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Fintech, le sfide per le banche e l’inevitabile scelta digitale

Chi c’era e che cosa si è detto alla presentazione del “Libro Bianco su Fintech e pagamenti digitali” realizzato da Start Magazine La strada verso una digitalizzazione dei pagamenti sempre più parte integrante delle nostre abitudini è ormai spianata così come l’avvento di nuove realtà potenzialmente disruptive rappresentate dalle aziende Fintech che devono, e dovranno sempre…

La strada verso una digitalizzazione dei pagamenti sempre più parte integrante delle nostre abitudini è ormai spianata così come l’avvento di nuove realtà potenzialmente disruptive rappresentate dalle aziende Fintech che devono, e dovranno sempre più in futuro, interagire con le banche tradizionali nella realizzazione di nuovi business model. Il tutto senza dimenticare una grande sfida che potrebbe presentarsi all’orizzonte rappresentata da una discesa in campo delle Big Tech nel settore finanziario, non tanto per le loro capacità di innovare quanto per la possibilità di fidelizzare la clientela e, di conseguenza, di entrare in possesso e di gestire i loro dati.

CHI C’ERA ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO BIANCO

È quanto è emerso durante la presentazione a Milano del “Libro Bianco su Fintech e pagamenti digitali” realizzato da Start Magazine. Nel corso della presentazione, in collaborazione con Hub39, sono intervenuti Domenico Gammaldi, Direttore Centrale responsabile del Servizio Supervisione Mercati e Sistema dei Pagamenti della Banca d’Italia, Alberto Dell’Acqua, direttore del Master in Corporate Finance SDA Bocconi, Maria Matloub, codirector Founder Institute di Milano e Carlotta Scozzari, giornalista di Business Insider Italia, moderati dal direttore di Start Magazine Michele Guerriero.

L’EVOLUZIONE DEL SETTORE

Un settore, quello Fintech, che “attrae finanziamenti per 25 miliardi di dollari l’anno” a livello globale secondo dati MoneyFarm ma che vede l’Italia ancora in ritardo per la limitata portata degli investimenti programmati nel settore nel nostro paese (135 milioni di euro) e delle attività censite (283), secondo quanto emerge dall’indagine conoscitiva condotta nel 2017 da Banca d’Italia su un campione di intermediari selezionati.

CHE COSA HA DETTO GAMMALDI DI BANKITALIA

“Il dibattito sul contante è aperto ma credo che la strada della digitalizzazione dei pagamenti sia una scelta imprescindibile perché vi è un interesse generale che va al di là dei semplici aspetti di praticità – ha sottolineato Domenico Gammaldi di Banca d’Italia – Nell’ordinario, i pagamenti digitali possono aiutare la gestione del commercio facilitando e rendendo più efficienti le transazioni economiche; inoltre, se correttamente utilizzati, possono supportare l’accesso alle piattaforme di e-commerce anche da parte delle pmi consentendo loro di valorizzare le informazioni relative alla clientela e offrire una serie di dati utilissimi per orientare la gestione dell’azienda. L’importante, e questa è la vera sfida, è che nell’offerta dei servizi di pagamento gli operatori tradizionali colgano le opportunità abilitate dalle tecnologie per garantire l’offerta di servizi sempre più semplici ed efficienti, in grado di rispondere alle esigenze dei clienti”.

L’AZIONE DELLA BANCA CENTRALE

Gammaldi ha anche ricordato come la Banca d’Italia abbia avviato da tempo una riflessione sul fenomeno del Fintech ammettendo che una delle principali questioni da affrontare è quella del perimetro normativo: “Bankitalia ha lanciato alla fine dello scorso anno il c.d. ‘Canale Fintech’, con la finalità di dialogare con il mercato in modo aperto, costruttivo e flessibile per valutare i progetti nel contesto dell’attuale quadro normativo anche per verificare se quest’ultimo sia adeguato ad accogliere le innovazioni in ambito finanziario. Ciò anche per assicurare che le Fintech, unitamente ai benefici generalizzati che possano portare, non abbiano impatti negativi sulla stabilità del sistema e sulla tutela della clientela”.

IL RAPPORTO FRA BANCHE E FINTECH

Per quanto riguarda il rapporto con gli operatori tradizionali, l’esperienza mostra che all’interno delle banche esistono già numerose iniziative di finanza tecnologica. “Le imprese Fintech hanno l’abilità di focalizzarsi sulle esigenze del cliente, specializzandosi in nicchie di mercato; gli operatori tradizionali, invece, generalmente offrono servizi finanziari ad ampio spettro, spesso connessi tra loro. Potranno quindi emergere virtuosi modelli di collaborazione tra Fintech e operatori tradizionali, in cui ciascun attore potrà mantenere una posizione nell’industria dei servizi con benefici per tutti”, ha aggiunto il direttore di Bankitalia. Gammaldi ha poi fatto riferimento al tema dei Big Data e dell’Intelligenza Artificiale: “Si tratta della componente bancaria su cui non si vedono ancora interventi profondi. Ma in futuro queste due innovazioni potranno incidere maggiormente sull’operatività delle banche. In primo piano, in questo ambito, emergono invece le Big Tech anche se non è ancora chiaro se abbiano veramente interesse a sfruttare queste capacità per entrare in ‘prima persona’ nel mondo finanziario (anche se qui si apre l’ampio discorso sul diritto alla privacy)”.

I RISCHI PER LE BANCHE

Di tutt’altro avviso Alberto Dell’Acqua, della SDA Bocconi, secondo cui la vera minaccia al mondo bancario tradizionale può arrivare proprio dalle Big Tech per la loro capacità di fidelizzare i clienti. “Anche io sarei attirato da una Google bank. Per questo, a mio parere, la vera partita si gioca su questo fronte perché se uno di questi attori entrasse sul mercato sarebbe in grado di spiazzare il mondo bancario tradizionale provocando una risposta del mondo regolamentare, almeno a livello europeo”. Sul fronte della gestione del risparmio, il direttore del Master alla Bocconi è convinto, invece, che si arriverà all’automatizzazione “anche se nel breve non credo che ci sarà un impatto disruptive sui servizi tradizionali ma solo un miglioramento tecnologico”.

L’OPINIONE DI MATLOUB

“Credo nelle start up perché il loro obiettivo è fare la differenza, fare qualcosa di disruptive e creare lavoro – ha concluso infine Maria Matloub di Founder Institute Milano –. Per questo le start up devono lavorare con le Big Tech per imparare dalle loro esperienze e conoscenze, mettendo insieme gente di paesi e background diversi per accelerare i processi di innovazione”.

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