L’ondata di freddo in Texas, negli Stati Uniti, con temperature anche di 16 gradi sotto zero, ha messo in crisi la rete elettrica locale, ritrovatasi impreparata a rispondere al forte aumento della domanda di elettricità per il riscaldamento.
Il gestore del sistema, ERCOT (Electric Reliability Council of Texas), ha dovuto procedere con dei blackout a rotazione, lasciando per giorni milioni di persone senza corrente in un momento di grande necessità.
GLI ATTACCHI DEL PARTITO REPUBBLICANO
Steve Daines, senatore del Partito repubblicano per lo stato del Montana, ha scritto su Twitter che la situazione in Texas è “un esempio perfetto della necessità di fonti energetiche affidabili, come il gas naturale e il carbone”.
Non è stato il solo, tra i commentatori di orientamento conservatore, ad esprimere pensieri simili: Daines e altri sostengono cioè che la colpa delle interruzioni di corrente in Texas sia dovuta alle fonti rinnovabili come l’eolico e il solare, che sono intermittenti nella generazione – il loro output dipende infatti da fattori esterni – e quindi non in grado di garantire stabilità e flessibilità alla rete elettrica.
QUANTO PESANO LE RINNOVABILI IN TEXAS
È un pensiero però non sostenuto dai fatti. È vero che il freddo e il ghiaccio hanno reso inutilizzabili parecchie turbine eoliche dello stato. Ma le centrali a gas naturale, a carbone e nucleari hanno avuto molti più problemi: secondo l’operatore locale, tutti questi impianti sono stati responsabili di quasi il doppio delle interruzioni nelle forniture rispetto alle turbine eoliche e ai pannelli solari congelati.
ERCOT ha detto che, su un totale di 45 gigawatt di energia elettrica non disponibili a livello statale martedì scorso, circa 30 GW provenivano dal carbone, dal gas e dal nucleare; altri 16 GW provenivano invece da fonti rinnovabili.
Il mix energetico texano dipende soprattutto dal gas naturale. Nei mesi invernali, l’eolico vale circa il 7 per cento della capacità totale dello stato; di contro, gas, carbone e nucleare rappresentano l’80 per cento.
PERCHÉ IL GREEN NEW DEAL NON C’ENTRA
Lauren Boebert, parlamentare del Partito repubblicano dalle posizioni estremiste, ha scritto su Twitter che gli Stati Uniti hanno bisogno di “fonti di energia affidabili” e che il “Green New Deal si è dimostrato insostenibile, e le rinnovabili sono chiaramente inaffidabili”.
Menzionare il Green New Deal – il piano per l’energia e il clima promosso dalla sinistra del Partito democratico, e in particolare dalla deputata Alexandria Ocasio-Cortez – non ha alcun senso, spiega Associated Press: non esiste una versione del Green New Deal in vigore né a livello texano né a livello federale. Il programma del nuovo presidente Joe Biden, che pure si pone ambiziosi sulla capacità rinnovabile e sulla decarbonizzazione, è diverso.
COM’È FATTA LA RETE ELETTRICA DEL TEXAS
Il problema della crisi delle forniture è piuttosto una questione infrastrutturale e ideologica. La rete elettrica del Texas è infatti, per scelta, una rete a sé, separata dai sistemi che servono gli altri stati americani. È indipendente, nel senso che non è sottoposta al controllo delle autorità federali ed è quasi autonoma nelle risorse. Ma è anche isolata, perché non possiede connessioni con le griglie elettriche degli stati vicini e non può importare energia in caso di bisogno.
A differenza degli altri sistemi americani, in Texas non esiste un capacity market (“mercato della capacità”): si tratta di un meccanismo che permette al gestore della rete, ERCOT, di approvvigionare capacità di energia elettrica attraverso dei contratti con altri operatori, assegnati tramite aste.