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diritto alla riparazione

Così il diritto Ue alla riparazione stravolge le cattive abitudini dei Big dell’hi-tech

Le nuove norme della Ue puntano a ridurre i rifiuti elettronici e a rimettere in circolazione metalli e terre rare che l'Europa deve altrimenti importare. Si vedono i primi effetti: spariscono dalle confezioni degli smartphone i caricabatterie omaggio, e Apple garantisce l'accesso ai dispositivi di diagnostica che custodiva gelosamente nei suoi Store. Le novità del diritto alla riparazione

Nell’ultimo periodo l’Unione europea è intervenuta a più riprese sulla commercializzazione dei device e degli elettrodomestici più diffusi. Se nelle confezioni degli smartphone di ultima generazione è diventato sempre più difficile trovare un caricabatterie la “colpa” non è dei produttori (lo includono ancora quelli che prevedono un voltaggio superiore al consentito) ma è legato a una decisione della Ue che intende fare diminuire i cosiddetti Raee, ovvero i rifiuti delle apparecchiature elettroniche (troppo difficili da smaltire e che comunque richiedono un processo ad hoc per recuperare quanti più materiali possibili). Mentre di fronte all’assenza di caricabatterie i consumatori europei storcono il naso, tra le novità di Bruxelles ce ne sono alcune destinate ad avvantaggiarli, come per esempio quelle legate al diritto alla riparazione.

COS’È IL DIRITTO ALLA RIPARAZIONE PREVISTO NELLA UE

Nella seconda parte di aprile il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva la direttiva sul cosiddetto “diritto alla riparazione” in capo ai consumatori che di fatto obbliga i fabbricanti di prodotti al consumo a fornire servizi di riparazione “tempestivi ed economici” e a “informare i consumatori sul loro diritto alla riparazione”.

LA GARANZIA LEGALE

Le merci in garanzia legale beneficeranno di un’ulteriore estensione di un anno, incentivando ulteriormente il consumatore a scegliere la riparazione anziché la sostituzione. Una volta scaduta la garanzia legale, il produttore sarà comunque tenuto a intervenire sui prodotti domestici più comuni, che sono tecnicamente riparabili ai sensi della normativa UE, come lavatrici, televisioni, tablet, laptop e smartphone. L’elenco delle categorie di prodotti potrà in seguito essere ampliato. I consumatori potranno anche prendere in prestito un dispositivo mentre il loro è in riparazione o, in alternativa, optare per un apparecchio ricondizionato.

COSA CAMBIA PER I CONSUMATORI

Le novità più importanti ed eclatanti riguardano tutti i dispositivi in commercio e soprattutto quelli di più recente fattura. Nel campo smartphone, per esempio, nell’ultimo periodo si è diffusa l’usanza di impedire all’utenza di accedere al vano della batteria per la sua sostituzione. Una mossa che ha come unico scopo quello di costringere l’utente al cambio dell’intero apparecchio una volta che il ciclo vitale della batteria al litio si è esaurito.

Ma col diritto alla riparazione varato dalla Ue (la cui tempistica non è casuale: oltre alla necessità di ridurre i rifiuti, Bruxelles ha il bisogno di mettere nuovamente in circolazione terre rare e minerali che vengono importati perché fuori dalla disponibilità comunitaria) tutto questo dovrà cambiare.

NOVITÀ IN APPLE

Tra le novità più importanti, che molti consumatori possono già toccare con mano, la decisione dell’americana Apple di rendere disponibile uno strumento noto come “Diagnosi Apple per la riparazione self-service”, che, richiedendo l’accesso online, esegue una serie di test sul device connesso per identificare eventuali problemi spiegando eventualmente come risolverli.

Una piccola rivoluzione considerato che uno strumento di diagnostica tanto prezioso ma pure semplice da usare finora era stato conservato nelle segrete stanze di Cupertino per poter essere utilizzato solo dal personale degli Apple Store. Di fatto, tutte le volte in cui un device della Mela fa i capricci, non bisognerà più rivolgersi al rivenditore autorizzato più vicino, ma si potrà operare un check-up domestico.

I PEZZI DI RICAMBIO

Conseguenza diretta del diritto alla riparazione recentemente introdotto dal legislatore comunitario e che in Apple preferiscono chiamare “programma self-repair”. L’aspetto più importante, sempre strettamente connesso al rispetto delle nuove norme, è che in caso di difetti e guasti, oltre alla possibilità di acquistare parti del device sul sito Apple presto si potranno usare anche pezzi di ricambio usati (ma ancora funzionanti) provenienti da altri iPhone già rottamati. A oggi sono quarantadue in tutto i prodotti riparabili anche dall’utente.

IL RECUPERO DEI RIFIUTI ELETTRONICI

Fondamentale è anche recuperare i rifiuti elettronici, veri e propri tesoretti di metalli preziosi e terre rare. Dove non arriva il buon senso arrivano le norme. Lo scorso 23 maggio è entrato in vigore nei 27 Stati membri dell’Unione europea il Critical Raw Materials Act con lo scopo di garantire l’approvvigionamento diversificato, sicuro e sostenibile delle materie prime critiche per l’industria dell’UE, in particolare di alcuni settori strategici assicurando al tempo stesso una maggiore autonomia strategica dell’Unione da paesi terzi.

Va in questa direzione la decisione di soddisfare entro il 2030 il 25% del fabbisogno annuo di materie prime tramite il riciclaggio delle cosiddette “miniere urbane”: rifiuti solidi urbani e altri prodotti di scarto. Si tratta di un target a dir poco sfidante per il nostro Paese, a oggi ancora distante dagli obiettivi di raccolta previsti a livello europeo, innanzitutto per la difficoltà di indirizzare la raccolta di questa particolare tipologia di rifiuti verso impianti di trattamento adeguato.

LA SITUAZIONE ITALIANA

Secondo lo stesso Centro di coordinamento Raee, il sistema impiantistico in Italia “si trova nelle condizioni di non ricevere e lavorare ingenti quantitativi di queste apparecchiature dismesse rispetto alla sua reale capacità di trattamento, ma soprattutto rispetto all’attuale target europeo”.

Le ragioni del ritardo tutto italiano nella raccolta di questi rifiuti, ormai strategici data la fame di materie prime, sono più di una secondo il Centro di coordinamento Raee: “i comportamenti non corretti nel conferire i rifiuti tecnologici da parte dei cittadini, la dispersione dei Raee al di fuori dei canali ufficiali, oggi più che mai favorita dal valore intrinseco di questi rifiuti, che operatori fuorilegge favoriscono, e su tutto l’assenza di controlli adeguati a contrastare tali fenomeni”.

Secondo il Rapporto gestione Raee 2023 il tasso di raccolta dei rifiuti tecnologici lo scorso anno si è attestato al 30,24%, ben lontano dal target europeo del 65%. Le aziende insomma stanno già facendo la loro parte, i consumatori meno, abbandonando i vecchi caricabatterie e i cavi USB inutilizzati nel cassetto del proprio comodino o, peggio ancora, ingombranti elettrodomestici ai bordi delle strade. Azioni deprecabili, non solo perché inquinano, ma anche perché rendono l’Ue meno competitiva sul fronte dell’approvvigionamento di materie sempre più rare.

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