L’autorità cinese di regolazione del cyberspazio (spesso abbreviata in Cac) ha convocato i rappresentanti dell’azienda statunitense Nvidia per discutere dei presunti rischi di sicurezza associati ai microchip H20, che nell’ultimo periodo sono finiti al centro delle tensioni politiche con gli Stati Uniti.
UN BREVE PASSO INDIETRO: LA VICENDA DEL CHIP H20 DI NVIDIA
L’H20, in poche parole, è un modello “depotenziato” di un particolare processore realizzato dall’azienda (l’H100, un’unità di elaborazione grafica molto utilizzata nei sistemi di intelligenza artificiale) che è stato sviluppato appositamente per essere venduto sul mercato cinese, nel rispetto dei controlli sulle esportazioni tecnologiche applicati dal governo degli Stati Uniti durante la presidenza di Joe Biden. Controlli che erano stati inaspriti dall’attuale amministrazione di Donald Trump, che aveva messo restrizioni anche alle vendite degli H20.
Queste restrizioni sono però state rimosse un paio di settimane fa, e così le esportazioni degli H20 in Cina dovrebbero riprendere normalmente.
LA MOSSA DELLA CINA
Ma l’autorità cinese di regolazione del cyberspazio ha convocato i rappresentanti di Nvidia per discutere dei rischi legati all’utilizzo dei processori H20, dopo che alcuni membri del Congresso americano avevano parlato della necessità di installare delle funzionalità di tracciamento nei microchip avanzati venduti a paesi terzi, per evitare che vengano dirottati in Cina e utilizzati da quest’ultima per lo sviluppo delle sue capacità militari.
L’amministratore delegato di Nvidia, Jensen Huang, è stato recentemente a Pechino per una visita di alto profilo, dove – tra le altre cose – ha lodato l’ecosistema locale dell’intelligenza artificiale e negato che la sua azienda installi delle backdoor nei prodotti venduti.
Le possibili tensioni con le autorità cinesi potrebbero assestare un danno notevole ai conti di Nvidia: a livello generale, infatti, la Cina è il quarto mercato più importante per l’azienda, dopo Stati Uniti (che valgono oltre la metà delle vendite totali), Singapore e Taiwan. Nel 2024 le vendite dell’H20 hanno generato ricavi per 12-15 miliardi di dollari.
Se, su ordine delle autorità pubbliche, le società tecnologiche cinesi dovessero rinunciare a utilizzare i microchip di Nvidia, quest’ultima potrebbe finire per perdere quote di mercato nel paese, che peraltro sta già insistendo parecchio sullo sviluppo delle capacità nazionali di progettazione e manifattura di semiconduttori, in modo da accorciare il divario – oggi ancora notevole – con gli Stati Uniti.
Non è la prima volta, poi, che il governo cinese indaga sui processori statunitensi: prima degli H20 di Nvidia, infatti, erano stati sollevati dubbi sulla sicurezza dei microchip di Intel, mentre nel 2023 era stato proibito l’utilizzo dei dispositivi di Micron nelle infrastrutture critiche per ragioni di cybersecurity.
L’AVANZATA DI HUAWEI
Qualche settimana fa Reuters aveva scritto, sulla base delle informazioni ricevute da due fonti, che le aziende tecnologiche cinesi si erano già mosse per accaparrarsi gli H20 di Nvidia e che anche i colossi ByteDance e Tencent faranno presto domanda.
L’intervento dell’autorità sul cyberspazio, però, sembra lasciar intendere che la Cina non percepisce questi microchip come eccessivamente “preziosi” per lo sviluppo tecnologico nazionale. L’azienda che guida gli sforzi di progresso nel chipmaking è Huawei, i cui semiconduttori modello Ascend 910C sembrerebbero avere prestazioni paragonabili a quelle degli H20 nell’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale.
Il vero vantaggio di Nvidia sulla concorrenza, comunque, non è tanto il microchip in sé ma l’architettura Cuda, che agevola gli sviluppatori nell’utilizzo dei processori dell’azienda, in modo da sfruttarne al massimo le capacità.