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Apple Vision Pro

Apple Vision Pro, le app che non si faranno vedere sul visore di Cupertino

Chi sborserà 3.500 dollari per l'Apple Vision Pro non vi troverà installate tre delle app più diffuse: Netflix, Spotify e YouTube. Mentre tra quelle che hanno scommesso sulla piattaforma di Cupertino ben poche proporranno contenuti ad hoc. La Mela non dovrà convincere solo il pubblico della bontà della propria intuizione, ma pure le terze parti

Manca ormai pochissimo al debutto (negli Usa si affaccerà nei negozi a partire dal prossimo 2 febbraio) di Apple Vision Pro, la periferica voluta a tutti i costi da Cupertino con la quale potrà infine sbarcare in un mercato – quello dei visori e del metaverso – di certo non in ottima salute e che ha fatto già perdere parecchi soldi a diverse Big Tech che, prima dell’azienda guidata da Tim Cook, hanno deciso di scommetterci su (su tutte, Meta).

LE APP ASSENTI SULL’APPLE VISION PRO

Forse anche questo ha spinto diverse software house di spicco a restare alla finestra per capire se sia il caso di intraprendere tale strada o lasciare perdere. Gli utenti che hanno già sborsato (almeno) 3.499 dollari e il prossimo 2 febbraio, giorno della Marmotta, si vedranno recapitare l’Apple Vision Pro non troveranno alcune delle app più note e scaricate.

LO SCETTICISMO DI NETFLIX

A iniziare da Netflix. Il co-CEO della piattaforma di video streaming Greg Peters in merito è stato tanto trasparente quanto, per Cupertino, ferale: “Al momento il dispositivo è così marginale che non è particolarmente rilevante per la maggior parte dei nostri abbonati”.

“Cerchiamo – ha aggiunto Peters – di essere molto rigorosi nelle nostre decisioni”. E, ancora: “dobbiamo stare attenti a non investire in luoghi che attualmente non rendono”. Una scelta che agli occhi di Cupertino apparirà pavida, ma che in realtà ha in germe anche aspetti coraggiosi dato che il colosso dello streaming accetta di lasciare il campo libero su Apple Vision Pro alle rivali Discovery+, Prime Video, Paramount+ e Disney+ che invece hanno deciso di credere nel visore della mela morsicata.

L’ESERCITO DELLA PIATTAFORMA DELLO STREAMING

Di sicuro però è una partenza in salita per Apple Vision Pro non poter contare sui 260 milioni di abbonati Netflix. Non dimentichiamo che la piattaforma ha aggiunto 13,1 milioni di abbonati nel quarto trimestre del 2023, contro i 7,7 milioni nel quarto trimestre del 2022, segnando sotto quel punto di vista la trimestrale migliore di sempre in termina di crescita della propria utenza.

LE ALTRE ASSENTI NELLA LINE UP DELL’APPLE VISION PRO

Ma Netflix non è il solo colosso che Cupertino dovrà conquistare. All’appello mancano pure YouTube e Spotify, due delle app più in voga tra giovani e giovanissimi. Il tempio online della musica ha registrato un risultato operativo nel terzo trimestre di 32 milioni di euro, primo dato positivo dal 2021, grazie a un margine lordo più elevato e a una riduzione dei costi di marketing e del personale e a quanto pare ha ritenuto saggio non lanciarsi nel dispendioso sviluppo di app ad hoc per il visore di Cupertino.

Nel medesimo periodo ricordiamo che il numero di utenti attivi mensili di Spotify è aumentato del 26% a 574 milioni nel terzo trimestre, mentre gli abbonati premium, che rappresentano la maggiore voce di entrata dell’azienda, sono aumentati del 16% a 226 milioni, con ricavi complessivi cresciuti dell’11% a 3,36 miliardi di euro.

DUBBI ANCHE SULLE APP PRESENTI

In totale l’Apple Vision Pro potrà comunque contare su 46 app molto popolari, tra le più diffuse nel circuito degli smartphone e dei tablet. Ma sono davvero poche quelle che, come per esempio Disney+, appronteranno contenuti studiati per la fruizione della nuova tecnologia: la maggior parte si limiterà a proporre versioni già fruibili su altri dispositivi non indossabili.

Apple insomma coi dati di vendita dovrà dimostrare la bontà della sua intuizione tanto a chi ha deciso di essere della partita ma in modo pigro e svogliato quanto alle big che per il momento siedono in panchina. Un bel contrappasso per il gigante di Cupertino ritrovarsi a inseguire le software house per animare la propria periferica dato che negli anni è stata accusata a più riprese di imporre agli sviluppatori balzelli fin troppo elevati per apparire sulla vetrina del proprio Store digitale.

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