La direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri e Presidente del Cipess, Mario Draghi, reca “Linee di indirizzo sull’azione del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS) per l’anno 2022″.
In marzo si è avviato un percorso istituzionale che condurrà, entro l’anno, alla definizione di criteri e metodologie in base alle quali le amministrazioni componenti il Cipess sottoporranno a decisione proposte di investimento orientate al perseguimento dei target relativi agli obiettivi di sviluppo sostenibile. La direttiva è in sostanza finalizzata a rafforzare meccanismo istituzionale/amministrativo disponibile per assicurare la coerenza delle politiche di investimento pubblico con gli obiettivi di sostenibilità derivanti dagli impegni assunti dall’Italia in sede internazionale ed europea.
Entro l’anno 2022, il Cipess sta lavorando per adottare una delibera contenente le linee guida generali e gli indicatori di sostenibilità sulla cui base dovranno essere valutate le istruttorie da sottoporre all’esame del Comitato. Siamo di fronte alla più grande e complessa sfida con cui il Paese si dovrà misurare nei prossimi anni, ovvero coniugare la crescita con la sostenibilità con una precisa road map definendo entro il 2022, la ‘cassetta degli attrezzi’, vale a dire un set di indicatori di sostenibilità che costituirà la lente attraverso cui valutare le proposte di investimento pubblico da sottoporre all’esame del comitato e che sia in linea anche con la tassonomia Ue. Il tutto facendo anche tesoro del lavoro condotto finora dal Dipe, il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, che ha già avviato iniziative sperimentali volte a individuare metodologie e strumenti per la valutazione di sostenibilità delle decisioni di competenza del Cipess e che lavorerà in stretto raccordo con il comitato.
L’obiettivo è dunque quello di mettere a punto un documento di base, contenente le indicazioni da seguire e la documentazione integrativa sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale da presentare per le proposte di finanziamento di piani e progetti.
Le nuove verifiche di sostenibilità non devono però tradursi in un rallentamento degli investimenti, proprio nel momento in cui il governo è impegnato nella gestione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che si deve concretizzare in centinaia di miliardi di investimenti da attuarsi entro il 2026. Il Dipe ha avviato una consultazione con il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims), che deve attuare una ampia porzione di questi investimenti. Il Pnrr è il rodaggio di un metodo che varrà per valutare e selezionare i progetti e il lavoro che il Dipe sta facendo col Mims serve anche per impostare il percorso di altri ministeri che devono ancora avviare il cambio di rotta verso la sostenibilità.
È evidente che l’impronta degli investimenti pubblici verso la sostenibilità e l’equilibrio intergenerazionale sono due aspetti della stessa battaglia. I temi della sostenibilità non sono delegati ai singoli ministeri, in particolare al ministero della Transizione ecologica che, pur avendo cambiato nome e accresciuto le competenze rispetto al vecchio ministero dell’Ambiente, non è comunque in condizione di seguire tutti gli aspetti dell’azione pubblica necessaria per realizzare in Italia gli Obiettivi dell’Agenda 2030.
Non sono ammessi ritardi incertezze, ma la paziente e difficile costruzione di itinerari di azione per lo sviluppo del Paese sono nella ricerca che non si è interrotta che è preziosa per consentire all’Italia di uscire dalla crisi non con un ritorno all’indietro, ma con nuove regole più adatte alle sfide del futuro. Il Cipe, Comitato interministeriale per la programmazione economica, è l’organo che determina i criteri di assegnazione dei fondi agli investimenti pubblici e alle iniziative private soggette ad agevolazioni e la trasformazione in Cipess, stabilendo un nesso tra programmazione economica e sviluppo sostenibile, non è solo un fatto nominalistico, ma induce a un effettivo mutamento nei criteri di scelta perché si realizza dunque un nesso diretto tra le scelte di politica economica nazionale e i 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu.