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Fintech: non è contrapposizione uomo-macchina, ma modello di business integrato

L’automazione senza interazione umana non consente di trasmettere alcuna forma di educazione. Tuttavia servono regole uniformi per gli operatori del settore   “Il termine Fintech indica l’utilizzo di applicazioni tecnologiche nei settori finanziario, creditizio e assicurativo. In mancanza di una definizione univoca il termine viene utilizzato sia per la prestazione di servizi in forma automatizzata…

L’automazione senza interazione umana non consente di trasmettere alcuna forma di educazione. Tuttavia servono regole uniformi per gli operatori del settore

 

“Il termine Fintech indica l’utilizzo di applicazioni tecnologiche nei settori finanziario, creditizio e assicurativo. In mancanza di una definizione univoca il termine viene utilizzato sia per la prestazione di servizi in forma automatizzata e semi automatizzata sia per l’utilizzo di nuove tecnologie per aumentare l’efficienza del sistema finanziario e la gamma di soluzioni offerte ai cittadini”. Lo ha detto il presidente dell’Associazione nazionale consulenti finanziari (Anasf), Maurizio Bufi in commissione Finanze della Camera nel corso dell’indagine conoscitiva sulle tematiche relative all’impatto della tecnologia finanziaria sul settore finanziario, creditizio e assicurativo. “Una delle applicazioni più importanti di questo mondo è quella dei robo adviser – ha sottolineato Bufi – cioè l’applicazione di soluzioni tecnologiche alla prestazione del servizio di consulenza finanziario principalmente con piattaforme online con specifici algoritmi. Il robo adviser è un concetto assai ampio: si distingue tra strumenti basici per la profilazione e modellazione del cliente e dei portafogli di investimento. Oppure sulla base del coinvolgimento del consulente fisico: da un lato c’è quindi il robo advise tout court senza interazione umana, dall’altro ci sono modelli ibridi in cui la tecnologia supporta l’uomo cioè il robo for adviser”.

Rapporto uomo-macchina fondamentale per la ricognizione di rischi e opportunità per i risparmiatori

“Durante le ultime consultazioni della Commissione europea – ha aggiunto Bufi -, Anasf ha più volte sottolineato come questa distinzione permetta di dare specifiche indicazioni rispetto alla questione dibattuta dell’impatto o meno disruptive sul sistema finanziario e sul conseguente livello di disintermediazione umana ma anche sui rischi e le opportunità che possono arrivare per gli investitori dalla diffusione delle soluzioni Fintech. Il report sull’automazione della consulenza finanziaria pubblicato dalle autorità europee e preceduto da una consultazione, oltre a evidenziare l’attenzione del regolatore europeo per il fenomeno Fintech rappresenta un importante contributo per la ricognizione di rischi e opportunità per i risparmiatori. I benefici dell’automazione risultano ascrivibili all’ampliamento dell’impiego dei servizi finanziatori. Per gli investitori che già utilizzano i servizi di consulenza, la tecnologia può contribuire a un arricchimento delle soluzioni consapevolezza e coinvolgimento. La maggiore efficienza può consentire ai consulenti di assistere anche le fasce di clientela retail che oggi non utilizzano questi servizi”.

I rischi del robo advise tout court

“La disamina dei rischi richiede però alcune precisazioni – ha proseguito il presidente dell’Associazione nazionale consulenti finanziari – perché l’analisi europea riguarda i robo advise tout court. Proprio a causa della mancanza di interazione umana, i rischi possono essere difetti di funzionamento, manipolazioni che possono condurre a un’errata profilazione. Oppure gli algoritmi possono dare origine al fenomeno di distribuzione di prodotti che danno maggiori ricavi senza tenere in conto delle reali esigenze del cliente. Altri rischi possono arrivare dalla mancanza di informazione alla clientela o dalla limitata capacità del singolo utente”. Un’altra criticità è data poi dalle soluzione robo investing che “nel formulare raccomandazioni di investimento su modelli pre-impostati possono causare fenomeni di gregge di natura pro-ciclica suscettibili di ampliare i movimenti di mercato causati da una standardizzazione inflazionata dei profili della clientela”. Infine, c’è la questione della disintermediazione umana del processo consulenziale: “Tale rischio discende da un’interpretazione fuorviante del servizio di consulenza secondo cui quella automatizzata può rappresentare un’alternativa a basso costo rispetto a quella umana”.

Nell’interesse di tutti evitare lo scenario di eccessiva automazione

Secondo Bufi, al contrario, “è nell’interesse di tutti evitare lo scenario in cui eccessiva automazione precluda per il singolo risparmiatore di interagire con un consulente fisico. Lungi dal paventare lo spettro del luddismo – ha ammesso – è innegabile che uno scenario del genere non sia auspicabile nell’interesse del risparmiatore a ricevere un servizio completo e di qualità in cui l’efficienza tecnologica sia coniugata con la sensibilità umana. Attualmente risultano iscritti all’albo oltre 56mila consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede di cui 36mila sono attivi. Secondo i dati di Assoreti sono quasi 4 milioni i clienti che affidano i loro risparmi ai consulenti finanziari. A settembre 2016 il 15,2% degli asset finanziari delle famiglie italiane risultava riconducibile alle reti di consulenza. Oggi questa percentuale è sicuramente aumentata. A settembre 2017 il patrimonio affidato alle reti ha raggiunto i 57,4 mld di euro. In sostanza, dopo aver superato le fasi più acute della crisi, la professione di consulente ha saputo confermare il proprio percorso di crescita”.

Fondamentale il valore aggiunto del consulente

Altra caratteristica distintiva è la capacità di proporre “un servizio che prediligendo soluzioni di medio-lungo periodo sviluppate nel tempo, considerando le esigenze e gli obiettivi del singolo risparmiatore che permettono quindi al consulente di mostrare una propria identità specifica e adattabilità a cambiamenti come quelli dettati dal Fintech. Detto ciò risulta dunque fondamentale il valore aggiunto del consulente – ha concluso Bufi -. La creazione di tale valore aggiunto è legato in modo imprescindibile dalla componente umana. L’investimento in prodotti di risparmio è intrinsecamente complesso e la presenza di consulenza è importante anche dal punto di vista psicologico. L’automazione senza interazione umana non consente quindi di trasmettere alcuna forma di educazione. Senza dimenticare che uno degli sviluppi del settore più probabili è lo sviluppo di una approccio consulenziale a 360 gradi che assista il nucleo familiare in ogni sua esigenza assicurativa, previdenziale di risparmio ecc. Tutte attività che un robo advisor al momento non può fare. Quindi è pensabile che il futuro sviluppo del settore sia caratterizzato non da una contrapposizione fra uomo e macchina ma da modelli di business integrati. In conclusione Anasf condivide lo sviluppo della tecnologia ma servono regole uniforme per gli operatori del settore nel solco del level play field”.

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