Skip to content

Icinn Cultura

Che cosa faranno Usa, Ue e Cina sul digitale?

Mosse, obiettivi e scenari sul digitale tra Usa, Ue e Cina nell'intervento di Alessandro Albanese Ginammi e Marco Dell'Aguzzo

Il 2019 è stato un anno difficile per la tecnologia, utilizzata sempre di più spesso come strumento di violenza o di controllo da parte di governi e regimi in giro per il mondo (pensiamo ai casi delle proteste ad Hong Kong, in Cile o in Iran, solo per citare alcuni casi recenti).

In Europa, appena si è insediata la nuova Commissione europea, si è parlato di “sovranità digitale”, in opposizione al predominio delle big tech americane e cinesi. Ma anche gli Stati Uniti sono ripiegati su sé stessi così come la Cina, che vuole rendersi indipendente dai software stranieri.

La “sovranità digitale”, o “nazionalismo digitale”, minaccia la sana globalizzazione tecnologica e l’innovazione. Se questa tendenza alla gestione nazionale della rete da parte dello Stato dovesse continuare a diffondersi, finirà per alterare l’ecosistema tecnologico e consegnarci un mondo digitale più chiuso e molto diverso da quello a cui siamo stati abituati. Per il 2020 l’Istituto per la Cultura dell’Innovazione ha stilato una breve lista di quattro punti su cui riflettere.

1. Perché andare contro i giganti del web e non collaborarci?

Il 2019 è stato l’anno delle indagini sui GAFA (acronimo che sta per Google-Amazon-Facebook-Apple), sia negli Stati Uniti che nell’Unione europea, per verificare eventuali abusi di posizione dominante oppure per sanzionare le violazioni della privacy degli utenti. È lecito aspettarsene di nuove nel 2020? Sorge però una domanda, al momento senza una vera risposta: in che modo le multe potranno arginare la posizione dominante delle Big Tech americane? E anche ammesso che si arrivasse a scorporare queste aziende, in che modo l’ecosistema digitale ne gioverebbe? Basta “spezzettare” Facebook per garantire più concorrenza? Riflettiamo.

2. L’Europa si rinchiuderà nel protezionismo?

Secondo la nuova presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, l’Europa deve lavorare sulla propria “sovranità tecnologica” in un mondo dominato da imprese statunitensi e cinesi. La commissaria Margrethe Vestager avrà il compito di rendere l’Ue “pronta per l’era digitale”. Bisogna investire sull’innovazione, ha avvertito anche il commissario Paolo Gentiloni, per non diventare “colonia di multinazionali straniere”. Queste dichiarazioni farebbero pensare che Bruxelles voglia innalzare delle barriere protezionistiche per favorire la crescita di propri campioni tecnologici. Sarebbe forse un danno non solo alla libera concorrenza – e quindi al benessere dei consumatori – ma anche all’innovazione, che si fonda sulla collaborazione e non sull’isolamento.

3. Come regolare (bene) l’economia digitale?

Più che proporre un proprio modello economico, finora l’Unione europea ha puntato soprattutto sulla regolazione (si pensi al GDPR) e sulla tassazione delle grandi piattaforme, spinta anche dall’ambizione di fissare degli standard globali. Nel 2020 proseguirà su questa strada, ma si tratta di un’ambizione che non pare destinata a realizzarsi: in campo tecnologico l’Europa è un attore troppo più piccolo degli Stati Uniti e della Cina, che hanno un approccio molto diverso in materia di protezione dei dati o di concorrenza. Urge diventare abili nel dialogare con Stati Uniti e Cina e con le loro aziende.

4. Perché la Cina vuole andare avanti da sola?

Il politologo Ian Bremmer l’ha definita “la singola decisione geopolitica di maggiore impatto che sia stata presa negli ultimi decenni”. Si riferiva alla direttiva emessa a inizio dicembre dal Partito comunista cinese, che impone a tutti gli uffici pubblici di smettere di utilizzare hardware e software stranieri entro il 2022. Per fare un esempio, in tutti gli uffici governativi Windows e macOS dovranno essere sostituiti da un sistema operativo cinese. L’obiettivo di Xi Jinping è rendere la Cina indipendente dal punto di vista tecnologico. È una decisione che si inserisce nella guerra commerciale-strategica con gli Stati Uniti ma che ha una portata più ampia: il rischio che si corre è quello di uno splinternet, ovvero di un distaccamento della rete cinese dal World Wide Web.

Torna su