La tecnologia (anche) può salvarci dalla Covid-19. O almeno semplificarci la vita in tempi di restrizioni. Esiste un’app per digitalizzare l’autocertificazione e monitorare gli spostamenti, ma forse non potremo mai utilizzarla.
Tutti i dettagli.
L’APP
Digitalizza l’autocertificazione nel pieno rispetto della privacy l’applicazione realizzata nell’ambito della partnership guidata da Federica De Luca, ricercatrice dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), da Gtechnology, Fondazione organismo di ricerca, e dalla società di servizi innovativi Around Culture.
LE FUNZIONI DELL’APP
L’app, spiegano gli ideatori in una nota, consente di monitorare gli spostamenti, permettendo il tracciamento, l’alerting e il controllo del livello di esposizione al rischio di contagio e dell’evoluzione dell’epidemia.
ANCORA IN FASE DI SVILUPPO
La tecnologia è ancora, in realtà, in fase di sviluppo. Ed è per questo che l’applicazione non potrà partecipare alla fast call indetta da Agid per il “reperimento di App e soluzioni tecniche di teleassistenza per pazienti domestici, sia per patologie legate a COVID-19, sia per altre patologie, anche di carattere cronico”, come si legge sul sito.
TEMPI TROPPO STRETTI
Il termine per partecipare alla call è stato fissato da Agid il 26 marzo alle ore 13, data che purtroppo non ha permesso alla partnership di partecipare alla call.
APP MESSA A DISPOSIZIONE
E da qui nasce l’appello. “Non abbiamo intenzione di demordere, ma i termini temporali di presentazione dei progetti non ci consentono di partecipare alla Fast Call. Ci rivolgiamo pertanto ai ministeri competenti e al Commissario straordinario dott. Domenico Arcuri, mettendo a loro disposizione i risultati del nostro progetto e la nostra totale collaborazione”, dice Cristiano Benassati, presidente di Gtechnology.
LE REMORE DEL MINISTERO
La cosa entusiasmerà il Viminale? Sull’argomento, infatti, era già intervenuto il ministero del’Interno, bocciando già le app che digitalizzavano l’autocertificazione perché non permetteva alle autorità di controfirmare la certificazione e metteva a rischio la privacy dell’utente.