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Perché non pensare a una criptovaluta gestita dalle banche centrali? Il commento di Pelanda

L'analisi di Carlo Pelanda

 

Concordo con la posizione di Domenico Lombardi, tra i massimi esperti di regolazione monetaria e fintech, che valuta come inizio di un progetto globale meritevole di approfondimenti e non come un’utopia da scartare a priori la proposta fatta da Mark Carney di un composto monetario sintetico, in forma di criptovaluta, gestito da un consorzio di banche centrali. La critica principale all’idea è che una moneta (fiduciaria) è espressione di uno stato e che un consorzio di essi, e rispettive banche centrali, non le darebbe stabilità sufficiente.

Ma se si pensa all’Ecu, unità di conto sintetica e scambiabile precursore dell’euro, si trova un precedente storico che non esclude la fattibilità. Pertanto suggerisco di approfondire l’idea pensando ad una metamoneta con sottostante quelle di stati compatibili, cioè a una variante selettiva della proposta di Carney: il credit, inizialmente gestito dal G7 e poi in evoluzione inclusiva di altri Stati.

Il credit diventerebbe l’unità di conto sintetica di un sistema di monete forti con oscillazione di cambio limitato tra loro, inizialmente dollaro, euro, yen e dollaro canadese. Potrebbe apparire irrealistico considerando la situazione attuale. Ma queste nazioni e l’Ue mostrano la tendenza a stabilire accordi di libero scambio bilaterali tra loro, alcuni già siglati, che, alla fine, porteranno alla creazione di una matrice molto simile a quella di un mercato integrato.

Per farlo funzionare sarà necessario limitare le variazioni di cambio. Poiché tale area di mercato non potrà diventare un unico stato, la convergenza monetaria e del cambio dovrà essere affidata ad un un’unità di conto sintetico con valore più stabile, in alto o in basso, delle singole valute che compongono il paniere sottostante via bilanciamento interno (hedging) dei loro valori permesso dai limiti di oscillazione del cambio, regolati da trattato evolutivo.

Il credit non soddisferebbe uno degli scopi previsti da Carney, cioè rendere il sistema internazionale meno vulnerabile alle oscillazioni del dollaro che ne è valuta dominante, ma certamente potrà attutire il problema. Soprattutto, esisterà una quantità sufficiente potenziale di «metaliquidità coordinata», molto maggiore di quella attuale, per servire la funzione di prestatore di ultima istanza in caso di crisi globali.

La configurazione come digital asset del credit, inoltre, potrebbe permettere variazioni di una nuova massa monetaria MX che ne adeguerebbe più rapidamente la quantità complessiva (da M zero a M 10) alle contingenze rendendo più efficace la politica monetaria. Appunto, merita studio.

 

(articolo pubblicato su Italia Oggi)

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