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UnionPay, tutti i dettagli sul colosso cinese delle carte di credito che vuole sfondare a Londra

La mossa di UnionPay nel Regno Unito arriva dopo l'intensificarsi della concorrenza nel mercato nazionale da parte di gruppi di pagamenti digitali come Alipay di Ant Financial e WeChat Pay di Tencent.

Dopo l’acquisto di immobili, squadre di calcio, aziende, i cinesi sono pronti a sbarcare sul mercato europeo anche con carte di credito e di debito.

Nel mirino di UnionPay, gigante finanziario controllato dallo Stato, c’è in primis il Regno Unito, sempre molto aperto agli investimenti stranieri al contrario della Cina dove il mercato è invece blindato, malgrado i colossi come Mastercard e Visa tentino di entrare da tempo.

IL GRUPPO UNIONPAY CONTA 6 MILIARDI DI CARTE IN CINA

“In Europa il gruppo, che conta 6 miliardi di carte in Cina, ha mosso i primi passi per aiutare i turisti cinesi che facevano acquisti ma non trovavano un circuito che accettasse le loro carte – scrive il Sole 24 Ore -. A Londra il debutto fu dentro Harrod’s dove sette anni fa UnionPay inaugurò un primo terminale Pos: da lì i grandi magazzini hanno avuto un boom di vendite verso i turisti cinesi”.

CARTE ACCETTATE DA OLTRE 41 MILIONI DI NEGOZI E 2 MILIONI DI BANCOMAT IN 170 PAESI, 40 DEI QUALI IN EUROPA

“Fondata nel 2002 dalla People’s Bank of China, UnionPay ha un monopolio virtuale sui pagamenti con carte bancarie domestiche, dove ha emesso più carte di Visa e Mastercard combinate insieme. Il gruppo cinese si è espanso a livello internazionale negli ultimi anni, principalmente in Asia, e afferma che le sue carte sono accettate da oltre 41 milioni di negozi e 2 milioni di bancomat in 170 paesi, 40 dei quali in Europa”, ha scritto il Financial Times.

UNIONPAY ENTRA NEL MERCATO BRITANNICO SENZA CHIEDERE LICENZA BANCARIA MA GRAZIE A TRIBE

Ma come farà UnionPay a entrare direttamente nel mercato britannico con le sue carte? Semplice: non entrerà. O meglio non direttamente: senza chiedere una licenza bancaria nel Regno Unito, indispensabile per poter erogare credito, si appoggerà a una start-up chiamata Tribe, fondata dall’imprenditore indiano Suresh Vaghjiani, specializzata in servizi di back-office nei pagamenti digitali. Zhihong Wei, a capo di UnionPay in Europa, lo aveva già ricordato a settembre, ha spiegato Ft sottolineando che la società “non aveva bisogno di una licenza per il suo piano di espansione europeo in quanto le sue carte saranno emesse da terze parti, come banche e fintech, e le sue transazioni saranno gestite da gruppi di elaborazione dei pagamenti come Tribe”.

LA CONCORRENZA IN CASA: ALIPAY E WECHAT PAY

La nuova mossa di UnionPay arriva dopo l’intensificarsi della concorrenza nel mercato nazionale da parte di gruppi di pagamenti digitali come Alipay di Ant Financial e WeChat Pay di Tencent. I due colossi hanno messo in discussione la posizione dominante online di UnionPay, privandola del reddito da commissioni e di dati di transazione preziosi provenienti dai consumatori che sono passati in sostanza, sempre più, dalla plastica tradizionale ai telefoni cellulari.

L’ESPANSIONE DI UNIONPAY ANCHE GRAZIE ALL’AUMENTO DEI VIAGGIATORI CINESI IN EUROPA

Ma c’è anche un altro motivo. Qualche settimana fa UnionPay ha tracciato in una ricerca l’identikit del viaggiatore cinese e delle sue abitudini quando si trova all’estero. Ne è risultato che nel 2018 sono stati 140 milioni (+9%) i cinesi che hanno varcato i confini, per un ammontare complessivo di 100 miliardi di euro, di questi circa 6 milioni si sono diretti in Europa per una spesa di circa 3000 euro a persona. Si tratta in particolare si donne (53%). Il 40% si sposta in gruppo mentre il 60% in maniera indipendente con una crescita dei tour a tema +250% e dei viaggi tailor made +400%. A incidere maggiormente sulle spese sono lo shopping (in primis abiti, accessori e prodotti di bellezza) e gli spostamenti in loco, a food e accomodation vengono riservate solo il 10% delle risorse. L’Italia, ad esempio, lo scorso anno ha accolto 461.829 turisti cinesi (+16.45%), ed è stata scelta, in particolare, per il luxury e i prodotti duty free.

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