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Saipem

Consob, tutte le ricadute del caso Saipem

L'articolo di Michelangelo Colombo

L’amministratore delegato di Saipem, Stefano Cao, e a vario titolo due suoi dirigenti e un ex sono indagati dalla Procura di Milano nell’ambito di una inchiesta che ipotizza false comunicazioni sociali «relativamente al bilancio 2015 e 2016, la manipolazione del mercato commessa dal 27 ottobre 2015 all’aprile 2017 e il falso nel prospetto dell’aumento di capitale del gennaio 2016». E’ quello che si legge in una nota di ieri della società.

CHE COSA HA COMUNICATO SAIPEM

Saipem ha informato inoltre che la Procura ha notificato ieri alla società un «decreto di perquisizione locale e sequestro e contestuale informazione di garanzia», in relazione al presunto illecito amministrativo dipendente dal contestato reato presupposto di false comunicazioni sociali asseritamente commesso dall’aprile 2016 all’aprile 2017, nonché in relazione al presunto illecito amministrativo dipendente dal contestato reato presupposto di manipolazione del mercato, asseritamente commesso dal 27 ottobre 2015 all’aprile 2017.

L’INIZIATIVA DELLA CONSOB

Saipem nella nota ricorda che Consob, con delibera del 2 marzo 2018, ha affermato la non conformità del bilancio consolidato e di esercizio 2015 e 2016 alle norme che ne disciplinano la predisposizione. Nel mese aprile 2018, Saipem ha impugnato tale delibera dinanzi al Tar Lazio, presso il quale pende tuttora il giudizio.

LA MULTA DELLA COMMISSIONE

Il 6 aprile 2018, la Divisione Informazione Emittenti di Consob ha avviato un procedimento amministrativo sanzionatorio formulando talune contestazioni in ordine alla documentazione d’offerta messa a disposizione del pubblico da Saipem in occasione della operazione di aumento di capitale del 2016. Tale procedimento è tuttora in corso.

LE ORIGINI DELLA VICENDA

Tutto nasce alla fine di ottobre 2015, quando si realizza una articolata operazione con cui Eni lascia al suo destino la controllata nei servizi, cedendone il 12,5% al Fondo strategico italiano – lo strumento della Cassa depositi e prestiti per investire nelle aziende ritenute strategiche dal governo – a un prezzo compreso tra 7,40 e 8,83 euro per azione, e mettendo le basi per deconsolidare il debito: ben 5,7 miliardi nei conti a fine settembre 2015, uno in più di un anno prima. “E’ una tappa fondamentale per la strategia di trasformazione di Eni – spiegò l’ad dell’Eni, Claudio Descalzi -. Ci permette di focalizzarci sulle attività principali e usare le risorse finanziarie addizionali per lo sviluppo delle ingenti riserve di olio e gas scoperte negli ultimi anni”.

I COMMENTI

L’acquisizione della quota di Saipem fu – scrisse il quotidiano Repubblica – “la prima operazione della nuova era (voluta da Matteo Renzi che ha nominato Claudio Costamagna come presidente e Fabio Gallia in qualità di amministratore delegato, per rafforzare il ruolo della Cdp e dei suoi fondi)”.

GLI UOMINI DEL DOSSIER

A seguire in prima persona il dossier all’epoca ci furono, oltre all’ex ad, Fabio Gallia, in primis l’ex presidente della Cassa, Claudio Costamagna.

LA PAROLA ALLA CORTE

Fu un’operazione industriale, strategica o anche politica? Di sicuro ci fu una richiesta di “aiuto”, secondo quanto si legge nella relazione della Corte dei Conti sul bilancio 2015 della Cassa depositi e prestiti. Ecco lo scarno passaggio sull’operazione di Cdp che si legge nella relazione dei magistrati contabili: “Ciò che è aumentato sono le richieste di aiuto nei confronti della Cdp chiamata ad intervenire, proprio in virtù delle sue disponibilità, in situazioni molto critiche: sblocco dei crediti verso la PA, finanziamento di infrastrutture, salvataggi di imprese in crisi (oggi l’Ilva, in passato Parmalat, Montepaschi e Alitalia) o alla ricerca di capitali (Saipem, Fincantieri)”.

L’ESITO DELL’AUMENTO DI CAPITALE

L’aumento di capitale di Saipem si chiuse a metà febbraio del 2016, in un clima pessimo sottolineò il Fatto Quotidiano: “Le azioni Saipem hanno chiuso la seduta con una flessione di oltre il 12% a 0,318 euro, nuovo minimo assoluto. Un bagno di sangue per tutti gli azionisti, per le banche del consorzio che si sono impegnate a sottoscrivere l’inoptato – ben il 12,2 %- e in particolare per chi – come la Cassa depositi e presiti– ha investito su Saipem solo pochi mesi fa e ora si ritrova in portafoglio un titolo che vale oltre l’80% in meno”.

CHE COSA SI LEGGE NELLA RELAZIONE

L’impatto di Saipem nel bilancio 2016 della Cassa è stato così descritto nella relazione della Corte dei Conti: “Il risultato della valutazione a patrimonio netto delle società partecipate nei confronti delle quali si ha un’influenza notevole o che sono sottoposte a comune controllo, incluso nella voce “Utili (perdite) delle partecipazioni”, pur se negativo per 652 milioni di euro, mostra una tendenza al miglioramento se confrontato con l’esercizio 2015 (-2.332 milioni di euro). Contribuiscono principalmente alla formazione della voce l’effetto netto della valutazione a equity di Eni (-581 milioni di euro) e di SAIPEM (-264 milioni di euro)”.

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