skip to Main Content

Chip

Perché la crisi dei chip torna a colpire il settore auto

La guerra in Ucraina ha messo di nuovo in crisi la filiera dei chip, spaventando i produttori automobilistici. L'impatto riguarderà soprattutto gli Stati Uniti, ma l'Unione europea non è al sicuro. Ecco fatti, rischi e scenari.

Il chip shortage spaventa l’automotive. Negli ultimi mesi la crisi dei chip sembrava aver allentato la sua morsa, dopo il picco seguito allo scoppio del conflitto in Ucraina. Tuttavia, la stessa guerra oggi rischia di aggravare nuovamente la situazione. Infatti, l’invio di nuovi aiuti potrebbe rendere i componenti più scarsi e cari. I primi ad essere colpiti dalla nuova crisi di chip e semiconduttori sarebbero gli Stati Uniti, ma l’Unione Europea non sarebbe certo immune. È in arrivo una nuova tegola per le auto, dopo il polverone sollevato dal Regolamento Ue?

LA CRISI DEI CHIP INCOMBE, DI NUOVO, SULLE AUTO

La scarsità di chip torna a incombere sulle case automobilistiche europee e statunitensi, dopo la recente approvazione di nuovi aiuti militari all’Ucraina. L’Unione Europea, che ha stanziato due miliardi di euro per l’acquisto e la consegna di munizioni. Sebbene queste non contengano chip, l’intensificarsi dello sforzo bellico potrebbe portare alla costruzione di nuovi macchinari.

La crescita della domanda rappresenta una cattiva notizia per i produttori di auto. Infatti, i componenti sono presenti nei sistemi elettronici di tutti i veicoli, in quantità differenti. Il numero cresce ad ogni tecnologia innovativa. Mediamente una macchina a motore endotermico ne contiene diverse centinaia, ma nelle Ev il numero aumenta in maniera rilevante.

PRIMA GLI STATI UNITI

In America il problema sta già assumendo dimensioni preoccupanti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’approvazione, da parte dell’amministrazione Biden, del nuovo sostanzioso pacchetto di aiuti militari all’Ucraina. Le aziende che producono armi attendono solamente il via libera del Governo federale per dare il via libera alla costruzione. Il nuovo sostegno militare degli Usa è quantificato in 400 milioni di dollari, che andranno principalmente in munizioni e missili.

L’intensificarsi degli aiuti rischia di avere importanti ripercussioni su diversi settori, in concorrenza con la difesa per accaparrarsi i microchip. In pole position troviamo automotive, seguita da macchinari e edilizia non residenziale.

Filiere che dovrebbero fare i conti con materie prime sempre più scarse e costose, a causa della maggiore concorrenza della difesa. Solo il commercio al dettaglio sembra poter reggere all’urto.

“Uno dei grandi problemi, ora che stiamo cercando di aumentare la base industriale militare, è avere abbastanza componenti elettronici. Per i settori in cui la domanda è ancora forte, stiamo ancora vedendo problemi di scarsità di materiali, e questi problemi richiederanno più tempo per risolvere”, ha dichiarato Jason Miller, professore associato di logistica presso la scuola di business della Michigan State University, intervistato da Reuters.

LE FABBRICHE A RISCHIO

Le fabbriche non sono immuni dalla crisi di chip e semiconduttori, come sa bene General Motors. Infatti, lo stabilimento dell’americana sito a Silao, in Messico, ha riaperto dopo più di una settimana di stop a causa della carenza di semiconduttori.

“Nel corso dell’ultimo anno, abbiamo assistito a un graduale miglioramento della nostra supply chain, compresi i semiconduttori. Interruzioni a breve termine continueranno ad accadere,” ha scritto il portavoce di GM, Dan Flores, in una e-mail inviata a Reuters.

Preoccupa anche la disponibilità di cemento, altro materiale che potrebbe vivere uno stress della domanda a causa dell’intensificarsi degli aiuti europei e statunitensi all’Ucraina. Se dovesse scarseggiare, sarebbero a rischio infrastrutture strategiche e fabbriche per la produzione di semiconduttori e Ev.

“Il cemento è probabilmente uno dei settori produttivi più resilienti al momento. La domanda non ha mostrato segni di raffreddamento”, ha affermato il professor Miller della Michigan State University.

L’ORIGINE DELLA CRISI

Il problema del chip shortage non è semplice da risolvere poiché ha radici profonde, che si estendono al di là della pandemia da Covid-19. Il fulcro della questione riguarda il processo di produzione dei chip, costoso e poco scalabile. Le stesse materie prime che li compongono provengono da poche aree geografiche, determinando una sorta di oligopolio dei minerali critici. Gli elevati costi spingono diverse case produttrici a prediligere chip di basso costo, che lasciano il posto a quelli di alta qualità in caso di emergenza, come pandemie e guerre appunto. Inoltre,

La diffusione del virus ha rappresentato la tempesta perfetta, provocando la crescita della domanda mentre paralizzava la supply chain globale. Inoltre, i produttori si sono trovati impreparati a far fronte alla crescita della richiesta, privi di sufficienti scorte. Al tempo stesso, i costi di germanio e silicio sono lievitati.

Una situazione che rischia di riproporsi in un futuro non troppo lontano.

(Articolo pubblicato su Energia Oltre)

Back To Top