Skip to content

lingguang

Cos’è LingGuang, l’app cinese che tutti stanno correndo a scaricare

Sviluppata da Cai Wei, ex dipendente di Google, per conto del colosso cinese Ant Group strettamente connesso ad Alibaba, LingGuang promette di costruire da zero app sulla base delle istruzioni date all'Ai. In pochi giorni ha raggiunto numeri che si erano visti solo con ChatGpt e altre Intelligenze artificiali

Due milioni di download in neppure una settimana. Si tratta di un risultato ragguardevole, tanto più per una app che non è un social. Ma è di Intelligenza artificiale e cavalca perciò quell’onda che, sui mercati, fa brillare i conti di molti produttori di chip (da Nvidia in giù) e software house. Si chiama LingGuang e pare essere, almeno giudicando i numeri registrati sugli store, la mania del momento. Ma cosa è e soprattutto cosa fa?

TUTTI VOGLIONO LINGGUANG, MA ANZITUTTO DI CHI È?

Nonostante il nome senz’altro ostico per un occidentale, ha nel proprio futuro una vocazione internazionale. Lanciata lo scorso 18 novembre da Ant Group, holding finanziaria così importante da aver spinto la Cina a bloccarne l’Ipo per farla restare saldamente in mani autoctone (è riconducibile al colosso dell’e-commerce Alibaba), permette e promette di sviluppare applicazioni e software senza nozioni di programmazione inviando prompt all’ormai immancabile Ai.

COSA FA L’APP CINESE

Secondo le promesse dei suoi sviluppatori, LingGuang non si limiterebbe a generare il codice richiesto come molte delle altre app che forniscono servizi simili, ma svilupperebbe in modo “prefabbricato” l’intera applicazione con tanto di risorse grafiche e multimediali incluse.

Se i prompt sono sufficientemente precisi e l’Ai sufficientemente intelligente e precisa, persino chi non ha conoscenza di programmazione ma ha una idea imprenditoriale può su carta ottenere un software “chiavi in mano” da divulgare poi al resto del mondo.

DUBBI E RISCHI

Con l’incognita, naturalmente, legata alla proprietà del codice: non solo perché non si sa bene cosa possa nascondere tra gli script (e se il committente ha scarse conoscenze in fatto di programmazione, difficilmente lo saprà mai) ma anche e soprattutto perché sarà da appurare dal punto di vista legale chi sarà individuato come reale proprietario.

A ogni modo è l’ennesima riprova, nel caso fosse servita, che l’Intelligenza artificiale stia concorrendo a mettere in pericolo una pluralità di professioni, incluse quelle che negli ultimi anni sono esplose divenendo tra le più ricercate della cosiddetta “app economy” e che a breve potrebbero invece essere rottamate dagli algoritmi.

Ma soprattutto un possibile filone aureo tutto nuovo per Ant Group che per ora era nota soprattutto per il successo di un’altra sua app, Alipay, i cui numeri ne fanno la più grande piattaforma di pagamento mobile digitale al mondo. Anche in questo caso insomma il fintech sembra dover cedere spazio sul palco all’Ai.

Torna su