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Apple si è fatta dettare il piano industriale da Trump?

Seguendo l'annuncio di Trump, Apple ha reso noto di voler investire più di 500 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni e ha promesso 20mila assunzioni.

La sensazione che i colossi Usa del tech stiano rivoluzionando i propri piani industriali per far felice Donald Trump era già emersa in relazione a Meta. La realtà di Mark Zuckerberg, dopo le mille manovre (con tanto di nomine nel board) per avvicinarsi il più possibile al nuovo inquilino della Casa Bianca ed avere sbandierato di essere pronta a mettere sul piatto tra i 60 e i 65 miliardi di dollari per potenziare la sua capacità computazionale (annuncio diramato sempre nei frenetici giorni immediatamente successivi all’insediamento di The Donald) ha infatti lasciato intendere di avere cambiato rotta accantonando il metaverso, buco nero per miliardi di dollari finora senza alcun risultato pratico.

Allo stesso modo, dopo che il presidente Usa aveva incontrato Tim Cook rivelando che Apple si era ufficialmente impegnata per un “investimento colossale” negli Usa, il giornalista Mark Gurman di Bloomberg ha rivelato che, secondo le informazioni in suo possesso Cupertino starebbe per compiere una inversione a “U” su uno dei device sui quali fino all’altro ieri pareva invece volere investire: gli occhiali per la realtà aumentata.

TRUMP DETTA I PIANI INDUSTRIALI AD APPLE E A META?

In una situazione in cui il mondo tecnologico è parecchio liquido e innovazioni come l’Intelligenza artificiale sparigliano continuamente le carte, i cambi di rotta improvvisi, per lo più a inizio anno, non devono sorprendere. Certo è che le incognite dei dazi trumpiani si aggiungono all’incertezza generale, specie per le aziende come Apple che, è noto, hanno in Asia un mercato importante da presidiare e, soprattutto, hub produttivi e filiere di valore. Ma la situazione potrebbe presto cambiare.

L’INCONTRO TRA TRUMP E TIM COOK

A seguito dell’incontro tra Trump e il Ceo di Apple, il presidente statunitense ha affermato che Cupertino avrebbe già “bloccato due stabilimenti in Messico” per dirottarne parte della produzione negli USA. Proprio come aveva chiesto il tycoon.

Con soddisfazione, The Donald ha anche svelato che Cook avrebbe rinnovato la promessa fatta diverse settimane fa di investire centinaia di milioni di dollari in patria. Il motivo? Lo ha svelato lo stesso Trump, che non nega di portare avanti, dentro e fuori i confini nazionali, una politica caratterizzata da prepotenza e ricatti: “non vogliono rientrare nei dazi”.

TUTTI I NUMERI DEGLI INVESTIMENTI AMERICANI DI APPLE

Cupertino dopo qualche ora di silenzio di troppo ha infine fatto sapere di essere pronta a investire più di 500 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni, promettendo 20mila assunzioni. Si tratta, sottolineano da Apple, del “più grande impegno economico” mai preso dalla software house che aprirà un nuovo stabilimento di produzione a Houston per server che supportino Apple Intelligence, produrrà silicio avanzato nella struttura Fab 21 di Tsmc in Arizona, raddoppierà il suo US Advanced Manufacturing Fund dalla capienza attuale di 5 miliardi di dollari, creando al contempo un’accademia nel Michigan per formare la ventura generazione di ingegneri hi-tech statunitensi.

APPLE IN FUGA DALLA CINA

Per compiacere Trump, la Mela morsicata starebbe poi accelerando la propria exit strategy dalla Cina. Resta da capire se potrà tener fede ai piani originari che volevano che al disimpegno nel Dragone corrispondesse l’intensificarsi della produzione indiana: con la costruzione di iPhone in India destinata a passare dall’attuale 15% al 25% stimato entro il 2028 (dati JPMorgan e Bank of America).

MA LA CINA NON CI STA

L’avvio della collaborazione con l’indiana Tata Electronics non piace alla Cina che subodora che quest’ultima possa soppiantarla anche nella produzione dei chip per gli iPhone di futura generazione. Per questo, secondo quanto riportato dal Ft, la Cina starebbe aumentando gli ostacoli burocratici nei riguardi degli ingegneri specializzati che intendono lasciare il Paese. Maggiori controlli doganali anche sull’esportazione dei macchinari, peraltro programmati in cinese e pertanto utilizzabili solo da chi conosce bene la lingua. Tra le aziende colpite dalle restrizioni figurerebbero anche Foxconn e Luxshare, entrambe fornitrici di Apple. Inoltre nell’ultimo periodo si sarebbero registrati rallentamenti insoliti e immotivati proprio alle attività doganali.

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