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Ecco che cosa chiede la Corte Ue a Facebook sui contenuti diffamatori

Si può ordinare a Facebook di rimuovere i contenuti offensivi postati dagli utenti nell'Unione Europea rendendoli irraggiungibili da ogni parte del mondo. Ecco il parere dell'avvocato generale della Corte di giustizia dell'Ue

Non rimuovere soltanto il post diffamatorio, ma Facebook dovrebbe renderlo inaccessibile da ogni parte del mondo. È quanto suggerisce l’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Ue. I social network come Facebook potrebbero essere costretti a rimuovere in qualsiasi parte del mondo ogni post, foto o altro materiale giudicato diffamatorio da un tribunale. Ecco i dettagli.

IL PARERE DELL’AVVOCATO UE

Poiché la legge dell’Unione europea sui servizi digitali e il commercio elettronico “non disciplina la portata territoriale dell’obbligo di rimuovere le informazioni diffuse tramite una piattaforma di social network, non esenta un host provider (un gestore di una piattaforma di social network come Facebook) dall’essere costretto a rimuovere tali informazioni in tutto il mondo”, ha dichiarato oggi l’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Ue, Maciej Szpunar, in un parere non vincolante.

IL CASO DELLA DEPUTATA AUSTRIACA

Ma partiamo dalla fattispecie in questione. La disputa riguarda Eva Glawischnig-Piesczek, un ex membro del Parlamento Europeo dall’Austria e presidente del gruppo dei Verdi, che è stato oggetto di una serie di post offensivi da parte di un utente su Facebook.

L’utente aveva infatti condiviso, sulla sua pagina personale, un articolo della rivista di informazione austriaca online oe24.at intitolato “I Verdi: a favore del mantenimento di un reddito minimo per i rifugiati”. Sulla bacheca compariva dunque l’anteprima dell’articolo, corredata di titolo, breve riassunto e una fotografia di Glawischnig-Piesczek. Fin qui nulla di strano, se l’utente non avesse approfittato della condivisione per aggiungere un commento degradante nei confronti di Glawischnig-Piesczek. Il post poteva inoltre essere consultato da qualsiasi utente di Facebook.

LA RICHIESTA PRIMA A FACEBOOK E POI ALLA SUPREMA CORTE AUSTRIACA

Poiché Facebook non ha reagito alla sua richiesta di cancellare il post diffamante, la deputata Glawischnig-Piesczek si è rivolta alla Corte Suprema dell’Austria affinché fosse imposto a Facebook di cessare la pubblicazione e/o diffusione di foto che la ritraggono. Facebook ha dunque disabilitato l’accesso al contenuto agli utenti in Austria. Ma la richiesta della deputata mirava alla rimozione del commento a livello mondiale. La Corte Suprema dell’Austria investita della controversia ha chiesto allora alla Corte di giustizia dell’Ue di interpretare in tale contesto la direttiva sul commercio elettronico.

INTERROGATA LA CORTE DI GIUSIZIA UE

La Corte Suprema austriaca ha chiesto indicazioni ai giudici dell’Ue sulla portata del diritto comunitario in questo caso sulla portata geografica dell’obbligo di rimozione in capo a società come Facebook di tali contenuti ritenuti diffamatori. In base alle norme europee, un ‘host provider’  in linea di principio non è responsabile delle informazioni memorizzate da terzi sui suoi server qualora non sia a conoscenza della loro illiceità. Tuttavia, una volta avvertito della loro illiceità, deve cancellarle o bloccarne l’accesso.

IL PARERE NON VINCOLANTE DI SZPUNAR

Da qui però va specificata la provenienza dei contenuti illeciti. Per l’avvocato generale, l’host provider potrebbe essere costretto a ricercare e individuare i contenuti equivalenti a quello qualificato come illecito, ma unicamente tra il materiale diffuso dall’utente che ha divulgato il post in questione. Se l’obbligo di individuare informazioni equivalenti provenienti fosse esteso a tutti gli utenti del social network si incorrerebbe in rischio di censura. Senza contare che la ricerca e l’individuazione di tutti contenuti equivalenti richiederebbero soluzioni costose.

IN ATTESA DELLA SENTENZA DEL TRIBUNALE

Tuttavia, il parere dell’avvocato generale non è vincolante. Bisognerà attendere qualche mese per la sentenza del tribunale dell’Unione europea che contribuirà a chiarire in che misura le società di social media come Facebook debbano occuparsi dei post degli utenti di tutto il mondo.

IL GIRO DI VITE SU FACEBOOK& CO

Negli ultimi tempi l’Unione europea ha stretto il giro di vite su Facebook e le altre big tech riguardo la tutela dei dati personali e la reputazione degli utenti. Proprio un anno fa Bruxelles ha introdotto nuove regole sulla privacy come il Gdpr, offrendo ai regolatori per la prima volta uno strumento per monitorare le società tecnologiche e perseguire le condotte illecite (tra cui la possibilità di multarle per il 4% del fatturato in caso di violazioni più gravi).

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