Nell’ultimo periodo c’è un attore che si sta imponendo sempre più nei radar delle Big Tech occidentali che hanno interessi in Asia: l’India. Le ragioni sono molteplici e vanno dalla geopolitica (non è un mistero che tra Pechino e Washington i rapporti non siano idilliaci e potrebbero persino peggiorare a seconda dell’esito delle presidenziali americane) a fattori meramente economici, perché l’India non solo ha lo stesso numero di abitanti (e quindi di potenziali utenti) della Cina, ma si è instradata verso il medesimo boom economico.
PEGATRON ESCE
Pegatron, uno dei produttori storici di iPhone, starebbe vendendo il controllo delle sue operazioni a Chennai, la vecchia Madras, nello stato meridionale del Tamil Nadu, dove ha uno stabilimento che produce 5milioni di iPhone l’anno, a Tata, conglomerata di Mumbai con interessi che spaziano dall’acciaio agli hotel di lusso, dal sale al software, dalle automotive all’energia. La notizia è stata riportata dall’agenzia Reuters, citando due fonti anonime vicine al dossier secondo cui il Gruppo Tata intenderebbe acquisire almeno il 65% della joint venture con la società taiwanese attraverso Tata Electronics, una delle sue numerose controllate.
TATA CENTRALE PER GLI AFFARI INDIANI DI APPLE
Al momento Pegatron è una delle tre società che producono in India gli smartphone della casa di Cupertino assieme alla taiwanese Foxconn e, appunto, alla stessa Tata. Lo scorso autunno il colosso indiano aveva rilevato le attività indiane della Wistron Technologies, il primo fornitore taiwanese di Apple ad aver aperto uno stabilimento di assemblaggio in India nel 2017. Per la precisione in Karnataka, lo Stato del sud che ha per capitale Bangalore.
Il gruppo di Mumbai sta costruendo un altro stabilimento, a Hosur, nel Tamil Nadu, pare in joint venture con Pegatron. Secondo le stime degli analisti, quest’anno l’India potrebbe arrivare a produrre il 20-25% degli iPhone messi sul mercato contro il 12-14% dello scorso anno. Parallelamente Pegatron si sta progressivamente allontanando da Apple: occorre ricordare che lo scorso anno ha ceduto il controllo di uno stabilimento in Cina a Luxshare con un’operazione da 290 milioni di dollari.