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Fioramonti

Perché sono incredibili le frasi del ministro Fioramonti su Eni e petrolio. Il commento di Clò

Il commento dell'economista Alberto Clò, direttore di Rivista Energia, alle parole del ministro dell'Istruzione, della Ricerca e dell'Università, Lorenzo Fioramonti (M5s)

Le dichiarazioni sull’ENI formulate a Madrid alla COP 25 dal ministro all’Istruzione, della Università, della Ricerca, Lorenzo Fioramonti hanno dell’incredibile. Per più ragioni.

Primo: perché non si sa a che titolo abbia parlato (e vi abbia partecipato), se personale o come rappresentante di uno Stato che detiene il controllo di ENI ma col 70% del suo capitale in mano ad altri azionisti, per lo più privati ed internazionali. Azionisti che, evidentemente, non gli hanno dato alcun credito, col titolo ieri rimasto stabile, come nessun credito gli hanno dato altri membri del governo. Come del resto accaduto anche con un’altra proposta del Nostro: tassare le merendine. Spiace e sorprende, invece, che esponenti del movimento ambientalista nostrano abbiano plaudito alla balzana proposta senza aver evidentemente contezza degli effetti che ne deriverebbero sul valore dell’azienda, sulle casse dello stato, e a veder bene anche sul futuro green del paese, cui Eni sta contribuendo più di molte alte imprese, a spese sue, proprio grazie alle risorse che trae dagli idrocarburi.

Secondo: perché chiedere all’ENI di azzerare da domani ogni investimento negli idrocarburi, petrolio e metano, “così che nel 2025 – ha dichiarato – il petrolio sarà un centesimo (sic!) nelle attività di Eni, nel 2030 saremo completamente green” è fuori da ogni razionalità e logica economica/aziendale/energetica e, non meno importante, sconta una totale imbarazzante ignoranza su cosa sia oggi ENI nelle sue articolazioni produttive; nelle sue proiezioni internazionali; nei suoi obblighi contrattuali con Stati esteri o con altre imprese; nel ruolo che ha da sempre svolto nel nostro paese. Ancora: nulla sa sul piano strategico 2019-2022 di ENI approvato nella primavera scorsa dal Consiglio di Amministrazione e non modificabile radicalmente d’emblai così da produrre gli (scellerati) esiti attesi nel giro di poco tempo. Anche qualora ENI cancellasse da domani ogni investimento nell’esplorazione, sviluppo, produzione di idrocarburi non avrebbe comunque modo di ricostruire in questo arco di tempo un ‘dopo’ minimamente paragonabile all’attuale giro di affari e redditività.

Terzo: perché se ENI uscisse dal nostro mercato, non assicurando più al paese quelle condizioni di sicurezza che ha saputo dimostrare specie negli approvvigionamenti di metano, altre compagnie la sostituiranno mentre petrolio e metano non scompariranno di certo dal nostro bilancio energetico cui queste fonti contribuiscono in misura maggioritaria. Quel che anche qui il Nostro avrebbe dovuto sapere.

Quarto: perché non è possibile che un ministro della Repubblica la spari osì grossa – per altro su un palcoscenico mondiale – senza che nessun altro membro del governo abbia ritenuto di dover intervenire per stigmatizzare le dichiarazioni del Nostro. Convinto per giunta d’aver ragione visto che, ha dichiarato, “nessuno nel governo italiano ha mai detto una cosa del genere”. Ci sarà pure stata una valida ragione: ed è l’assoluta assurdità della sua proposta.

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