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Sabotaggio Nord Stream

Tutte le ultime scintille Usa-Germania sul Nord Stream 2

Continua la partita  fra Washington e Berlino per il gasdotto Nord Stream 2. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

Continua la partita a scacchi fra Washington e Berlino per Nord Stream 2, il raddoppio del gasdotto già operativo dal 2012 sotto il Mar Baltico che accrescerebbe di altri 55 miliardi di metri cubi il trasporto di gas dalla Russia alla Germania. Un progetto che gli Stati Uniti avversano da sempre, ufficialmente perché temono l’eccessiva dipendenza della Germania e dell’Europa dai rifornimenti russi, ma secondo Berlino (e Mosca) per motivi più prettamente commerciali: gli Usa vorrebbero in realtà convincere gli europei a comprare lo shale gas americano. La minaccia di sanzioni contro l’impresa navale svizzero-olandese Allseas che stava ultimando la posa dei tubi sul fondo del Baltico ha bloccato il completamento dell’opera sull’ultimo miglio.

EUROPA DIVISA,  POLONIA E BALTICI CONTRARI

Il Nord Stream 2 ha anche diviso la stessa Europa, con alcuni paesi occidentali favorevoli al progetto di Gazprom, cui partecipano a vario titolo circa 120 aziende di 12 Stati, e gran parte dell’ex blocco orientale contrario. In particolare Polonia e paesi Baltici, che temono la morsa russa, per non parlare dell’Ucraina, che pur non facendo parte dell’Ue riesce ad avere qualche voce in capitolo, preoccupata di perdere i diritti di transito del gas russo che arriva in Europa attraverso la pipeline sul suo territorio. E proprio la fragile situazione di Kiev, peraltro ancora coinvolta nel conflitto congelato nelle sue regioni orientali dopo aver perso la Crimea ma accusata da Mosca di minare la propria credibilità come affidabile fornitore di gas, è stata oggetto della diplomazia di Merkel con Putin. Una diplomazia che non ha convinto Donald Trump.

DALLA DANIMARCA VIA LIBERA ALLE NAVI RUSSE

Le ultime mosse, contrastanti, sono arrivate dalla Danimarca e dagli Usa. All’inizio della scorsa settimana, il governo di Copenhagen aveva dato il via libera all’impiego delle speciali navi russe che dovranno sostituire quelle di Allseas nel deposito delle tubature sui fondali, una parte dei quali si trova nelle acque territoriali danesi. Una speciale autorizzazione è necessaria a causa della massiccia presenza sui fondali di residui bellici della seconda guerra mondiale. Dal 3 agosto dunque i russi potranno avviare i lavori per completare i 1.230 chilometri di tubi che collegheranno le spiagge di Ust-Luga, nei pressi di Wyborg, con quelle di Lubmin, vicino Greifswald, nel Meclenburgo. Dopo il blocco delle navi di Allseas, era stato Putin in persona a garantire ai tedeschi che il ritardo sarebbe stato contenuto e che si sarebbe cercata la strada per impegnare mezzi propri. Giorni fa, la nave russa Akademik Cherskij, specializzata nella posa di condotte, era stata avvistata nella zona in cui erano stati interrotti i lavori del Nord Stream 2.

POMPEO ANNUNCIA NUOVE SANZIONI A IMPRESE E AMMINISTRAZIONI

Appena una settimana dopo, il segretario di Stato Usa Mike Pompeo ha annunciato in una conferenza stampa la sospensione delle eccezioni che facevano riferimento al quadro di sanzioni su Nord Stream 2 e un loro ampliamento a tutte le imprese in qualche modo coinvolte nel progetto e anche alle autorità amministrative di regioni o comuni coinvolti. Fino a ora le sanzioni erano escluse per quelle aziende impegnate in lavori già avviati al momento della loro entrata in vigore. Ora tale eccezione non vale più. Al contrario sono ipotizzabili restrizioni dei visti per manager, blocchi a transazioni finanziarie o sequestri di beni.

“Ritiratevi o sperimenterete le conseguenze” è stato il monito per nulla diplomatico lanciato da Pompeo alle imprese europee. Il passo annunciato dal segretario di Stato non significa che le nuove sanzioni scatteranno automaticamente, ma aumenta di molto la probabilità che ciò accada. Anche perché l’opposizione al Nord Stream 2 è uno dei pochi terreni politici in cui repubblicani e democratici agiscono di comune accordo. Il Congresso poi potrebbe a sua volta varare ulteriori sanzioni: “Faremo di tutto perché la Pipeline di Putin non entri mai in funzione”, hanno detto all’unisono i due senatori che stanno lavorando in maniera bipartisan alla legge, Tom Cotton e Ted Cruz.

BERLINO REAGISCE MA E’ DI FATTO IMPOTENTE

Da parte tedesca c’è il tentativo di europeizzare la vicenda, nonostante le differenze di posizione all’interno dell’Ue e l’opposizione a suo tempo ostentata senza grande successo dal parlamento e della commissione. La reazione ufficiale è stata affidata al contraltare di Pompeo. Con le minacce “il governo americano viola il diritto e la sovranità dell’Europa di decidere da sola da dove e come rifornirsi di energia”, ha detto Heiko Maas. Per il ministro degli Esteri tedesco “la politica energetica europea deve essere fatta in Europa e non a Washington”. Infine ha ribadito il non riconoscimento delle sanzioni extraterritoriali.

Una risposta dovuta, ma in qualche modo ancora contenuta rispetto a quella che sarebbe stata una dichiarazione di Angela Merkel, pure sollecitata da alcuni parlamentari dell’Spd, il partito più schierato a favore del progetto (che ha come sponsor l’ex cancelliere spd Gerhard Schröder). Gli industriali rappresentati dalla potente Ost-Ausschuss, associazione che raccoglie l’adesione di centinaia di imprese tedesche impegnate sui mercati est-europei, parla di “momento più basso delle relazioni transatlantiche” e in effetti si sommano i dossier su cui i due grandi alleati dei tempi della Guerra fredda confliggono.

NELLE MANI DI PUTIN

Di fatto però il governo tedesco spera che siano i russi a sbrogliare la matassa. Il lavoro diplomatico di Berlino non ha prodotto aperture da parte statunitense: né le rassicurazioni sull’Ucraina strappate da Merkel a Putin, né le concessioni sulla costruzione di impianti di rigassificazione per importare lo shale gas americano (progetto che peraltro subirà rallentamenti dovuti al calo della domanda di gas). Tutti gli spiragli di mediazione con Washington appaiono chiusi e, al di là delle dichiarazioni ufficiali, pare impossibile anche attivare una vera unità europea, data la ferma contrarietà di partner importanti come la Polonia. Gli Usa hanno gli strumenti per continuare a rallentare il completamento dell’opera e forse anche per evitare che entri in funzione una volta completata. Non resta che attendere e, da parte tedesca, sperare che Putin vinca da solo la sua personale partita a scacchi con gli Usa.

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