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Che cosa combinano in Italia Amazon, Facebook e Google

L’analisi di Dario Guarascio e Stefano Sacchi dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (Inapp) sull’attività in Italia delle piattaforme digitali Amazon, Facebook e Google Le piattaforme digitali possono essere distinte in piattaforme di capitale e piattaforme di lavoro. Le prime (si pensi ad Airbnb) connettono clienti con venditori (o locatori) che cedono in modo diretto…

Le piattaforme digitali possono essere distinte in piattaforme di capitale e piattaforme di lavoro. Le prime (si pensi ad Airbnb) connettono clienti con venditori (o locatori) che cedono in modo diretto beni di cui sono proprietari. Le seconde connettono invece in modo immediato clienti e prestatori di servizi che possono essere espletati nel mondo fisico (gig-work) o virtuale (on-demand work). A queste piattaforme vanno naturalmente aggiunte quelle operanti in settori come quello pubblicitario e del commercio al dettaglio come Google, Facebook e Amazon.

Seguendo Farrell e Greig (2016), è possibile identificare le caratteristiche salienti che accomunano
tutti i tipi di piattaforme digitali:

  • fornitura di un luogo online (piattaforma) ove offerta (prestatori di servizi o soggetti che offrono
    beni) e domanda entrano in diretto contatto abbattendo costi di ricerca e di transazione;
  • possibilità di operare attraverso la piattaforma in qualunque momento e, in molti casi, da
    qualunque luogo;
  • possibilità di pagare in ragione di una “contrattazione”, o per un prezzo prestabilito, microoperazioni
    che possono configurarsi quali minime componenti di mansioni più complesse;
  • intermediazione e gestione dei pagamenti per qualunque tipo di transazione.

L’avvento delle piattaforme digitali sta modificando rapidamente l’organizzazione di settori, mercati, imprese e relazioni lavorative. Il controllo di grandi masse di informazioni (rilevanti a fini economici) ha reso piattaforme globali come Google, Facebook o Amazon le prime imprese al mondo per capitalizzazione di borsa e quote di mercato in segmenti chiave come la pubblicità e la vendita al dettaglio. Similmente, il diffondersi di piattaforme che utilizzano Smartphone e App per organizzare l’erogazione di servizi espletati nel “mondo fisico” ha aperto inediti spazi alla concorrenza in settori protetti quale quello del trasporto privato su gomma. D’altra parte, il crescente peso economico e sociale delle piattaforme ha stimolato un acceso dibattito circa l’adeguatezza delle regolamentazioni esistenti in materia di concorrenza e tutela della privacy nonché di riconoscimento e tutela della natura e della qualità delle relazioni lavorative, in particolar modo per ciò che riguarda le piattaforme che organizzano servizi come il trasporto privato o la consegna di pasti a domicilio.

Negli anni recenti, l’Italia ha registrato un incremento rilevante dell’attività delle piattaforme digitali. Ad aumentare è stata sia l’attività delle piattaforme globali sia quella di imprese (di dimensioni più esigue, ma in forte crescita) che forniscono servizi come la consegna di pasti o l’intermediazione di domanda e offerta (mettendo a disposizione portali web disegnati a questo scopo) in settori quali, ad esempio, l’acquisto e la locazione di immobili.

Questo policy brief intende fornire una prima serie di evidenze empiriche circa la rilevanza economica delle piattaforme digitali operanti in Italia. L’analisi fa
riferimento a un segmento significativo del totale delle piattaforme digitali attualmente attive in Italia.

Le prime evidenze riguardano la dinamica dei ricavi e dei salari per dipendente di Amazon, Google e Facebook posti in relazione all’evoluzione delle stesse variabili nel settore merceologico ove queste piattaforme operano (figura 1).

I dati mostrano come per tutte le piattaforme prese in considerazione si osservi una significativa crescita sia dei ricavi sia dei salari per dipendente, a fronte di una riduzione o al più una crescita modesta di entrambi nei settori merceologici di riferimento (portali web perì Google e Facebook, logistica e consulenza imprenditoriale per Amazon). La crescita dei ricavi, tuttavia, sopravanza significativamente quella dei salari per Google, mentre ciò non avviene per Facebook e soprattutto per Amazon, dove il rapporto è invertito. I ricavi per dipendente per Google crescono inoltre molto più che per Facebook e Amazon, laddove queste sopravanzano la prima per quel che concerne la dinamica dei salari per dipendente.

Concentrando l’attenzione sull’occupazione (tabella 1), emerge come le piattaforme digitali siano caratterizzate da una relativamente bassa intensità occupazionale (a fronte della massiccia crescita in termini di ricavi mostrata in precedenza, Google e Facebook hanno rispettivamente 195 e 22 dipendenti dichiarati in Italia nel 2016). Questo dato è verosimilmente connesso alla natura tecnologica e organizzativa delle piattaforme digitali. Piattaforme come Google e Facebook offrono perlopiù servizi immateriali che possono essere replicati senza costi aggiuntivi una volta messi in rete.

Dunque, l’occupazione che questo tipo di piattaforme tende a generare è circoscritta a profili manageriali e tecnici (in particolare profili deputati alla cura della rete controllata dalla piattaforma e delle informazioni circolanti in essa).

 

 

(estratto da un report Inapp)

 

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