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Libia

TurkStream, EastMed, Libia, Eni: ecco cosa deve fare l’Italia. Parla il prof. Clò

Conversazione tra energia e geopolitica su Libia e non solo con l'economista Alberto Clò, direttore di Rivista Energia

Mentre Turchia e Russia festeggiano il battesimo del Turkstream, il gasdotto a due linee che dovrebbe portare complessivamente 31,5 miliardi di metri cubi di gas a Turchia e Europa del Sud, Recep Tayyip Erdoğan e Vladimir Putin guardano, congiuntamente, anche alla Libia e da Istanbul, dove i due hanno inaugurato il TurkStream, si dicono pronti ad operare per “garantire un cessate il fuoco immediato” tra Fayez al Serraj e Khalifa Haftar “per l’avvio di un processo politico intra-libico inclusivo sotto gli auspici delle Nazioni Unite”.

Le ultime mosse di Ankara e Russia destabilizzano gli equilibri del Mediterraneo, energetici e politici, con l’Italia che proprio sulla questione libica risulta essere la grande assente. Ma quali le conseguenze per il nostro Paese? E per l’Europa? Cosa succederà ad Eni in Libia?

Lo abbiamo chiesto all’economista Alberto Clò, direttore di Rivista Energia.

Professore Clò, da ieri è ufficialmente operativo il TurkStream. Cosa cambia per l’Europa e l’Italia?

Avremo sicuramente una nuova via di accesso per il gas, ma la nuova infrastruttura non vuol dire certamente diversificazione, anzi. Il rifornimento per l’Europa del Sud arriverà comunque della Russia. Per diversificare, per esempio, l’Europa avrebbe potuto puntare sulle risorse e infrastrutture interne, come il gasdotto Spagna-Francia. Il TurkStream rappresenta una nuova via che va ad aggiungersi alle infrastrutture esistenti e a quelle in progetto, ma dobbiamo precisare che già le infrastrutture esistenti non sfruttano a pieno la capacità di carico. Non lo farà nemmeno il TurkStream, la domanda di gas è stabile.

Vuol dire che non abbiamo bisogno di nuove infrastrutture?

Il gas è ancora importante, ma se le politiche energetiche di Italia ed Ue sono quelle che si stanno delineando negli ultimi mesi e su queste dobbiamo progettare ed investire, allora non servono nuovi gasdotti.

Si riferisce al Green Deal Europeo?

Esattamente. A dicembre Ursula von der Leyen ha presentato quello che dovrebbe essere il Green Deal europeo, in cui è previsto che al 2050 l’Europa sarà carbon neutral. Se dobbiamo credere e perseguire questo obiettivo allora dobbiamo ridurre drasticamente anche l’utilizzo del gas. Abbiamo bisogno o no, dunque, di altri gasdotti? La verità è che c’è confusione.

Cioè?

Cioè si promette tutto e il contrario di tutto. La Von der Leyen ha promesso un piano attuativo del Green Deal entro 100 giorni e ha già detto che sono previsti 26 miliardi di investimento l’anno. Chi pagherà per tutto questo? Gli Stati? No. I privati? Difficile se non hanno una redditività assicurata.

E allora?

Allora potrebbe accadere che a pagare siano i cittadini, nelle bollette, che già dovranno fare i conti con aumenti certi con la fine del mercato tutelato, se mai avverrà.

Cosa farà l’Italia con l’EastMed?

Difficile saperlo ed anche intuirlo. Basti sapere che negli ultimi piani energetici, il SouthStream era, prima, una struttura importante, poi è stata ritenuta non essenziale. Su questo fronte siamo volubili.

Ma serve?

Sono benvenute tutte le infrastrutture che i privati possono finanziare, ma anche i privati ora devono capire se a lungo andare (non tanto lungo) hanno un loro ritorno economico.

E in Libia su petrolio e gas l’Italia come deve muoversi?

Deve ricordarsi che la Libia è importante per l’Italia da un punto di vista energetico. Solo lo scorso anno, dalla Libia, sono arrivati 6 miliardi di metri cubi di gas, l’8% del totale importato. Se dovesse venire meno il rifornimento saremmo in difficoltà e la responsabilità è anche nostra.

Cosa vuole dire?

Che dipendiamo tanto da terzi e non puntiamo sulla produzione interna. Nel giro di 10 anni abbiamo dimezzato la produzione e dobbiamo trovare le sostituzioni. Ci aggrappiamo a dei contratti a lungo termine con i Paesi, ma anche questi contratti che stiamo negoziando sono caratterizzati da una forte riduzione dei flussi.

Torniamo alla Libia. Quali sono i veri interessi di Eni: meglio Haftar o Sarraj?

Eni rappresenta un interesse per la Libia. Che sia Haftar o Sarraj, Eni serve alla Libia. È l’Italia ad aver lasciato sola Eni in questa partita, ma la società di Oil&Gas sa bene giocare le sue carte. Non è la prima volta, comunque, che Eni si trova al centro di questioni politiche, è stata anche mediatrice tra Egitto ed Israele.

La vera ricchezza della Libia sono gli introiti della Noc che finiscono alla banca centrale che è governata da Tripoli?

Sì e il petrolio è al centro della crisi libica. E questo sa cosa significa?

Cosa?

Che il petrolio, nonostante tutto quello che si dice, ha ancora un ruolo da protagonista nel settore energetico e politico. E a dimostrare il suo ruolo è stato anche Trump?

Ovvero?

Ieri, in occasione del suo discorso dopo l’attacco all’Iran. Ha parlato di un’America energeticamente indipendente e quindi libera. Un’America che può disinteressarsi alla questione Medio Orientale o che può entrarci in modo dirompente, senza dover dar conto a nessuno o temere ritorsioni, almeno energeticamente parlando. Essere energeticamente indipendenti significa anche essere liberi.

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