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Openai

In cosa consiste l’inciucio del Corriere della Sera con OpenAI?

Il Corriere della Sera afferma di aver stretto un accordo storico con OpenAI. I giornalisti non ne sanno nulla e sono in agitazione, ma il direttore Luciano Fontana li rassicura. Qual è la verità? Il commento di Laura Turini tratto dalla newsletter Appunti.

In un articolo apparso sul Corriere della Sera viene presentata, con toni entusiastici, l’introduzione di un nuovo strumento, adottato da RCS MediaGroup, che dovrebbe migliorare l’interazione quotidiana dell’utente con il giornale online.

Si prevede una sorta di personalizzazione delle notizie, un monitoraggio sulle preferenze dei lettori per fornire loro approfondimenti sugli argomenti di maggiore interesse, la possibilità di avvalersi di un assistente virtuale nelle ricerche, mentre il “punto forte”, come viene definito, sarebbe la rubrica “Chiedi all’esperto”, anche se non è del tutto chiaro se dietro di essa ci saranno professionisti in carne e ossa, nel qual caso non si comprende quale sia la funzione dell’intelligenza artificiale, o una sorta di risponditore automatico, tipo ChatGPT.

Come si legge in una dichiarazione del direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, si tratterebbe soltanto di “uno strumento tecnico che sostituisce i precedenti motori di ricerca e che permette ai lettori di avere a disposizione in maniera personalizzata i nostri contenuti e le risposte degli esperti. Nulla che incide sul lavoro giornalistico, anzi favorisce la messa a disposizione dei contenuti da noi prodotti”.

L’affermazione sembra confermata anche dalle dichiarazioni di Brad Lightcap, COO di OpenAI, che avrebbe aggiunto:

“Siamo entusiasti di contribuire a creare per il pubblico nuove modalità di interazione con i contenuti di alta qualità. OpenAI è impegnata a collaborare con le case editrici di tutto il mondo per consentire alle organizzazioni dell’informazione di beneficiare della tecnologia AI, per portare il giornalismo di alta qualità a un pubblico sempre più ampio”.

Eppure c’è la sensazione che ci possa essere qualcosa di più e il Comitato di redazione del Corriere della Sera – la rappresentanza dei giornalisti – si è rivolto a Fontana  con una lettera in cui sono state avanzate contestazioni di natura procedurale, per non essere stato informato dell’introduzione dell’innovazione tecnologica e la mancanza di un passaggio sindacale, ma nella quale viene anche chiesto di sospendere l’applicazione di questo accordo il cui contenuto non è stato reso pubblico.

Sono giunte subito le rassicurazioni del direttore che ha garantito che fornirà i dovuti chiarimenti e che l’innovazione non comporterà la sostituzione del lavoro giornalistico con notizie generate dall’intelligenza artificiale.

Cosa ottiene OpenAI?

Credo che la preoccupazione non sia però soltanto quella della possibile sostituzione del lavoro umano.

Per un osservatore esterno, che non ne conosce i dettagli, il timore è che l’accordo possa includere la concessione a favore di OpenAI dell’utilizzo dei materiali informativi per fare funzionare i suoi sistemi, come è già accaduto in casi precedenti.

A destare sospetto è lo stesso articolo del Corriere della Sera che parla di “una partnership strategica con l’americana OpenAI”, sottolineando che si tratta del primo accordo italiano, definito storico, tra un gruppo editoriale e OpenAI, dopo che altri accordi sono stati siglati da parte del colosso dell’intelligenza artificiale con gruppi importanti, come Wall Street Journal, Associated Press, Axel Springer, Le Monde e Prisa Media.

Le due affermazioni stridono un po’.

Da un lato si afferma che ci si limita a implementare un sistema che favorisce la fruizione delle notizie basato sull’intelligenza artificiale, dall’altro che si è raggiunto un accordo storico con OpenAI, che non è certo l’ultima impresa informatica del quartiere.

Un’applicazione tecnica come quella descritta forse non avrebbe bisogno di dover scomodare OpenAI, potendo essere implementata con sistemi esistenti, adattanti e personalizzati, mentre è noto che i gruppi editoriali citati hanno stretto accordi di ben altra natura con OpenAI.

Associated Press potrà utilizzare gli strumenti di intelligenza artificiale di OpenAI, ma le consentirà di utilizzare il suo archivio, a partire dal 1985, per addestrare i suoi sistemi. Lo stesso tipo di accordo sembra sia stato siglato con Financial Times, Le Monde e Prisa Media, editore di El Paìs, che hanno deciso di fornire i loro articoli al sistema di intelligenza artificiale in cambio di una collaborazione sul lato tecnico.

Uno degli ultimi a stringere accordi con OpenAI è stato il gruppo tedesco Axel Springer, con l’intento di migliorare l’esperienza dell’utente, a cui fornire estratti degli articoli sulla base delle sue preferenze, ma al tempo stesso ha concesso a OpenAI l’utilizzo dei propri archivi per l’addestramento del sistema.

È quindi comprensibile che il comitato di redazione del Corriere voglia vederci chiaro e conoscere più nel dettaglio il contenuto dell’accordo, per capire se davvero si tratta solo di un nuovo strumento tecnico che non li riguarda troppo o se, invece, c’è qualcosa d’altro che coinvolge il loro lavoro.

Se si scoprirà che si tratta solo di un’innovazione tecnica che favorisce il lettore nelle sue ricerche e aiuta l’editore a individuare i temi che più gli interessa leggere, si applaudirà la tecnologia, che aiuta gli esseri umani nel soddisfacimento dei propri bisogni facendo ottenere loro quello che vogliono, anche se non sempre questo può definirsi progresso.

Un giornalismo “data driven, cucito sulle esigenze dei lettori” non è esattamente quello che ci auspichiamo.

Per vincere la gara dei numeri, i programmi televisivi sono diventati inguardabili e gli scaffali delle librerie traboccano di testi vuoti che fanno orrore alla letteratura.

Se dovessimo fare anche dell’informazione un prodotto facilmente vendibile, tradendo il suo nobile scopo di ampliare gli orizzonti della conoscenza, resta da chiedersi con cosa potremo nutrire il nostro intelletto che ha tanto bisogno di cibo indigesto e non di minestre riscaldate per affrontare il futuro senza doverlo subire.

(Estratto dalla newsletter Appunti di Stefano Feltri: ci si iscrive qui)

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