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Petrolio

Tutti i subbugli del petrolio

Che cosa succede al petrolio? Il punto dell'economista esperto di energia Davide Tabarelli

Il crollo del prezzo del petrolio si fonda su un “meccanismo semplice” secondo Davide Tabarelli, presidente e fondatore di Nomisma Energia. Sono le conseguenze sugli equilibri mondiali ad essere imprevedibili. Durante questa settimana il greggio WTI per maggio è arrivato in territorio negativo, nel senso che alcuni produttori sono arrivati a pagare gli acquirenti fino a 40 dollari al barile, come se il benzinaio ci pagasse quando facciamo rifornimento. Come è possibile? E quali possono essere le conseguenze? Per capirlo Enrico Cisnetto ha riunito alcuni esperti nella sua WarRoom – il format web di Roma Incontra nato in questo periodo di quarantena – tra cui proprio Tabarelli, insieme ad Alessandro Orsini, che dirige l’osservatorio sulla sicurezza internazionale alla Luiss, e l’economista Mario Deaglio.

“Nel mondo venivano estratti in media circa 100 milioni di barili di petrolio ogni giorno, ma per effetto della pandemia il consumo si è ridotto e ad aprile si registra un’eccedenza di circa 30 milioni di barili al giorno” spiega Tabarelli. “Durante l’ultimo vertice Opec, aperto alla Russia, si è deciso un taglio di 10 milioni che, comprendo le riduzioni di altri Paesi potrebbe forse arrivare a 15. Ma di fronte a una riduzione della domanda di circa 30 milioni c’è comunque un’eccedenza che sta riempiendo i depositi”. Insomma, le petroliere sono stipate come non mai, ferme fuori dai porti, che aspettano che qualcuno compri. “E la produzione non può mica scendere a piacimento – dice il presidente di Nomisma Energia – perché se un giacimento viene chiuso, è automaticamente distrutto. Per cui rischieremmo un rimbalzo violentissimo del prezzo”.

Al di là delle (minimali) oscillazioni sul prezzo della benzina (che per due terzi è composto di imposte), il fenomeno è gravido di conseguenze a livello planetario. Qualcuna positiva, ma la maggior parte negative. Orsini racconta che l’Arabia Saudita, a corto di risorse, ha fermato i bombardamenti sullo Yemen che andavano avanti dal 2015. Ma ha anche sottolineato che ci sono altri Paesi che vivono solo di petrolio e che sono politicamente instabili. E quindi bombe pronte ad esploder. “In Iraq, che si finanzia al 90% dalla vendita del petrolio, si rischia la bancarotta. Già a maggio non ci sono i soldi per pagare gli stipendi. E considerando la presenza di un nostro contingente militare – aggiunge – come quella dell’Isis, la vicina guerra in Siria, proprio in Iraq si rischia un’altra guerra civile”. Mettendo a rischio l’intero quadrante.

Può accadere altrove? “La Libia è il caso più eclatante. E si dice che Khailfa Haftar non abbia più i soldi per pagare mercenari” rivela Tabarelli. Per cui si spiegherebbero le recenti sconfitte militari. “Sono decenni, almeno dalla caduta dell’Impero Ottomano, che tutto ruota sempre intorno all’oro nero. Ma l’instabilità dei Paesi produttori è un problema che ci riguarda”, aggiunge. E prezzi troppo bassi sono pericolosi, “tanto che per alcuni, come per esempio l’Algeria che è nostro secondo fornitore dopo la Russia, avrebbero bisogno di prezzi di almeno 40 dollari al barile per i loro bilanci”. Quindi? “Quindi l’Europa dovrebbe affrettarsi a comprare molto petrolio ora, da mettere nei siti di stoccaggio. In questo modo, da un lato, metterebbe in sicurezza i propri cittadini e il proprio approvvigionamento di fronte a eventuali shock futuri, dall’altro aiuterebbe molti Paesi con cui ha relazioni a non cadere nel caos”. E il green deal? “Diciamo che le idee di abbandonare l’era del petrolio, che pure in Italia riscuote molti successi anche tra alcuni esponenti politici, è ancora molto fantasiosa”. Giusto per non buttare benzina sul fuoco.

 

Massimo Pittarello

@m_pitta

 

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