Per favorire l’internalizzazione dello yuan e competere con gli Stati Uniti, che recentemente hanno approvato una legge che regolamenta il mercato di queste valute, la Cina ha intenzione di lanciare le sue prime stablecoin. Si tratta di monete digitali che si differenziano dalle criptovalute “tradizionali” perché hanno un valore fisso, che solitamente è agganciato a quello del dollaro statunitense con un rapporto 1:1, e perché sono sostenute da asset stabili, come i buoni del Tesoro americano.
COSA SUCCEDE A HONG KONG?
La regione amministrativa speciale di Hong Kong – che funge un po’ da banco di prova nazionale per le criptovalute, essendo vietate nella Cina continentale – ha approvato una legge che consente ad alcune società dotate di apposita licenza di emettere dei token sostenuti da una qualsiasi moneta fiat. Ma le autorità finanziarie del territorio hanno precisato che l’esperimento sarà limitato perché verranno rilasciate solo una “manciata” di licenze, a partire dall’anno prossimo.
PERCHÉ ANCHE LA CINA VUOLE LE STABLECOIN?
La Cina sta studiando le stablecoin perché teme che la diffusione di quelle basate sul dollaro possa rafforzare ulteriormente lo status internazionale della moneta statunitense, sia come valuta di riserva che per quanto riguarda il suo utilizzo nell’economia globale. D’altra parte, Pechino non può puntare convintamente su questa tecnologia – che pure potrebbe favorire l’internazionalizzazione dello yuan, il suo utilizzo nei pagamenti transfrontalieri e il distacco dallo standard Swift – perché contraddice la sua linea di pieno controllo sul settore finanziario.
Pan Gongsheng, governatore della Banca popolare cinese, ha dichiarato lo scorso giugno che le stablecoin hanno “ribaltato radicalmente il panorama dei pagamenti tradizionali”. Le autorità cinesi hanno convocato diversi esperti per discutere di criptovalute e stablecoin, ma l’implementazione nel paese di questi strumenti non pare essere compatibile con la linea politica generale: si tratta infatti di tecnologie che non possono essere rigidamente controllate da un’autorità centrale. Non a caso la Hong Kong Monetary Authority – ovvero la banca centrale di Hong Kong, di fatto – ha insistito sul rischio che le stablecoin vengano utilizzate per il riciclaggio di denaro.
COSA CAMBIERÀ CON LE STABLECOIN A HONG KONG
Paul Tang, direttore della Hong Kong Money Service Operators Association, un’associazione di settore, ha spiegato al Financial Times che la “priorità” della Hong Kong Monetary Authority è “la stabilità e il controllo al momento del lancio, quindi i programmi iniziali dovrebbero concentrarsi sulle applicazioni business-to-business, il che limiterà la loro adozione”.
Secondo una fonte del quotidiano, delle quattro grandi banche statali cinesi, solo una riceverà dalla Hong Kong Monetary Authority la licenza per l’utilizzo delle stablecoin.
STABLECOIN E VALUTA DIGITALE DELLA BANCA CENTRALE
Per la Cina, data la sua struttura politica, sarà probabilmente difficile competere con le stablecoin basate sul dollaro, che possono operare in un contesto molto più libero e vengono emesse da soggetti privati.
Per espandere l’uso internazionale dello yuan, Pechino sta lavorando anche allo sviluppo dello yuan digitale, o e-Cny: non si tratta di una criptovaluta bensì di una valuta digitale della banca centrale, che – come da nome – è emessa e gestita a livello centralizzato.