La nuova sfida lanciata dai giganti del digitale, da PayPal ad Amazon, all’economia classica è sul fronte dei servizi bancari. Negli ultimi mesi PayPal sta contattando gruppi di utenti per offrire loro funzioni bancarie di base da aggiungere al loro portafoglio digitale. Le funzioni includono l’assicurazione Federal Deposit Insurance per i loro bilanci, una carta di debito che può essere utilizzata per ritirare soldi tra gli atm (automatic teller machine) e la capacità di effettuare un deposito diretto dei loro stipendi attraverso una foto via smartphone. Il punto è che PayPal non ha una licenza bancaria statunitense. La Federal Deposit Insurance non garantisce protezione ai fondi non depositati tra banche e Visa e Mastercard autorizzano l’emissione, da parte delle banche, solo di carte che funzionano sulle loro reti.
Proprio per questi motivi PayPal si è rivolta a un mix di piccole banche che sono rimaste anonime. Ha siglato accordi con una banca del Delaware per l’emissione di carte di debito e con una della Georgia per i depositi degli stipendi. Con quelle dello Utah ha siglato un accordo per fare prestiti a consumatori e piccole imprese. Gli utenti dovranno pagare una commissione per ritirare i soldi dagli atm che non fanno parte della rete PayPal, insieme all’1% di ogni stipendio depositato attraverso una foto del cedolino effettuata con il proprio smartphone. Non ci sono commissioni mensili e neanche un requisito minimo di bilancio per poter utilizzare i nuovi servizi.
Invece venerdì 6 aprile Amazon ha svelato un piano per utilizzare il suo assistente virtuale Alexa come metodo di pagamento tra persone. L’idea di Amazon è ancora molto embrionale e l’assistente avrebbe bisogno probabilmente di più informazione sui conti bancari degli utenti per poter effettuare le transazioni. Rientrerebbe, comunque, nella strategia di Jeff Bezos di espandersi nel business bancario e finanziario.
Amazon sta già lavorando per aggiungere altre opzioni per pagamenti ad Alexa, tra cui una che consente agli autisti di pagare il gasolio al distributore solo con l’uso della voce. La società sta cercando di entrare nel circuito dei pagamenti nei negozi e sta parlando con le grandi banche, come JpMorgan, per realizzare un prodotto di verifica del conto. Amazon si è anche ristrutturata internamente per aggiungere il suo portafogli digitale, Amazon Pay, al team che supervisiona Alexa. Se il gruppo di Jeff Bezos dovesse riuscire nel suo intento (o ottenere accordi migliori dalle compagnie di carte di credito e debito) potrebbe risparmiare circa 250 milioni di dollari di commissioni ogni anno.
Una prima sfida alle banche è stata lanciata con Amazon Lending, che ha superato i 3 miliardi di dollari di prestiti alle piccole imprese dal 2011, anno del suo lancio, al 2017. Nel 2017 il gigante di Seattle ha prestato oltre 1 miliardo di dollari. In totale, dal 2011 allo scorso anno, 20 mila piccole imprese dislocate in Giappone, Gran Bretagna e Usa, dove le grandi banche sono ancora dominatrici, hanno ricevuto questi finanziamenti.
E poi c’è Square, finanziaria di Jack Dorsey, fondatore di Twitter, che vuole chiedere l’autorizzazione per creare una banca industriale nello Utah. La divisione offrirebbe prestiti e conti di deposito alle pmi e potrebbe essere la terza compagnia del fintech a chiedere una licenza bancaria, dopo Social Finance e Varo Money. Dorsey vuole approfittare di un clima favorevole negli Usa per questo tipo di operazioni, con i regolatori federali che stanno dando la loro benedizione alla maggior parte delle nuove banche nate con la crisi finanziaria. Il rilascio di queste autorizzazioni ha rappresentato un tema controverso in passato. Circa 10 anni fa anche Wal-Mart aveva fatto richiesta per creare una propria banca, ma era stata travolta dalle critiche, ma ora i tempi sono cambiati. I giochi sono aperti e l’Europa difficilmente rimarrà solo a guardare.
(articolo pubblicato su Mf/Milano finanza)