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Pesticidi

Vi racconto la guerra del cibo green fra Usa e Ue

Le visioni opposte di Usa e Ue su pesticidi e prodotti biologici faranno salire i prezzi. L'articolo di Tino Oldani per Italia Oggi

Il 23 settembre si è svolto a New York uno dei tanti summit Onu, il vertice sui sistemi alimentari, che doveva finire come quasi tutte le riunioni Onu: tante chiacchiere che lasciano le cose come stanno. Stavolta non è andata così. Lo si è capito dall’intervista che il segretario all’Agricoltura Usa, Tom Vilsack, ha rilasciato a Politico dopo il vertice: un attacco frontale alla politica agricola dell’Ue che potrebbe alzare nuove barriere commerciali tra i prodotti agricoli Usa e quelli europei, con ricadute inevitabili sui prezzi del cibo che consumiamo ogni giorno.

La premessa di questa guerra è molto semplice: le produzioni agricole e alimentari sono considerate responsabili di circa un terzo delle emissioni di gas serra. Da qui la decisione dell’Ue di imporre all’agricoltura dei paesi membri una svolta radicale, in sintonia con il Green Deal: ridurre drasticamente l’uso di pesticidi, dimezzandoli entro il 2030, ed estendere le coltivazioni biologiche in modo che coprano un quarto dei terreni agricoli europei. A questa strategia, valida per un decennio, è stato dato il nome di Farm to fork (Dalla fattoria alla forchetta, cioè in tavola), con l’obiettivo di rendere sostenibile sul piano ambientale l’intera politica agricola europea.

Per Vilsack la strategia europea è «una ricetta per il disastro», che ridurrà i raccolti, farà aumentare i prezzi del cibo e minaccia la sicurezza alimentare su scala mondiale. La sua attuazione nei 27 paesi Ue, secondo uno studio del Dipartimento Usa dell’agricoltura, farà scendere la produzione alimentare mondiale dell’11%, mentre i prezzi potrebbero salire dell’89%. «È chiaro che gli Stati Uniti e l’Unione europea stanno seguendo percorsi diversi», ha detto Vilsack. «Il mondo deve essere nutrito, e deve esserlo in modo sostenibile. Ma non possiamo sacrificare un obiettivo per l’altro». In buona sostanza, l’amministrazione Joe Biden ribadisce il proprio sostegno alle lobbies agricole Usa, da sempre favorevoli all’uso dei pesticidi e alle colture Ogm, primo fra tutti il mais geneticamente modificato. E agisce in perfetta continuità con Donald Trump, che aveva attaccato la svolta agricola Ue affermando che, se fosse seguita da altri paesi, nel mondo si rischierebbe una carestia globale.

Così, dopo i contrasti sul ritiro dall’Afghanistan e sui sottomarini Aukus, tra Washington e Bruxelles parte il confronto sul cibo del futuro, che per l’Europa dovrà essere green, costi quel che costi, mentre per gli Usa la quantità viene prima della sostenibilità ambientale. Un principio che gli Usa giudicano irrinunciabile se si vuole dare da mangiare al mondo intero. Per questo Vilsack si sta dando da fare per impedire che l’esempio europeo sia seguito da qualche paese delle due Americhe, timore più che fondato dopo che il Messico ha introdotto il divieto per il glifosato, l’erbicida più contestato al mondo, e per il mais ogm.

Inutile dire che le maggiori lobbies agricole Usa sono al fianco di Vilsack. Per David Salmosen, esponente di spicco dell’American farm bureau federation, la più grande organizzazione di agricoltori americani, la strategia europea Farm to fork «potrebbe tradursi in nuove barriere commerciali tra le due sponde dell’Atlantico nel commercio dei prodotti agricoli». Il tutto a svantaggio dei produttori americani, già in difficoltà nell’export della carne, a causa degli standard di sicurezza europei, che vietano l’import di carni agli ormoni.

Per tutta risposta, sostiene Politico, il capo del Green Deal europeo, Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione Ue, ha ribadito che la produttività dell’agricoltura europea «non deve essere più fondamentale. In passato, abbiamo creato un sistema che ha spinto gli agricoltori ad accrescere continuamente le produzioni. Ma quel sistema ha sfruttato la terra oltre i suoi limiti: per questo dobbiamo smetterla di calcolare il successo in base al numero dei carri di cibo che produciamo». Da qui lo scontro Ue-Usa: qualità contro produttività, cibo green contro il mais geneticamente modificato e le bistecche agli ormoni.

I miliardi in gioco sono tanti, e le grandi industrie del settore, quelle dei pesticidi e delle coltivazioni Ogm in testa, sono all’opera per convincere qualche paese europeo a mettere in discussione il piano Farm to fork. Guarda caso, le lobbies degli agricoltori europei Copa e Cogeca si sono dette preoccupate per il potenziale calo di produzione agricola e hanno chiesto alla Commissione Ue di approfondire gli studi sulle conseguenze della strategia green, che prevede anche un minore esborso di sussidi agricoli rispetto al passato, e rischia di colpire il settore troppo duramente. Lamentele finora ignorate dal vertice dell’Ue, che resta compatto. Anzi, potrebbe addirittura dare un altro giro di vite.

Nella prima metà del prossimo anno, la presidenza di turno dell’Ue toccherà alla Francia, nel pieno della corsa all’Eliseo. Un’occasione che Emmanuel Macron vuole sfruttare a fondo per farsi rieleggere, tanto da avere già fatto trapelare agli agricoltori francesi che farà di tutto perché l’Ue adotti nuovi provvedimenti per restringere le importazioni da paesi che l’Ue ritiene dotati di standard inferiori a quelli europei, specie nell’uso di prodotti agrochimici. Nel suo mirino, è evidente, ci c’è Joe Biden, ansioso di vendicarsi per lo scippo del contratto sui sottomarini nucleari. E per gli agricoltori Usa non è una buona notizia.

 

Articolo pubblicato su ItaliaOggi

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