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App per il ciclo mestruale, da strumento di emancipazione a strumento di controllo?

Solo le tre app più popolari per il tracciamento del ciclo mestruale hanno registrato circa 250 milioni di download globali nel 2024 e si stima che la femtech raggiungerà oltre 60 miliardi di dollari entro il 2027. Inserzionisti, broker di dati e Big Tech si sfregano le mani ma un report dell'Università di Cambridge lancia l'allarme sui rischi che corrono le donne. Fatti e commenti

 

Quanto valgono i dati personali? Molto, anche se li regaliamo senza pensarci troppo. Per l’Università di Cambridge, quelli delle donne nelle app per il ciclo mestruale sono una vera e propria “miniera d’oro” per la profilazione commerciale, mettendo a rischio la loro stessa sicurezza. In particolare, si ritiene che i dati sulla gravidanza siano oltre 200 volte più preziosi rispetto a quelli su età, genere o localizzazione per la pubblicità mirata.

“I dati sul tracciamento mestruale vengono usati per controllare le vite riproduttive delle persone. Non dovrebbero essere lasciati nelle mani delle aziende private”, ha affermato la dottoressa Stefanie Felsberger, principale autrice del report pubblicato dal Minderoo Centre for Technology and Democracy di Cambridge.

Stando, infatti, a indagini condotte da media, Ong e associazioni dei consumatori, le app per il tracciamento del ciclo condividono dati con terze parti, dagli inserzionisti ai broker di dati fino a colossi tecnologici come Facebook e Google.

STRUMENTO DI EMANCIPAZIONE (O DI CONTROLLO?)

“Le app per il tracciamento del ciclo mestruale sono presentate come strumenti per l’emancipazione femminile e per colmare il divario sanitario di genere – ha spiegato Felsberger -. Eppure, il modello di business alla base dei loro servizi si fonda sull’uso commerciale dei dati, vendendo informazioni e analisi a terze parti per profitto”.

“Esistono rischi reali e preoccupanti per la privacy e la sicurezza delle donne a causa della mercificazione dei dati raccolti dalle aziende che sviluppano app per il tracciamento del ciclo”, ha aggiunto.

Il report sostiene infatti che il valore economico di questi dati sia “ampiamente sottovalutato” dagli utenti, che forniscono dettagli estremamente intimi a società orientate al profitto in un mercato privo di regolamentazione.

QUALI RISCHI

In particolare, gli autori avvertono che se i dati delle app per il tracciamento del ciclo finiscono nelle mani sbagliate possono comportare “rischi per le prospettive lavorative, monitoraggio sul posto di lavoro, discriminazione nell’assicurazione sanitaria e cyberstalking – oltre a limitare l’accesso all’aborto”.

Sebbene infatti sia nel Regno Unito che nell’Ue questi dati sono considerati “categoria speciale”, come quelli genetici o etnici, e godono di maggiori tutele legali, il report evidenzia come oltremanica alcune app per la salute femminile siano state usate per denunciare donne che hanno avuto accesso illegale a servizi di aborto.

E negli Stati Uniti, dove tali dati sono regolamentati solo come “benessere generale” e non ricevono protezioni speciali, sono stati raccolti da alcuni funzionari nel tentativo di ostacolare l’accesso all’aborto.

I DATI (D’ORO) SULLA GRAVIDANZA

Poiché la maggior parte di queste app è destinata a donne che desiderano una gravidanza, afferma il report, già solo i dati di download hanno un enorme valore commerciale perché – insieme all’acquisto di una casa – nessun altro evento di vita è associato a cambiamenti così drastici nel comportamento dei consumatori.

Si ritiene infatti che i dati sulla gravidanza siano “oltre 200 volte più preziosi rispetto a quelli su età, genere o localizzazione per la pubblicità mirata”.

NUMERI E PREVISIONI SULLA FEMTECH

Ecco perché gli autori invitano a una migliore governance dell’industria in forte espansione della femtech – ovvero prodotti digitali focalizzati sulla salute e il benessere femminile – per proteggere gli utenti quando i loro dati vengono venduti su larga scala.

Stando al report, solo le tre app più popolari di tracciamento del ciclo hanno registrato circa 250 milioni di download globali nel 2024 e si stima che la femtech raggiungerà oltre 60 miliardi di dollari entro il 2027, con le app che rappresentano metà di questo mercato.

“L’uso delle app per il tracciamento del ciclo è al massimo storico – ha detto la professoressa Gina Neff, direttrice esecutiva del Minderoo Centre di Cambridge -. Le donne meritano di meglio che vedere i propri dati mestruali trattati come dati di consumo, ma un futuro diverso è possibile”.

Secondo gli esperti sarebbe necessaria anche una maggiore alfabetizzazione digitale fin dalla scuola.

FARE BUON USO DI QUESTI DATI

Per gli studiosi, questa “miniera d’ora”, con l’intervento delle autorità sanitarie, potrebbe essere impiegata decisamente meglio. Il loro suggerimento infatti è sviluppare un’app pubblica trasparente e affidabile, utile anche per la ricerca medica.

“Le app collocate all’interno dei sistemi sanitari pubblici, e non guidate primariamente dal profitto, mitigherebbero le violazioni della privacy, fornirebbero dati preziosi sulla salute riproduttiva e darebbero alle persone maggiore controllo sull’uso dei propri dati mestruali”, ha sottolineato Felsberger, ricordando che negli Stati Uniti Planned Parenthood rappresenta un esempio da imitare.

Infatti, nonostante i miglioramenti nella protezione dei dati, il report suggerisce che le informazioni degli utenti sono ancora condivise con terze parti come reti cloud per la distribuzione dei dati o sviluppatori esterni incaricati di gestire le funzionalità delle app.

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