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Che effetto avrà Gpt-4o sulle nostre vite?

Gpt-4o di OpenAI parla, scherza, traduce ma soprattutto dà l'impressione di essere empatico come una persona reale e questo è un problema. Ecco quali sono le implicazioni sociali secondo gli esperti su libero arbitrio, occupazione e ambiente

 

A breve disponibile gratuitamente per tutti, in grado di ricevere input da qualsiasi combinazione di testo, audio e video, capace di interagire con l’ambiente circostante, tradurre e rispondere istantaneamente, ma soprattutto di interpretare le emozioni e variare il tono di risposta in base a esse. L’ultimo arrivato in casa OpenAI, Gpt-4o, è tutto questo.

Progressi tanto enormi quanto distopici, al punto che il Ceo della software house, Sam Altman, l’ha paragonato all’intelligenza artificiale (IA) del film Her di Spike Jonze, nel quale il protagonista finisce per innamorarsi di una voce contenuta sul proprio smartphone.

Ma quindi dove stiamo andando? Ecco cosa ne pensano gli esperti.

RISCHIO SUPERPERSUASIONE

Innamorarsi di un’entità virtuale sembra l’ultimo dei problemi che potrebbero derivare dall’evoluzione dell’IA. Come scrive, infatti, la giornalista Barbara Carfagna sul Sole 24 Ore, a preoccupare molti esperti è la superpersuasione che Gpt-4o può esercitare sugli individui.

La superpersuasione – di cui Carfagna parla con il filosofo contemporaneo Luciano Floridi e con Marco Trombetti, uno tra i primi imprenditori a portare l’IA in Italia – è “il potere dei nuovi algoritmi di manipolare nel profondo le nostre idee sul mondo”.

La capacità di Gpt-4o di leggere le nostre espressioni facciali e tradurle in emozioni dà la pericolosa – e “ingannevole”, aggiunge la giornalista che su Rai cura una trasmissione dedicata alle innovazioni – impressione di essere compresi, di parlare con qualcuno che prova empatia, pure se di fronte non abbiamo una persona reale.

Il rischio di lasciarci quindi convincere di qualsiasi cosa è reale e le conseguenze possono essere catastrofiche dato che si tratta di strumenti accessibili a tutti. Dove non erano arrivati i social e l’IA generativa delle precedenti versioni di ChatGpt, quest’ultima novità sembra invece avercela fatta: “Influenzare decisioni, rafforzare credenze e indirizzare comportamenti attraverso l’elaborazione di un’enorme quantità di dati. Finora – si legge sul Sole – è accaduto in piccolo con i social network, poi con l’AI generativa, quella che agisce autonomamente creando testi, video, elaborati al posto nostro, ora il nuovissimo modello Gpt-4o (dove “o” sta per Omni) amplifica questa possibilità che focalizza il meccanismo non più su gruppi di persone ma su ognuno di noi individualmente”.

MAI DIMENTICARE CHE DIETRO C’È UN’AZIENDA

Anche il giornalista del Guardian e autore del libro How AI Ate the World, Chris Stokel-Walker, senza respingere il progresso mette in guardia dalle illusioni che Gpt-4o può creare in noi. La sua capacità di ridere, scherzare, parlare la fa sembrare umana e l’utente dimentica che non lo è affatto.

Per Stokel-Walker il peccato originale dell’intelligenza artificiale risale al 1956 e sta proprio nella sua denominazione: “L’intelligenza artificiale è certamente artificiale, ma non è ancora intelligente e probabilmente non lo sarà mai. Quanto più ChatGpt e altri strumenti simili imitano l’interazione umana, imparando a comportarsi come arguti e sagaci conversatori, tanto più è probabile che dimenticheremo la parte ‘artificiale’ del termine”.

Tuttavia, il giornalista osserva che è importante ricordarsi che anche se Gpt-4o è abbastanza reattivo da nascondere il fatto che non è un essere senziente, in realtà “non è infallibile, ha pregiudizi e problemi ambientali e riflette gli interessi di chi l’ha creata”. Si tratta di un prodotto aziendale, che sta facendo la fortuna di OpenAI – già valutata più di 80 miliardi di dollari e in cui ha investito Microsoft – ma anche di altri operatori del settore dell’IA, i quali stanno sfruttando l’ubiquità della tecnologia per inserirla ovunque.

L’EMPATIA SALVERÀ I POSTI DI LAVORO?

