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Telecomunicazioni

A che punto è il Piano Bul di Infratel?

Infratel (Invitalia) pubblica lo stato di avanzamento della rete in Banda Ultralarga: alcuni commenti. L’intervento di Dario Denni, fondatore di Europio Consulting

Con tutte le grane che ha Mario Draghi – tra i rincari delle bollette della luce ed i suoi bravi ministri che alzano il tetto del contante – non possiamo davvero aspettarci che il nostro Premier abbia tempo pure per scartabellare i dati che Infratel ha pubblicato sull’avanzamento del piano Banda Ultralarga.

Del resto, a chi può interessare il ritardo sul ritardo che ha accumulato Openfiber nella copertura delle aree bianche? Certamente non all’Europa che vede questa strana vicenda come incapace di turbare il mercato interno, ossia quello europeo. Ma a noi cittadini italiani ci turba eccome questa situazione, che proprio non accenna a risolversi.

Senza perderci in inutili digressioni partiamo da una certezza: l’obiettivo originario di portare la fibra ottica fino a casa degli utenti nelle aree a fallimento di mercato è stato totalmente mancato. Anzitutto perché la rete non è stata ancora completata e soprattutto perché l’utenza finale è lontana decine di metri dal punto terminale della rete sussidiata. Chiaramente non c’è modo per gli operatori di erogare tutti i servizi promessi laddove la rete non è ancora pronta, o non è collaudata o non è commercializzata. Al netto di fare ulteriori investimenti nelle medesime aree, assumendosi i rischi associati ed una permissistisca che – ancorché semplificata – rappresenta tuttora un grande impedimento allo sviluppo rapido delle reti ultraveloci.

Dunque, per scattare una fotografia del progetto Bul al 2022, possiamo dire che nell’arco di un tempo raddoppiato rispetto al piano originario, si è inteso da un lato variare l’estensione dell’intervento pubblico – riducendo i comuni coperti- e dall’altro lato si registra un cambio perfino della tecnologia di realizzazione dell’infrastruttura, che è diventata FWA in una parte rilevante dell’intervento. Questo cambio di tecnologia da FTTH a FWA, ha creato un divario talmente ampio tra aree coperte e aree ancora da coprire, tale da stravolgere il progetto originariamente previsto, che a questo punto ha sostanzialmente cambiato fisionomia.

A che ci serve dunque a gennaio 2022 sapere cosa ha fatto Infratel con Openfiber nelle aree Bul? Intanto non sono molti quelli che hanno le competenze per capire che sta accadendo, quindi è giusto che le cose siano spiegate in termini semplici così da capire meglio il contenuto di quelle poche carte che non sono state sottratte all’accesso da Infratel per via dell’opposizione di Openfiber. E’ una questione di interesse generale. Non riguarda solo gli operatori. Meriterebbe per questo anche un focus del Governo ai suoi più alti livelli.

Dopo i bandi, le gare ed i ricorsi vari sono iniziati i progetti esecutivi. Lo sviluppo delle reti è andato subito in affanno perché il progettista incaricato è andato in concordato preventivo. Poi si è aggiunta la pandemia. Sono iniziate le penali da pagare per Openfiber e nel frattempo Infratel e Openfiber stessa hanno cambiato i loro vertici.

La fase progettuale della rete FTTH ha avuto certamente qualche avanzamento. È cresciuto il numero di comuni con i progetti approvati e di conseguenza sono diminuiti quelli dove ancora non è nemmeno iniziato il procedimento che è composto di fasi distinte. Infatti, dopo l’approvazione del progetto segue la fase realizzativa, quella cioè fatta di scavi e permessi. Ma questa procedura non è automatica perchè da quando si approva un progetto all’affidamento a una ditta che lo realizza passa del tempo prezioso, forse più ampio del previsto. Per questo più della metà dei comuni non è stata ancora coperta. Ma che succede dopo che la rete è stata realizzata? Si passa al collaudo, ossia una verifica che la rete sia pronta alla commercializzazione. Accade però che il collaudo non sempre è positivo. Addirittura ci sono molti comuni dove la rete è pronta ma non è possibile collaudarla perchè magari non è stata realizzata la porzione di rete che collega l’accesso al backbone ossia alle dorsali.

Non meriterebbe nemmeno una menzione la situazione FWA che è ancora fortemente bloccata nella fase progettuale quindi non si registrano variazioni significative rispetto a un piccolo 8% di comuni realizzati e collaudati positivamente in questa tecnologia. Quella rete registra dunque un ritardo clamoroso, e probabilmente arriverà in un momento storico, regolamentare e tecnologico dove è anche possibile che quell’infrastruttura non sarà più in grado di erogare, in assenza di ulteriori investimenti privati nelle medesime aree, le velocità attese sulla base dei nuovi obiettivi europei fissati dalla Bussola Digitale, così come anticipati virtuosamente dal Governo Italiano nel contesto di ripresa e resilienza post pandemica.

Ci troveremo a breve in una situazione in cui i piani Pnrr andranno a insistere su civici grigi ma anche bianchi residuati dalle mancate coperture dei precedenti bandi. Ai fini di una valutazione degli aiuti di Stato nelle aree bianche la situazione è chiarissima, pur nella sua drammaticità. Ma se questo andamento dovesse permanere, alla scadenza della proroga, sarà forse inevitabile un’altra proroga come per anni è accaduto ai balneari. E se dovessimo anticipare oggi i risultati di un intervento dello Stato con un modello diverso detto “gap funding” dove la rete realizzata non è più pubblica – come nel caso dei bandi Bul – ma resta di proprietà di chi la realizza – come nel caso del piano Italia 1 giga – allora è possibile che tra meno di un anno ci troveremo di fronte a due scenari di rallentamento – a questo punto allarmanti anche per l’Europa che ci controlla da lontano – anche per via della scarsità di addetti specializzati nello sviluppo di reti di telecomunicazioni.

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