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Perché il Ppe si ribella al Green Deal europeo

Il Partito popolare europeo (Ppe) inizia a sfilarsi dalla maggioranza Ursula e a votare contro alcuni provvedimenti legati al Green Deal europeo. L'analisi di Sergio Giraldo.

Il cambiamento climatico arriva al Parlamento europeo. No, non si tratta di siccità o alluvioni, ma piuttosto di una robusta corrente d’aria politica proveniente da destra che circola nei corridoi dei palazzoni di Strasburgo e Bruxelles. Quando manca meno di un anno alle prossime elezioni europee, il Partito popolare europeo (Ppe) inizia a sfilarsi dalla maggioranza Ursula, costituita a suo tempo con sinistra, verdi e liberali, e a votare contro alcuni provvedimenti legati al Green Deal europeo. La commissione ENVI del Parlamento ha votato il progetto di relazione sulla proposta di regolamento sul ripristino naturale. Si tratta di un pilastro fondamentale del Green Deal europeo e della strategia dell’UE per la biodiversità al 2030, che mira a proteggere almeno il 20% della superficie terrestre e marina dell’Ue entro il 2030. Nonostante il provvedimento sia proposto dalla Commissione che anche il Ppe sostiene, quest’ultimo gruppo non lo voterà.

LA LINEA DELLA COMMISSIONE

In vista del voto il relatore del provvedimento, il socialista spagnolo César Luena, nei giorni precedenti ha scritto alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen esortandola a intervenire pubblicamente a sostegno del provvedimento, dopo che il Ppe a fine maggio si è clamorosamente ritirato dalle trattative in netta polemica sui contenuti. Il relatore conta sull’appartenenza di von der Leyen alla stessa famiglia politica popolare, ma sinora la presidente della Commissione non si è fatta sentire. Al suo posto ha già parlato, giorni fa, il vicepresidente della Commissione con delega al Green Deal, l’ineffabile Frans Timmermans, il quale senza scomporsi ha detto: “Non si può rifiutare questa proposta e sperare che la Commissione ne faccia un’altra. La Commissione non presenterà un’altra proposta, sia chiaro”. Prendendo a prestito la celebre battuta di Marlon Brando, la Commissione ha fatto una proposta che non si può rifiutare, insomma.

LE CRITICHE DEL PPE

Il testo arrivato al voto in commissione è nuovo un tentativo di compromesso elaborato da Socialisti, Renew Europe e Verdi, ma il Ppe difficilmente la voterà. Il presidente dei popolari europei, il tedesco Manfred Weber, ha detto che la legge sul ripristino della natura “porterà a una minore produzione di cibo in Europa, spingendo i prezzi ancora più in alto. Questo è semplicemente inaccettabile per noi. Non possiamo continuare come se nulla fosse successo alla nostra economia dall’inizio della guerra e dall’eccessiva pressione che essa esercita sulle nostre comunità rurali e sui nostri agricoltori”.

La legge sul ripristino naturale è già stata bocciata da un’altra commissione parlamentare, quella Agricoltura. Si è trattato di “un chiaro segnale nei confronti della Commissione europea e del vicepresidente Timmermans”, secondo il presidente della Commissione parlamentare AGRI, l’eurodeputato tedesco Norbert Lins, anch’egli del Ppe. “Il primo passo sarebbe presentare una valutazione d’impatto equilibrata, che risponda alla nuova situazione causata dalla guerra della Russia in Ucraina. Possiamo trovare soluzioni solo se lavoriamo insieme e non contro il settore agricolo”.

Quello della commissione Agricoltura è un incidente di percorso non decisivo, ma certo significativo delle difficoltà di far procedere i dossier senza il supporto del Ppe, che al parlamento europeo conta 177 deputati ed è il gruppo più numeroso.

COSA C’ENTRA LA GERMANIA

Non sarà sfuggito il fatto che si stia parlando soprattutto di esponenti tedeschi del Ppe. È proprio in Germania, infatti, che si gioca una partita importante in ottica europea. L’ascesa del partito di estrema destra Alternative für Deutschland sembra inarrestabile, motivata in buona parte dal rifiuto di politiche ambientali che impoveriscono il ceto medio e aumentano le diseguaglianze con gli strati più poveri della popolazione, concentrata in buona parte nella ex Germania Est. AfD nei sondaggi vola al 20% ed è ormai il secondo partito dietro la CDU, pure in ascesa al 28%. Insidiati a destra, con il governo semaforo di Olaf Scholz sempre più in difficoltà, i popolari della CDU vogliono cogliere l’occasione per marcare una differenza.

La possibilità di maggioranze alternative già nell’attuale Parlamento europeo è sottolineata da Marco Zanni (Lega), presidente del gruppo Identità e Democrazia. “Quanto sta accadendo nelle votazioni su diversi capitoli importanti del Green Deal conferma “che ci può essere una maggioranza diversa, che porta avanti in maniera pragmatica una transizione verde che guarda sia al miglioramento dell’ambiente, ma anche alle necessità di un’evoluzione economica e industriale, contro l’ideologia di chi vuole riportare l’Europa al Medioevo”, ha detto l’europarlamentare italiano a margine della seduta plenaria del Parlamento a Strasburgo. La campagna elettorale per le prossime elezioni europee si preannuncia già ora molto accesa: in chiave prospettica, la perdita di consenso della sinistra e dei verdi lascerebbe spazio alla destra per costruire una maggioranza solida ed esprimere così una Commissione molto diversa dall’attuale.

Intanto, si è fatta viva l’Agenzia europea dell’ambiente (EEA), per dire che sarà un’estate “a rischio”. Rischio di ondate di caldo più forti e più lunghe nel Sud Europa e di inondazioni più frequenti ed estreme nel Nord. In particolare, potrebbero esserci più di 60 giorni durante i quali le condizioni meteo “sono pericolose per la salute umana”. Il fatto che infauste previsioni meteorologiche siano rese note dall’EEA giusto il giorno prima di un importante voto in parlamento in tema di clima è certamente dovuto al caso.

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