Sta diventando un triste rimpiattino a favore di telecamera la vicenda che divide in modo sempre più vistoso le politiche aziendali di Apple, gioiello della corona hi-tech dell’industria a stelle e strisce e Donald Trump. Nelle scorse settimane la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, aveva espressamente dichiarato che il presidente Usa apprezzerebbe molto se Cupertino trasferisse la propria filiera produttiva, oggi radicata in Cina, negli Usa. In tutta risposta Apple, per sfuggire alla guerra dei dazi che la Casa Bianca ha fatto scoppiare contro il resto del mondo, accanendosi in particolare sui prodotti made in China, ha organizzato un frettoloso trasloco dalla Cina all’India, spedendo quanti più device negli States per aumentare le scorte a propria disposizione.
TRUMP HA COLPITO I PAESI ASIATICI IN CUI APPLE HA GLI STABILIMENTI
Mosse per la verità in atto già da tempo ma accelerate fino all’estremo sotto Trump che non sono affatto piaciute all’attuale inquilino della Casa Bianca che utilizza i dazi tanto come arma esterna, quanto come metodo di persuasione interno, convinto che gli States possano sostituirsi in pochissimo tempo agli impianti e ai fornitori che aziende americane come Apple hanno ai quattro angoli del globo, in particolare in Asia. Si spiega perché tra i Paesi contro cui si è accanita la nuova amministrazione vi siano Cambogia e Vietnam, sempre più spesso parte della ramificazione produttiva delle Big Tech. La stessa Apple in Vietnam produce iPad, Mac, Apple Watch e AirPods.
QUELLA VECCHIA RISPOSTA DI COOK CHE FA MALE ALL’ORGOGLIO USA
Non è la prima volta che Apple viene accusata di ‘portare il lavoro altrove’, tant’è che negli anni passati era stato lo stesso Ceo, Tim Cook, a spiegare perché la Mela morsicata oggi ha gran parte della propria produzione in Asia (guardando ai soli iPhone, almeno l’80 per cento è made in China): “C’è molta confusione su questo punto. L’opinione comune è che le aziende vadano in Cina per il basso costo del lavoro. Non so in quale parte della Cina si guardi, ma la verità è che la Cina ha smesso da anni di essere un Paese a basso costo del lavoro. Il motivo è un altro: le competenze.” Quindi il top aveva tracciato un paragone impietoso per gli States: “Negli Stati Uniti potremmo forse riempire una stanza con ingegneri specializzati negli utensili. In Cina si possono riempire campi da football. Il livello di specializzazione professionale è enorme.”
I DAZI DI TRUMP COSTERANNO AD APPLE 900 MILIONI IN UN TRIMESTRE
Inutile dire che questa vecchia dichiarazione oggi continua a rimbalzare sui media statunitensi, costituendo una sorta di risposta indiretta di Apple a Trump. La risposta diretta e attuale Tim Cook l’ha invece fornita a inizio maggio, presentando gli ultimi risultati finanziari del gruppo: “Stimiamo che l’impatto aggiungerà 900 milioni di dollari ai nostri costi” ha detto l’amministratore delegato parlando del fuoco amico dei dazi americani e riferendosi al solo trimestre in corso. “Questa stima non dovrebbe essere utilizzata per fare proiezioni per i trimestri futuri, poiché ci sono alcuni fattori unici che favoriscono il trimestre di giugno”, ha avvertito Cook.
NESSUNO SI FIDA DEL CESSATE IL FUOCO
La maratona negoziale di due giorni tra Washington e Pechino in quel di Ginevra ha portato a una sorta di cessate il fuoco commerciale: gli Stati Uniti hanno accettato di ridurre i dazi sui prodotti cinesi al 30%, mentre la Cina abbasserà i propri al 10%, con una riduzione da ambo i lati che va ben oltre i 100 punti percentuali.
Questo permette ad Apple di tirare un sospiro di sollievo e probabilmente di veder riassorbire la maggiore spesa per 900 milioni preventivata sul finire della prima trimestrale dell’anno, ma l’imprevedibilità di Trump è nota tanto ai cinesi quanto a Cook, per questo difficilmente Cupertino rivoluzionerà ancora la propria filiera. Anzi, utilizzerà il tempo bonus proprio per accelerare il trasloco dalla Cina all’India. Già ora gli stabilimenti di produzione di iPhone in India producono oltre 40 milioni di unità all’anno, circa il 20% della produzione annuale di Apple.
TRUMP STRIGLIA APPLE CHE FA L’INDIANA
E questo a The Donald non è piaciuto affatto: “Ieri ho avuto un piccolo problema con Tim Cook – ha detto Trump parlando di Apple da Doha secondo quanto ha riportato Bloomberg – Gli ho detto: ‘amico mio, ti ho trattato molto bene, sei venuto qui con 500 miliardi di dollari [il colossale piano di investimenti portato in dote da Cupertino al primo incontro col nuovo presidente Usa ndR] ma adesso ho sentito che stai costruendo in tutta l’India. Non voglio che tu costruisca in India”. “Non ci interessa che tu costruisca in India – ha aggiunto Trump parlando sempre del ceo di Apple – L’India sa badare a se stessa, vogliamo che tu costruisca qui”. Il messaggio del presidente americano non poteva essere più chiaro di così. Apple continuerà a fare l’indiana?