Chi invece è più preoccupato da questioni meno filosofiche può – per il momento – tirare un sospiro di sollievo, almeno secondo gli esperti intervistati da Business Insider (il cui editore Axel Springer ha stretto un accordo con OpenAI per fornire articoli usati per addestrare la sua IA). Se già la prima versione di ChatGpt aveva scatenato il panico tra creativi, attori, giornalisti e un po’ tutti coloro che hanno visto come un chatbot poteva tranquillamente sostituire le proprie competenze, Gpt-4o non sarebbe ancora in grado di rimpiazzare nemmeno chi svolge un lavoro ritenuto “a rischio”.

Per esempio, per Leslie Teo, direttore dei prodotti IA di AI Singapore, “è improbabile” che le acrobazie di Gpt-4o eliminino le professioni dell’insegnamento, della traduzione e dell’assistenza ai clienti. Teo ne fa una questione di empatia e tocco personale, indispensabile in tali lavori.

Altri ritengono, invece, che alcuni ruoli potrebbero essere modificati più che eliminati. Secondo Simon Lucey, direttore dell’Istituto australiano per l’apprendimento automatico dell’Università di Adelaide, nei prossimi anni alcune persone potrebbero perdere il lavoro ma “hanno motivo di essere ottimisti”. “Negli anni ’80 – ha detto -, quando Microsoft rilasciò Excel, la gente era terrorizzata e diceva che avrebbe tolto il lavoro a tutti i contabili. Oggi abbiamo più ragionieri che negli anni ’80”.

Teo è d’accordo: “Molti ruoli saranno sostituiti dall’IA, ma questo non significa posti di lavoro. I nostri lavori sono pacchetti di ruoli”.

COSA PENSANO I PIÙ PESSIMISTI

Ma altri esperti non sembrano affatto condividere tutto questo ottimismo. “Quando Siri e Alexa sono state lanciate per la prima volta, hanno destato preoccupazione per la sicurezza del posto di lavoro in settori simili”, ha dichiarato Daan van Rossum, fondatore di FlexOS, una società di media con sede a Singapore incentrata sul lavoro. Tuttavia, “Nessuna di queste IA era nemmeno lontanamente simile a un essere umano. ChatGpt4-o cambia tutto questo. La differenza non può essere sottovalutata”.

E proprio a proposito di alcune professioni già citate, per van Rossum “le nuove funzioni vocali e di videocamera fanno miracoli per il potenziale di ChatGpt in ruoli come l’assistenza clienti”. Mentre secondo Ben Leong, professore di informatica presso l’Università nazionale di Singapore, pur essendo troppo presto per trarre conclusioni da una semplice dimostrazione, “l’attività degli interpreti subirà un’importante interruzione” perché “l’intelligenza artificiale è ottima per problemi ben definiti” e “la traduzione lo è”. Per l’esperto sarà invece molto più difficile sostituire l’assistenza clienti, l’insegnamento o la negoziazione.

E Duolingo, che si occupa di apprendimento delle lingue, sembra confermare queste impressioni. Lo scorso gennaio, infatti, ha eliminato il 10% dei suoi ruoli a contratto, affermando che l’IA generativa sarà utilizzata per creare più contenuti in futuro.

E LA QUESTIONE AMBIENTALE?

Ma tra l’isteria e l’entusiasmo che gravitano intorno all’intelligenza artificiale c’è un altro disastro di cui non si parla abbastanza: quello ambientale. Su questo non ci sono molti dubbi perché come ricorda Bbc “sappiamo che l’IA è più avida di energia rispetto alle attività informatiche tradizionali e che più diventa sofisticata, più richiede potenza di calcolo”.

Di quanto tale aspetto sia sottovalutato ha scritto anche a fine 2023 il Guardian, secondo cui l’impatto ambientale dell’IA “sarà, nel migliore dei casi, significativo e, nel peggiore, potrebbe essere davvero problematico”. L’articolo spiega infatti che “poiché i computer richiedono elettricità e le necessarie GPU (unità di elaborazione grafica) sono molto calde (e quindi hanno bisogno di essere raffreddate), la tecnologia consuma elettricità a un ritmo colossale. Il che, a sua volta, si traduce in emissioni di CO2 su larga scala”.

Per dare un’idea di cosa significa, il quotidiano britannico cita uno studio del 2019 che ha stimato l’impronta di carbonio dell’addestramento di un singolo modello linguistico di grandi dimensioni (Llm) come Gpt-2 in circa 300.000 kg di emissioni di CO2 – l’equivalente di 125 voli di andata e ritorno tra New York e Pechino. E questo era il 2019. Ma da allora i modelli sono diventati esponenzialmente più grandi e l’addestramento è solo una fase del ciclo di vita dell’IA generativa.

E se l’IA sarà davvero ovunque e presente nella quotidianità delle persone cosa succederà quando ci saranno milioni di interazioni al minuto?

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