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Apple Ue Spotify

Tutte le pene di Apple e Google fra Ue e Usa

Le regole "anti-steering" di Apple sono volte a impedire alle piattaforme terze di promuovere in modo adeguato alternative di pagamento sotto la lente della Commissione Ue. Negli Usa Google chiude la controversia su Play Store risarcendo 700 milioni ai consumatori.

Non c’è solo la vittoria californiana di Epic Games su Google a minacciare di ridisegnare le politiche con cui pochi colossi gestiscono, per lo più col pugno di ferro, i principali store on line di software e applicazioni. Secondo quanto riportato da Bloomberg, infatti, la diatriba tra Apple e Spotify potrebbe avere una eco inattesa, con tanto di maxi contravvenzione europea (fino a 40 miliardi) ai danni della realtà di Cupertino.

L’APPLE STORE SOTTO INDAGINE DELLA UE

La Ue vuole infatti vederci chiaro sulle politiche di Apple denunciate, tra le tante, da Spotify, attraverso le quali la realtà fondata da Steve Jobs ha impedito ai servizi concorrenti di inserire link in-app di terze parti per i propri abbonamenti. In gergo si chiamano pratiche “anti-steering” e vietano alle piattaforme di terze parti di promuovere o anche solo segnalare le alternative di pagamento.

In realtà qualche passo avanti è stato fatto: una modifica, valida per le cosiddette “reader app”, è stata introdotta in seguito all’accordo con l’autorità antitrust giapponese e permette a Spotify e ad altri servizi di streaming musicale di inserire un link nelle app che porta a un sito esterno allo store di Cupertino.

CHI MUGUGNA PER LE POLITICHE DI CUPERTINO

Per Spotify, ma anche per Deezer e Basecamp,  le restrizioni ai pagamenti alternativi al sistema proprietario di Apple che caratterizzano chi voglia sfruttare la vetrina dell’App Store costringono le aziende ad aumentare i prezzi per compensare la trattenuta del 15% da parte di Apple sugli abbonamenti.

In maniera non troppo dissimile da quanto lamentato da Epic Games di Fortnite nella sua causa contro Google (Mountain View trattiene dal 15 al 30%) viene fatto notare come il pagamento tramite browser per eludere il balzello non sia praticabile per via dei blocchi. La sola, insomma, è passare dai canali ufficiali predisposti dal proprietario del negozio lasciando una percentuale a titolo di commissione.

LA CAUSA TRA APPLE ED EPIC GAMES

Non dimentichiamo che Epic Games ha ingaggiato la propria battaglia su due fronti, Google e appunto Apple. Anche in quel caso la software house dietro a uno dei videogiochi più venduti degli ultimi anni, Fortnite, si era appellata a giudici e autorità di vario tipo, ordine, grado e Paese per richiedere un trattamento più equo  rispetto alla tassa imposta dai gestori degli store sul transato.

Epic ha già ottenuto un primo giudicato favorevole dalla Corte della California che si è espressa contro le regole “anti-steering” promosse da Apple. Il giudice Yvonne Gonzalez-Rogers ha vietato ad Apple condotte volte a bloccare la possibilità degli sviluppatori di deviare la monetizzazione delle microtransazioni dallo store principale verso sistemi indipendenti. La casa di Cupertino ha subito deciso di ricorrere alla Corte Suprema degli Stati Uniti anche sulla base di questioni procedurali relative alla competenza del foro adito.

Com’è noto, la Ue ha una delle legislazioni più restrittive in materia di concorrenza e abuso di posizione dominante, con sanzioni che possono raggiungere il 10% del fatturato annuale dell’azienda ritenuta gatekeeper e, dunque, potenzialmente un collo di bottiglia alla libera concorrenza.

Ma a parte la sanzione, ormai in grado di essere fastidiosa anche per colossi del calibro dell’azienda guidata da Tim Cook, se la Commissione Ue si dovesse esprimere a favore delle software house che sfruttano le vetrine di Apple per una maggiore libertà sulle modalità di pagamento, sarebbe possibile dire addio una volta per tutte alle pratiche anti-steering, con possibili abbassamenti dei prezzi e dunque benefici per i consumatori. La decisione di Bruxelles è attesa per l’inizio del 2024.

EPPUR SI MUOVE

Qualcosa ha iniziato a muoversi pure negli Usa, dove come si ricordava Google era stata accusata da Epic Games di aver imposto prezzi eccessivi su Android con restrizioni ritenute illegali sulla distribuzione delle app e di aver inserito delle tariffe inutili per le transazioni.

Per archiviare la causa Alphabet ha accettato di versare 700 milioni (630 milioni confluiranno in un fondo di compensazione per i consumatori, mentre altri 70 milioni andranno agli Stati) e si è impegnata a consentire una maggiore concorrenza su Play Store. A colpi di multe, carte bollate e risarcimenti, insomma, gli store digitali stanno lentamente cambiando.

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