Riflettere su come rendere gli sviluppi tecnologici pienamente compatibili con i diritti degli individui e su come conciliare la crescente disponibilità di informazioni sulla vita privata di ciascuno di noi con la tutela della libertà personale e le norme. Si può sintetizzare così l’intervento della scorsa settimana del Vice Direttore Generale della Banca d’Italia Fabio Panetta per il bicentenario della Harvard Law School nel discorso dal titolo “Fintech and banking: today and tomorrow”.
PANETTA: GLI EFFETTI DELLA TRASFORMAZIONE DIGITALE NON SONO ANCORA COMPLETAMENTE EMERSI

SETTORE FINANZIARIO DA SEMPRE ATTENTO ALLE NUOVE TECNOLOGIE
“Il settore finanziario è sempre stato uno dei primi ad adottare le nuove tecnologie” ha sottolineato Panetta ricordando gli Atm, i Pos, l’online banking. “Pertanto, l’adozione generalizzata della tecnologia digitale nei mercati finanziari negli ultimi anni non dovrebbe sorprendere. L’uso dei servizi finanziari digitali è destinato ad aumentare, grazie alle crescenti aspettative dei clienti, alla diffusione di Internet, degli smartphone e dei tablet, al costante calo dei costi di immagazzinamento dei dati e al miglioramento della capacità di elaborazione dei sistemi informatici, anche attraverso il cloud computing. È in questo contesto che entra in gioco il fintech”. I servizi finanziari, nota il vice direttore di Bankitalia “continuano ad essere distribuiti prevalentemente attraverso i canali tradizionali” mentre il Fintech “svolge un ruolo significativo solo in alcuni segmenti del settore finanziario, come i pagamenti al dettaglio, la gestione patrimoniale e i piccoli prestiti. Ma si sta rapidamente espandendo in settori quali il crowdfunding basato sul credito e i servizi di relazioni con i clienti di chatbox. È in aumento anche l’uso di tecnologie quali AI, Big Data e DLT”. La concorrenza delle imprese fintech sta quindi “cominciando ad erodere i margini delle banche tradizionali. Si stima che nei prossimi dieci anni, con l’espansione delle imprese fintech in tutti i segmenti di mercato, esse potrebbero erodere il 60% dei profitti che le banche generano dai servizi al dettaglio”.
LE PROSPETTIVE PER LE BANCHE NELL’ERA DEL FINTECH: LA MINACCIA VERA VIENE DALLE BIG-TECH 
La rivoluzione digitale solleva però una serie di interrogativi per quanto riguarda le prospettive del settore bancario, ammette il vice direttore generale della Banca d’Italia: “Una questione cruciale è quale sarà il futuro rapporto tra banche e fintech e quali saranno le implicazioni per l’offerta di servizi bancari e per la redditività e il potere di mercato delle banche. La risposta a queste domande dipende dal tipo di fintech a cui stiamo pensando. I nuovi attori non sono solo piccole start-up fintech, ma anche i Big-Techs globali come Google, Apple, Facebook, Amazon, Alibaba. Le sfide che le banche devono affrontare a causa di questi due gruppi di concorrenti sono fondamentalmente diverse”. Mentre da un lato, infatti, le start-up fintech “acquisiscono quote di mercato in specifici settori grazie a politiche di pricing aggressive” e “molte banche hanno stretto con loro partnership strategiche o le hanno rilevate” dall’altro lato le Big-Tech, sostiene Panetta “rappresentano una minaccia molto maggiore per le banche, a causa dei loro vantaggi competitivi. In primo luogo, utilizzando le loro piattaforme – Amazon ne è un esempio – hanno accesso a informazioni uniche in tempo reale sui prodotti, le vendite e i livelli di soddisfazione dei clienti delle aziende che utilizzano la loro piattaforma; possono osservare i ricavi e la struttura del mercato, stimando la capacità delle aziende di generare profitti. Sono inoltre in possesso di informazioni che possono essere utilizzate per dedurre le preferenze dei consumatori e il loro tenore di vita. Tali informazioni possono essere utilizzate per controllare imprese e clienti e valutarne il rischio di credito, una funzione che è al centro dell’attività bancaria tradizionale. In secondo luogo, i Big-Techs hanno una base clienti molto ampia e, grazie ai loro modelli di business incentrati sul cliente, possono sfruttare le informazioni specifiche di quest’ultimo in modo molto più efficiente rispetto alle banche, che in genere si concentrano sui prodotti (depositi, mutui ipotecari, ecc.). In terzo luogo, le grandi imprese tecnologiche sono più qualificate nella gestione di grandi volumi di dati – soprattutto non strutturati – rispetto alle banche. Quarto, i Big-Techs hanno un’enorme forza finanziaria, e questo è evidente nell’ampia liquidità che hanno accumulato nel corso delle loro attività e nelle capitalizzazioni di mercato record – non lontano da 1 trilione di dollari in alcuni casi. Possono utilizzare queste risorse per espandere la loro attività di intermediazione finanziaria”. In questo senso Panetta vede due implicazioni: “In primo luogo, le banche dovranno investire massicciamente nella tecnologia per competere tra loro e con i nuovi operatori: ciò è necessario per la loro stessa sopravvivenza. In secondo luogo, la struttura dei sistemi finanziari cambierà radicalmente nei prossimi dieci anni con l’ingresso di nuovi operatori non bancari”.
IL RUOLO DELLE AUTORITÀ: CYBER RISK E REGOLAZIONE

DA INNOVAZIONE TECNOLOGICA PROGRESSI ENORMI MA ATTENTI A PRIVACY E DISOCCUPAZIONE TECNOLOGICA
“L’innovazione tecnologica è quindi uno strumento eccezionale per compiere progressi – evidenzia Panetta –. Vi sono enormi vantaggi potenziali per i consumatori, le imprese e l’intera economia. La tecnologia sta abbattendo le barriere all’ingresso nei mercati del credito e dei servizi finanziari. Prevedo che tra dieci anni la struttura dei mercati bancari e finanziari sarà molto diversa da quella attuale; gli operatori non bancari probabilmente svolgeranno un ruolo molto più importante”. La tecnologia, tuttavia, sta creando “disoccupazione tecnologica” e ponendo “la questione di come garantire la riservatezza in relazione ai Big data, come utilizzarli entro i limiti imposti sia dalle regole che dalla volontà dei nostri cittadini, il cui diritto alla privacy deve in ogni caso essere rispettato. Dobbiamo definire meglio i limiti legali ed etici dell’uso dei Big Data . I recenti eventi legati a Cambridge Analytica e Facebook hanno fatto suonare l’allarme”, ha concluso il vice direttore di Bankitalia.








