E’ scontro sul controllo di Moneygram, il gigante globale del money transfer. All’offerta di Alibaba ha risposto la statunitense Euronet, mettendo sul piatto 1 miliardo di dollari. In ballo un business che solo in Italia vale 6,8 miliardi
Tra Usa e Cina è in atto uno scontro sotterraneo in nome di uno dei business più redditizi al mondo: le rimesse all’estero, ovvero i soldi che i migranti spediscono al loro Paese per mantenere le famiglie. E’ la corsa per il controllo di Moneygram, il leader mondiale delle rimesse all’estero e del trasferimento elettronico di denaro. In campo, nemmeno a dirlo, due giganti dell’innovazione, ovvero Alibaba, il colosso dell’e-commerce del magnate Jack Ma ed Euronet, gigante statunitense dei pagamenti elettronici con sede in Kansas. In palio c’è il 20% del mercato rimesse nel mondo (6,8 miliardi il giro d’affari in Italia) tanto vale infatti la quota di Moneygram, seconda solo a Western Union.
Chi è Moneygram
Fondata nel 1940 e con sede principale a Dallas, in Texas, il gigante delle rimesse quotato a Wall Street è guidato da una donna: Pamela Patsley, che ricopre la carica di presidente e amministratore delegato. Dall’ultimo bilancio del gruppo, emergono ricavi 2016 per 1,6 miliardi di dollari, in crescita del 6% sul 2015, a fronte di un utile netto di 16,3 milioni di dollari. Per quanto riguarda la rete, Moneygram vanta 350 mila sportelli in quasi 200 paesi del mondo, tra cui una decina di migliaia in Italia, soprattutto attraverso le Poste.
Il blitz di Jack Ma su Moneygram

La risposta di Trump
Il tempo di sistemarsi nello Studio ovale della Casa Bianca che l’amministrazione Trump ha alzato la contraerea. Euronet, colosso dei pagamenti elettronici con sede in Kansas. Pochi giorni fa Euronet ha lanciato un’offerta da 1 miliardo di dollari, circa 15 dollari ad azione, per assicurarsi il controllo di Moneygram. Il senso dell’operazione è chiaro. Dal momento che la società delle rimesse è diventata preda, è meglio che il predatore sia americano, così da mantenere Moneygram nel perimetro statunitense. Va detto anche che Euronet parte da una posizione di vantaggio. Per le autorità regolatorio è infatti più semplice concedere il nulla osta se un’azienda americana ne compra una della stessa nazionalità, piuttosto che straniera.
I sospetti di Euronet

Il Congresso in campo
Poi, ovviamente, entra in gioco la politica. Il Congresso americano per la precisione. Nei giorni scorsi i deputati Kevin Yoder e Eddie Bernice Johnson hanno redatto un documento in cui nella sostanza affermano che l’offerta cinese merita un’attenta valutazione poiché potrebbe permettere ai cinesi l’accesso alle infrastrutture finanziarie statunitensi e, se completato, “porre seri rischi alla sicurezza nazionale”. I timori sono stati messi nero su bianco in una lettera inviata al segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, nel quale si chiede che il Comitato per gli investimenti stranieri, il Cfius, indaghi sulle possibili ripercussioni dell’eventuale accordo. Su queste perplessità ha naturalmente giocato anche il rilancio miliardario di Euronet. Come detto oltre che sull’entità dell’offerta il gruppo con sede in Kansas intende far leva sul fatto che entrambe le società sono statunitensi. Dal punto di vista regolatorio ci sarebbero quindi meno impedimenti rispetto alla possibile acquisizione cinese.
Lo Stato cinese nelle rimesse?
Sull’opzione cinese, ricordano i due deputati nella missiva, pesa inoltre la presenza nel capitale di Ant Financial di entità riconducibili allo Stato. Si tratta di quote sotto il 15 per cento che non hanno voce in capitolo nel consiglio d’amminstrazione, scrive Bloomberg, citando fonti anonime. Ma questo basta a sollevare preoccupazioni a Washington.
Il vertice di Mar a Lago
Mentre il Congresso statunitense si muoveva sulla questione Moneygram, Trump incontrava il leader
Moneygram, chi vincerà?
A questo punto non c’è che da attendere l’esito finale dello scontro su Moneygram. In favore degli Stati Uniti giocano essenzialmente due fattori: il protezionismo a oltranza di Trump e la diffidenza di buona parte del Congresso verso l’operazione messa in piedi da Alibaba. Senza considerare che l’offerta di Euronet è comunque di importo maggiore. Molto comunque dipenderà dall’esito della crisi coreana, visto che il magnate americano diventato presidente ha recentemente affermato di essere pronto a colpire la Corea del Nord e i suoi arsenali, anche senza il consenso della Cina. Se però arrivasse un appoggio di Pechino all’intervento americano, anche i rapporti commerciali tra le due superpotenze, con annesse partite industriali, potrebbero subire cambiamenti.






