Blockchain. È (o almeno dovrebbe essere) questa la bacchetta magica individuata dal ministero dello Sviluppo Economico per proteggere i prodotti italiani sui mercati internazionali. Prende il via il progetto pilota “La Blockchain per la tracciabilità del Made in Italy”, sviluppato dal dicastero guidato da Stefano Patuanelli (M5s), in collaborazione con Ibm. Ecco dettagli e polemiche.
I PRIMI PASSI
Tutto è stato avviato con il primo governo Conte, quando al Mise c’era Luigi Di Maio. A febbraio 2019, su iniziativa del ministero e con il coordinamento di Ibm, alcune importanti aziende del settore tessile hanno avviato un percorso per valutare se e come la tecnologia blockchain potesse aiutare la difesa dei prodotti italiani. Le aziende hanno superato diverse fasi di lavoro, in cui hanno condiviso le caratteristiche e le problematiche specifiche del settore tessile e han analizzato i progetti già realizzati con la tecnologia blockchain.
In questo percorso fatto a tappe, le aziende hanno anche analizzato l’attuale processo produttivo, focalizzandosi sui principali attori della filiera e sulle criticità da essi rilevate.
UNA PIATTAFORMA AD HOC
Con la collaborazione dell’azienda statunitense Ibm, è nata quindi una piattaforma condivisa Proof of Concept, che abilita specifiche funzioni di tracciabilità per attestare qualità, origine, etica e sostenibilità del prodotto in tutte le sue fasi di produzione. Fino al consumatore, che avrà così tutte le informazioni necessarie per un acquisto consapevole. La piattaforma Ibm è stata messa a disposizione delle aziende partecipanti via Cloud.
IL PROGETTO
E siamo, dunque, al progetto pilota presentato dall’attuale ministro Patuanelli, presso il Salone degli Arazzi del dicastero, nei giorni scorsi: “La Blockchain per la tracciabilità del Made in Italy”. Il sistema rappresenta, come spiega il Mise, “modello sperimentale che risponde a precisi bisogni e che può crescere con un approccio progressivo e una visione di lungo termine, oltre a risultare di facile replicabilità in altri contesti industriali”.
L’OBIETTIVO
La blockchain dovrà aiutare aziende e governo nella difesa dei nostri prodotti sui mercati internazionali, nella lotta alla contraffazione e contribuire alla competitività delle imprese manifatturiere sfruttando il potenziale abilitante del digitale.
PERCHE’ LA BLOCKCHAIN?
La scelta della tecnologia non è casuale, spiega il ministero: “di fronte a uno scenario che mette in luce una frammentarietà di sistemi, approcci e iniziative, la Blockchain mette a disposizione caratteristiche da paradigma di riferimento con cui garantire la standardizzazione, l’immutabilità e l’autenticità di dati e documenti, la loro sicurezza, la riduzione dei contenziosi sulle transazioni e l’automazione dei processi, con un deciso miglioramento della produttività complessiva”.
BLOCKCHAIN PER GARANTIRE TRACCIABILITÀ
“L’uso della Blockchain è l’innovazione che può consentire alle nostre imprese di garantire i propri prodotti, differenziandoli in termini di qualità e sostenibilità. Questo permetterà ai consumatori di scegliere con la massima consapevolezza, garantendo alle aziende un ritorno importante in termini di fiducia”, ha commentato il progetto Enrico Cereda, presidente e amministratore delegato di Ibm Italia.
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LA VERIFICA
Il sistema di blockchain ha un registro distribuito, che può essere letto e modificato da più nodi di una rete. Per validare le modifiche da effettuare al registro, in assenza di un ente centrale, i nodi devono raggiungere il consenso.
In questo progetto, come si legge nel documento di sintesi, i nodi sono due: quello delle autorità e quello dei brand. Questo significa che saranno, insieme, le autorità a controllare, valutare e certificare il materiale tessile fornito dalle diverse aziende.
NON SOLO TESSILE
La sperimentazione parte dal settore tessile, ma il Mise sarebbe pronto ad estendere il progetto anche ad altre filiere, dopo aver valutato le eventuali opzioni di sviluppo della tecnologia.
LE PAROLA DI STEFANO PATUANELLI
“Stiamo lavorando a livello europeo nell’ambito della European Blockchain Partnership al fine di esportare il modello italiano di protezione delle filiere produttive attraverso le tecnologie emergenti. Pensiamo che in questo ambito il nostro Paese possa giocare un ruolo di leader a livello comunitario”, ha dichiarato Stefano Patuanelli, Ministro dello Sviluppo Economico.
NON E’ BLOCKCHAIN
Sull’iniziativa ci sono state alcune critiche. Secondo Marco Cavicchioli, docente, fondatore de ilBitcoin.news e collaboratore del Cryptonomist, la parola blockchain è usata, in questo caso, in maniera impropria. “Il problema nasce dal fatto che il termine blockchain viene utilizzato come sinonimo di registro distribuito, mentre invece i due significati non sono affatto sovrapponibili”, scrive Cavicchioli in un articolo ripreso su Tiscali Notizie. “Nel caso specifico del progetto del MiSE ad esempio il registro distribuito utilizzato manca di una caratteristica fondamentale per essere definito “blockchain” in senso stretto: la decentralizzazione. Ovvero è gestito da Ibm in modo non aperto, e non pubblico, pertanto non può essere definito come decentralizzato”.
A fare da eco, su Twitter, è Stefano Zanero, professore del Politecnico di Milano ed esperto di cyber-security, che ha scritto: “La blockchain per il made in Italy. Che in realtà non è una blockchain, non è aperta, e non è distribuita ma è centralizzata (lo dicono loro stessi!!!). In sostanza è mysql”.
“Il Mise sceglie la “blockchain” per tutelare il made in Italy. Peccato che sia una “blockchain” non aperta, non pubblica e non decentralizzata. In pratica non una blockchain, ma un database qualunque Allora il dubbio che viene è: “cosa ci stanno a fare i 30 esperti del gruppo di blockchain del MISE”? (a parte metterlo – alcuni – come unica riga del curriculum)”, ha sottolineato su Facebook Massimo Carducci, Chief innovation officer presso Engineering Ingegneria Informatica e professore presso le Università di Pavia e Torino.
E’ UNA BLOCKCHAIN PRIVATA
“ (…) le blockchain private sono una realtà e nascono con le community di Hyperledger ”, risponde a Zanero, Francesco Palanza, account manager presso Oracle Digital.
Articolo un po’ presuntuoso. Condivido che ormai blockchain venga usata anche per ordinare panini al macdonald,ma le blockchain private sono una realtà e nascono con le community di Hyperledger
— Francesco Palanza (@NeanderPal) November 20, 2019