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Eni Gazprom

Tutte le conseguenze finanziarie su Eni, Galp e non solo per le sanzioni anti Russia

Cosa succede alle finanze delle società energetiche dopo le sanzioni al petrolio russo? L'articolo di Edoardo Narduzzi, presidente di gAIn RoboWealth.

La transizione energetica dal fossile alle energie rinnovabili sembrava aver intonato il de profundis per i titoli petroliferi. La domanda di oil appariva destinata ad essere gradualmente ridimensionata e con essa le prospettive di fatturato e di guadagno delle società del settore.

Poi l’attacco all’Ucraina da parte della Russia ha innescato uno scenario originale, perché il petrolio russo è stato oggetto di sanzioni da parte dei paesi occidentali ed ha aggiunto Mosca ai molti paesi produttori che da anni sono impossibilitati ad estrarre e commercializzare il loro oro nero nei mercati internazionali in quanto destinatari di qualche forma di embargo come l’Iran o il Venezuela. Senza contare che due grandi produttori di petrolio, come la Libia e l’Iraq, vivono da anni una realtà politica tutt’altro che favorevole alla loro piena capacità estrattiva.

Il risultato è visibile nei bilanci delle principali società petrolifere quotate in borsa con margini industriali in ottimo miglioramento e soprattutto nel rendimento offerto agli azionisti in termini di dividendi distribuiti. È il caso dell’Eni che, dall’alto dei circa quaranta miliardi di capitalizzazione, al prezzo di borsa attuale offre un rendimento annuo con i dividendi attesi vicino all’8%, rappresentando anche un hedging perfetto per sterilizzare l’impatto dell’inflazione sulla liquidità o sugli investimenti. Il target price del colosso petrolifero italiano è stato appena visto al rialzo a 18 euro dalla casa di investimento Jefferies con un potenziale rialzo atteso del 60,28% rispetto al prezzo di chiusura di venerdì scorso.

Altro titolo dalla cedola anti-inflazione e la portoghese Galp che capitalizza poco più di nove miliardi ed al prezzo attuale di 10,6 euro offre uno yield annuo del 7,97%. La società è ben presente nelle ex colonie portoghesi, come Angola e Mozambico, ora più ricercate rispetto al passato dai produttori internazionali interessati a trovare mercati alternativi alle materie prime di Vladimir Putin.

Per gli investitori più disponibili a prendere dei rischi in questa fase dei mercati si suggerisce di analizzare la società petrolifera russa indipendente e non sanzionata Novatek, attiva anche in progetti per la riduzione della CO2 e nel comparto dell’idrogeno. Capitalizza oltre 11 miliardi di dollari e scambia a 38,3 dollari e lo scorso 8 giugno ha pagato un dividendo di 7,80 dollari che l’ha incoronata reginetta del rendimento con un abbondante 20% annuo. Vanta un profit margin del 40,75% e un payout del 36% e potrebbe approfittare, essendo basata nella Siberia russa, della crescita della domanda asiatica e del fatto di non essere stata oggetto di sanzioni internazionali e quindi della piena operatività nei mercati internazionali.

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