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Price Cap

Perché Paesi Nato come Usa e Norvegia non danno una mano all’Italia sul gas? L’analisi di Scaroni (ex Eni)

Cosa deve fare l'Italia sui rincari del gas? "Lavorare per intervenire sul prezzo del gas norvegese. E chiedere una mano a livello Nato, agli Stati Uniti, per evitare che l’Europa sia l’unico continente a pagare il prezzo della sacrosanta difesa dell’Ucraina”, secondo Paolo Scaroni, ex numero uno Eni, che su Russia, price cap, Germania e non solo dice che...

 

Pubblichiamo alcune dichiarazioni di Paolo Scaroni, ex amministratore delegato del gruppo Eni, tratte da una intervista del quotidiano Il Foglio; qui la versione integrale)

COSA DOVEVA FARE LA NATO

“Abbiamo sbagliato, in sede Nato, a non costruire un patto, con tutti i paesi Nato, finalizzato a raggiungere uno scopo preciso. Noi, insieme, diamo una mano all’Ucraina, per difendersi, come è giusto che sia, ma nessun paese Nato deve arricchirsi in questa situazione”.

IL RUOLO DI USA E NORVEGIA

“Penso a paesi che hanno tratto giovamento dall’aumento dei prezzi del gas, anche sul Gnl, come Stati Uniti e Canada, ma penso soprattutto e direi prima di ogni altra cosa alla Norvegia, che esporta ogni anno 120 miliardi di metri cubi di gas, in Europa, e che oggi, mentre noi soffriamo per le bollette, incassa sei volte in più rispetto a quello che incassava un anno fa”.

LE COLPE DELL’EUROPA

E’ il mercato. “No: è la non lungimiranza”. Di chi? “Della classe politica europea che ha scelto di non fare quello che avrebbe dovuto fare: non occuparsi del price cap dopo, ma occuparsi del price cap prima, prima del problema, legando il sostegno al pacchetto delle sanzioni al sostegno delle nostre economie. A lei sembra normale? A me sembra sbagliato non aver detto, in sede Nato, guardate: noi diamo tutto il sostegno possibile all’Ucraina, ma prima ci dite anche come si spartiscono i mali e i beni”.

IL VERO ATLANTISMO

“Essere atlantici significa tutelare i paesi che fanno parte del Patto atlantico. Non credo sia un’eresia dire che la tutela deve essere doppia. La tutela militare. E la tutela delle nostre economie in tempi di guerra. A meno di non voler considerare la tutela degli interessi nazionali come un lato secondario della difesa della democrazia”.

PRICE CAP? BELLO MA IMPOSSIBILE

“Dovevano essere i paesi europei più esposti a occuparsi del problema, non la Germania che alcuni problemi può risolverseli anche da sola”. “Ora siamo nei guai fino al collo. E non sono sicuro che un eventuale price cap, tra l’altro, sia una soluzione che può cambiare le carte in tavola. Immaginate: noi diciamo che il gas liquido, per esempio, non può essere pagato più di 100 euro a Megawattora, poi in Giappone ne offrono 110. Secondo voi il mercato offre Gnl a chi paga di più o a chi paga di meno?”. “L’unico cap che avrebbe un senso è sul gas via tubo, applicato a quei paesi, come la Norvegia, come l’Algeria, come l’Azerbaigian, in teoria anche la Libia, che purtroppo esporta sempre meno, che il gas non possono che esportarlo da noi”.

IL RUOLO DELLA RUSSIA PER L’ITALIA

“La Russia, per l’Italia, per l’Europa, è stata a lungo ciò che il Texas ha rappresentato e rappresenta oggi per gli Stati Uniti: un fornitore di energia e di materie prime a basso costo, facilmente raggiungibile, facilmente collegabile, e con questo sistema l’Europa ha trovato una sua forma di equilibrio. La Russia ci riforniva energia a prezzi bassi, che era quello di cui avevamo bisogno, e l’Europa offriva alla Russia quello che di cui avevano bisogno, ovvero tecnologia, innovazione. Oggi siamo di fronte a una trasformazione epocale, doverosa ci mancherebbe, ma non sono sicuro che saremo in grado di vivere, a livello energetico, come abbiamo vissuto finora. Ci saranno cambiamenti strutturali nei prossimi anni. Cambieranno i consumi delle famiglie, che per pagare bollette più basse dovranno ridurre i consumi energetici. Cambierà la geografia della distribuzione delle grandi imprese energivore, che è verosimile andranno fuori dall’Europa se il caro energia, come temo, resterà ancora a lungo con noi. Cambierà, poi, anche il costo strutturale dell’energia che avremo, perché per quanto gas in più riusciremo a importare e per quante rinnovabili in più riusciremo ad avere non riusciremo mai a sostituire i 29 miliardi di metri cubi di gas russo con altro gas via tubo, e facciamo finta ovviamente di non ricordarci che il gas che arriva da paesi come l’Azerbaigian arriva seguendo logiche politiche non estranee dalle volontà russe. Insomma, quel che succederà mi pare evidente. Importeremo gas liquefatto e i costi di trasformazione molto alti di quel gas liquefatto andranno a ricadere sulle bollette”.

DALLA PADELLA ALLA BRACE?

“Finirà, temo, che il consumatore europeo pagherà la bolletta, elettrica e del gas, il doppio o il triplo del consumatore americano. Ci sarebbero alternative, ovviamente, ma sono alternative molto costose, anche politicamente, se si pensa che l’unico paese vicino che potrebbe un giorno fornirci gli stessi quantitativi di gas che arrivavano fino a qualche tempo fa dalla Russia è l’Iran. E ho detto tutto”. “Bisogna essere pragmatici per risolvere i problemi e se i problemi si nascondono sotto il tappeto non riusciremo a risolverli quando si ripresenteranno. Sconsiglierei, per esempio, di non capire che la governance dell’Europa, per come è fatta, purtroppo non funziona come dovrebbe, e in situazioni come quelle di oggi, in cui si affronta tutto con lentezza, senza visione complessiva, non ci si può stupire se gli stati seguano vie nazionali per la risoluzione dei problemi”.

COSA PUO’ FARE L’ITALIA

“Obiettivo numero uno: lavorare come dei pazzi per intervenire sul prezzo del gas norvegese. E chiedere una mano a livello Nato, agli Stati Uniti, per evitare che l’Europa sia l’unico continente a pagare il prezzo della sacrosanta difesa dell’Ucraina”.

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