simili fiumi di denaro, insomma, si spiega perché così tanto interesse nei confronti del nostro Paese.