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economia russa

Sorpresa: la Russia si rimangia il blocco del gasolio

Dopo sole due settimane dall'annuncio, la Russia ha rimosso gran parte del divieto di esportazione di gasolio, mantenendo quello sulla benzina. Il ban è stato una mossa geopolitica o una necessità interna?

Appena due settimane dopo l’annuncio, il 21 settembre, oggi la Russia ha fatto sapere di aver revocato il divieto di esportazione di gasolio (o diesel) per via marittima. Rimangono le restrizioni alla vendita all’estero di benzina, di cui Mosca non è tuttavia un’esportatrice troppo rilevante: l’anno scorso ne ha esportata per 4,8 milioni di tonnellate.

QUANTO CONTA IL GASOLIO PER LA RUSSIA

Il gasolio, al contrario, è il principale prodotto petrolifero esportato dal paese, con circa 35 milioni di tonnellate nel 2022, la maggior parte delle quali vengono commercializzate via tubo. Le nazioni euroasiatiche come il Kazakistan e il Kirghizistan (direttamente confinanti con la Russia o prive di sbocchi sul mare) erano già esentate dal ban.

Alla notizia del ripensamento russo, il prezzo del greggio Brent, il contratto di riferimento internazionale, è calato leggermente a 84,01 dollari al barile.

Da quando l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno vietato le importazioni di prodotti petroliferi raffinati dalla Russia, come ritorsione per l’invasione dell’Ucraina, Mosca ha riorientato le vendite di gasolio e degli altri carburanti verso la Turchia, il Nordafrica, il Brasile e i paesi del Golfo (questi ultimi acquistano i combustili russi per ri-esportarli).

LE RAGIONI DELLA RUSSIA

A settembre il Cremlino aveva dichiarato che il divieto di esportazione del gasolio sarebbe stato temporaneo e finalizzato a contenere l’aumento dei prezzi dell’energia in patria; aumento che ha gravato in particolare sugli agricoltori – il diesel si utilizza anche come carburante per le macchine agricole – durante la stagione di raccolta.

Dall’annuncio del ban a oggi, i prezzi russi del gasolio sono calati del 21 per cento e quelli della benzina del 10 per cento. Giovedì l’autorità anti-monopoli ha fatto sapere di aver ordinato alle compagnie petrolifere nazionali di tagliare i prezzi dei prodotti petroliferi. Mentre oggi il governo ha alzato la tariffa sull’esportazione di carburanti per i rivenditori, portandola da 20.000 rubli per tonnellata a 50.000 rubli (circa 495 dollari); ha anche ripristinato i sussidi alle raffinerie di greggio.

LE NUOVE REGOLE

Le nuove regole, stando ai calcoli di Kpler, dovrebbero rendere possibile l’esportazione il 90 per dei volumi precedenti al ban, vale a dire all’incirca 630.000 barili al giorno. I raffinatori petroliferi, però, saranno obbligati a mantenere in Russia almeno il 50 per cento della loro produzione di gasolio.

ESIGENZA INTERNA O PRESSIONE POLITICA?

Il Cremlino ha presentato ufficialmente il divieto di esportazione di gasolio come una misura dettata da necessità economiche interne; diversi analisti, però, l’hanno interpretata come un mezzo di pressione politica sull’Occidente e in particolare sull’Europa, dove il tasso di inflazione è alto e stimolato dai prezzi elevati dell’energia.

Innanzitutto, il tempismo dell’annuncio di Mosca era sospetto: il mercato dei raffinati si trova in una situazione di ristrettezza, ed è dunque sensibile a iniziative di limitazione delle forniture. La motivazione ufficiale russa, inoltre, non convinceva perché – stando all’Agenzia internazionale dell’energia – le raffinerie del paese producono all’incirca il doppio del gasolio necessario a soddisfare la domanda interna e solitamente esportano la metà della loro produzione annuale.

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